LA STORIA DI GRACE DI MONACO AL CINEMA (recensione a cura di Omar Ebrahime e David Taglieri)

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ListenerNonostante la profonda crisi culturale che attraversa da qualche tempo, il cinema è ancora in grado di offrire delle emozioni inattese tratteggiando le biografie più affascinanti dei grandi personaggi della storia recente. E’ il caso del film Grace di Monaco (Grace of Monaco) appena uscito nelle nostre sale – liberamente ispirato a un vecchio libro del romanziere americano Jeffrey Robinson – con la regia del francese Olivier Dahan e nel ruolo di protagonista una sontuosa Nicole Kidman. Incentrata nel contesto della drammatica crisi diplomatica con la Francia del presidente Charles de Gaulle (1890-1970) agli inizi degli anni Sessanta, la pellicola rievoca – con notevole attenzione ai dettagli ambientali e istituzionali – la vita della corte monegasca, divisa tra le necessità della ragion di Stato, le esigenze della famiglia e la fedeltà alle antiche tradizioni di un piccolo popolo. La descrizione delle peculiari ritualità e dei minuziosi protocolli interni avviene attraverso la prospettiva della protagonista, la Principessa Grace di Monaco, come divenne Grace Patricia Kelly (1929-1982), l’attrice statunitense che sposò il principe Ranieri III di Monaco (1923-2005) e detenne il titolo di principessa dal 1956 al 1982, quando poi morì in un tragico incidente d’auto. Il film prende in esame una parte della vita di Grace a corte muovendo da una citazione ad effetto che fa da prologo alla prima scena: “La vera favola è credere che la mia vita sia una favola”. Nonostante il mito che Grace è poi diventata universalmente, la ricostruzione di Dahan, indagando a lungo sulle complessità (pubbliche e private) della vita a Casa Ranieri fornisce diversi elementi a sostegno della tesi contraria, a partire dal fatto – riscontrato – che solo pochi anni dopo il matrimonio Grace pensasse già a tornare a recitare negli Stati Uniti per Alfred Hitchcock che gli aveva fatto una proposta su misura. Alla fine non se ne farà nulla ma già la considerazione che la Principessa regnante prendesse seriamente in esame una proposta del genere la dice lunga sulla felicità della sua vita a corte. A venirne fuori – almeno all’inizio – l’aiuterà un sacerdote americano, padre Francis Tucker (1889-1972), oblato di San Francesco di Sales (OSFS), che in quegli anni era consigliere spirituale del Principe: fu in effetti lui nel 1954 (un anno mariano) a suggerirgli un pellegrinaggio a Lourdes per chiedere all’Immacolata la grazia di una sposa alla sua altezza. L’anno seguente Ranieri (qui interpretato da un ottimo Tim Roth), conobbe Grace e quello dopo, nel 1956, ci sarà il matrimonio. Con padre Tucker la neo-Principessa avvierà una relazione di straordinaria confidenza che la porterà a una riscoperta sincera della fede cattolica (su cui era cresciuta da giovane, essendo la sua famiglia di origine irlandese) e a trasmetterla convintamente ai figli. Conoscendo anzi il debole di Grace per le grandi parti del cinema, il sacerdote la sfiderà proprio su questo fronte: “Tutti gli altri ruoli che hai recitato sono nulla rispetto a quello a cui sei chiamata. Ora ti attende la parte più grande, difficile ed entusiasmante della tua vita: essere madre e moglie”.

E’ a questo punto che la vita della Principessa subisce una svolta e inizia un cammino di totale