La sfida cattolica nell’Italia del dopoguerra (intervista a cura di Fabio Trevisan)

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ronca1.jpg Le vicende del movimento cattolico italiano nel secondo dopoguerra sono ricostruite da un giovane studioso, Giuseppe Brienza, nel recentissimo volume: “Identità cattolica e anticomunismo nell’Italia del dopoguerra. La figura e l´opera di mons. Roberto Ronca (pp. 244, € 18,90), uscito presso la D´Ettoris Editori (via Lucifero 40, Crotone, tel. 0962.905.192, direttore@fondazionedettoris.it). Gr azie ai documenti tratti dall’archivio del vescovo romano Roberto Ronca (1901-1977), l’Autore, giornalista e cultore di Storia del cristianesimo e della Chiesa, estensore di svariati saggi di storia religiosa e politica, ha tracciato la vita intensa di questo eccezionale prelato, attento soprattutto al decennio del movimento civico-politico da lui fondato, Civiltà Italica (1946-1955) e alle molteplici iniziative assunte, culminate nella fallita “operazione Sturzo” (per una lista unica di centro-destra alle elezioni comunali di Roma del 1952) e nella riuscita conquista del Comune di Pompei (con la “lista Bartolo Longo”, sempre nel ’52).

Al dott. Brienza abbiamo posto alcune domande.

Potrebbe, in poche parole, raccontarci chi fu Mons. Roberto Ronca ?

Dopo essersi laureato a “La Sapienza” in ingegneria ad appena 22 anni (il 31 luglio 1923), questo giovane ed intraprendente figlio della borghesia romana (anche se d’origine della provincia bresciana), assecondò subito dopo una vocazione sacerdotale maturata frequentando ambienti gesuitici. In seguito fece una “carriera” ecclesiastica molto rapida: nel 1931 vice-Rettore ed assistente del Circolo romano della FUCI, dal 1933 al ’48 Rettore del Pontificio Seminario Romano Maggiore in anni difficilissimi e dal 1948 ordinato vescovo.

 

Che cos’era per Mons. Ronca il “dinamismo nelle opere”?

 

Con questa espressione il sacerdote romano intese una solerzia “operativa” che sempre contraddistinse lui e l’attività del suo gruppo, che non volle mai disgiunta da una intensa vita spirituale ed intellettuale. Ad esempio uno dei suoi motti fu: “I Sacramenti non sono guanciali su cui riposare, ma armi da combattimento da impugnare“. In qualità di Rettore del Seminario Romano, poi, soleva ripetere ai suoi allievi, fra cui non pochi futuri cardinali: “Non sarà possibile conquistare la società a Dio, se il clero non sarà all’avanguardia del movimento spirituale della nazione“.

 

Perchè Mons. Ronca fondò fra la fine del secondo conflitto mondiale e l’immediato dopoguerra l’opera caritativo-assistenziale “Aiuto cristiano” ?

 

Perché egli credeva che la presenza della Chiesa negli anni della “ricostruzione” morale e materiale dell’Italia avrebbe dovuto aver luogo coordinando le varie forze della società civile al fine di penetrare tutti gli ambienti della società. Ecco quindi come recitava uno dei passaggi più significativi dello Statuto di questa benemerita opera: “L’Aiuto cristiano è fondato con lo scopo sostanziale di aumentare il ‘proselitismo cristiano’, cioè di allargare nella vita individuale e sociale l’influsso della Chiesa“.

 

Quale fu l’accoglienza degli ebrei in Laterano e la premura verso l’ex rabbino di Roma Eugenio Zolli?

 

Grazie a Mons. Ronca più di 800 ebrei si rifugiarono e poterono restare nascosti nel Seminario Maggiore sino all’arrivo degli Alleati. Egli si adoperò anche per il Rabbino-capo di Roma (1940-1944) Israel Zoller che, nel febbraio 1945, convertitosi al cattolicesimo, fu lasciato cadere letteralmente sul lastrico dai suoi ex correligionari.

 

Che cos’è stata l’ “Unione Nazionale Civiltà Italica”? Quali attività svolse?

 

In primo luogo Civiltà Italica polemizzò contro l’“unità antifascista e resistenziale” consolidatasi nel dopoguerra fra i sei partiti politici del CLN e contro la connessa partitocrazia che tale “connubio” andava avviando. Il tipo di organizzazione, la cultura politica e il modus operandi di Civiltà Italica ricordano per molti aspetti i Comitati Civici costituiti successivamente ad essa dal prof. Luigi Gedda. Le attività svolte furono: convegni di studi, dibattiti pubblici, giornali parlati, comitati d’intesa, manifestazioni artistiche e ricreative, itinerari turistici, mostre d’arte. Come si vede, il suo operato non assumeva un carattere “elettoralistico”, ma puntava piuttosto ad un discorso integrale e comunitario contro la minaccia disgregativa comunista e quindi intendeva richiamare e restaurare tutti gli aspetti della tradizione civico-culturale del Paese.

 

Quale fu il rapporto che Mons. Ronca ebbe con l’Azione Cattolica e con la rivista dei Gesuiti italiani “La Civiltà Cattolica”?

 

L’Azione Cattolica, tranne Gedda e pochi altri, fu sostanzialmente ostile a Civiltà Italica. Basterebbe notare come la maggior parte degli allora dirigenti di quest’organizzazione laicale cattolica fecero fallire “l’operazione Sturzo” per opporsi alla strategia di Ronca non solo a causa del proprio tornaconto (si vedano quanti membri di AC la Democrazia Cristiana incluse nelle proprie liste), ma anche a motivo della loro impostazione ideologica “cattolico-democratica”. Gedda ha così narrato le reazioni del Pontefice all’indomani delle elezioni del 1952 : “Trovo Pio XII molto triste, perché partecipa profondamente al mio dolore per la reazione negativa dei presidenti centrali dell’AC nei confronti dell’operazione Sturzo…Osserva che l’AC collabora non con la Chiesa ma con la DC …e riconosce che l’AC, per la quale sono stati fatti molti sacrifici, non è più nostra“. Mons. Ronca, da sempre legato alla spiritualità ignaziana, fu ispirato ed in certa misura concertò la sua attività civico-culturale in particolare con due noti Gesuiti, entrambi protagonisti de La Civiltà Cattolica degli anni 1940-50, vale a dire Riccardo Lombardi (detto il “microfono di Dio” per la sua attività di predicatore prima, durante e dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948) e Giacomo Martegani, direttore della rivista dei Gesuiti italiani dal 1939 al 1957.

 

Cosa contestava Civiltà Italica alla DC di De Gasperi?

 

Il gruppo di Ronca si oppose sistematicamente a quella pratica di concessioni, scambi e reciproci compromessi con i comunisti che, in nome dell’“unità antifascista e resistenziale”, finì per accomunare i democristiani di sinistra ai vecchi “commilitoni-partigiani” del PCI.

 

Quale fu il rapporto di Mons. Ronca con il Fronte dell’Uomo Qualunque?

 

Il Fronte dell’Uomo Qualunque, fondato a Roma nel 1945 dal commediografo, regista e giornalista Guglielmo Giannini, fu un movimento di stampo liberal-conservatore fortemente anti-democristiano, contrario quindi a metodi e finalità degli allora imperanti CLN. Lo accomunò a Civiltà Italica l’impegno politico anti-comunista e “nazionalitario”, sfociato in quello che si può definire “blocco d’ordine cattolico”. Ai primordi del suo movimento, ad esempio, Giannini ebbe a dichiarare: “Il qualunquismo fa sua la morale cattolica e la contrapporrà, in nome dell’ortodossia religiosa, alla DC, che nel suo insano connubio con i marxisti si trova nel pieno della sua apostasia…se De Gasperi ascoltasse un po’ più i consigli del Vaticano e un po’ meno quello dei bolscevichi neri del suo partito, farebbe meglio le cose”.

 

Si può riscontrare un’originalità politico- culturale in Civiltà Italica?

 

Potrei rispondere sinteticamente a questa domanda citando il titolo di uno degli “Incontri” di Civiltà Italica tenutosi nel 1952 (attenzione, un evento di quasi sessant’anni fa) : “Il libero cittadino ed i Partiti Politici“. Questa ed altre iniziative d’aggregazione ed approfondimento politico-culturale promosse dal movimento di Mons. Ronca furono dedicate, in anni “non sospetti”, ad un tema rivelatosi successivamente cruciale nel dibattito pubblico e politologico quale quello della distorsione partitocratica della rappresentanza politica. In essi emersero proposte volte al ridimensionamento del ruolo dei partiti di massa nella dinamica socio-economica, sindacale e parlamentare del Paese, al fine di riconoscere maggiore partecipazione e libertà d’azione alla società civile e prevenire quell’interventismo e centralismo pervasivo che avrebbero ineludibilmente portato, fra l’altro, all’esplosione della corruzione pubblica e privata. Oramai siamo nel 2008 ed il quadro è davanti a tutti.

Fabio Trevisan

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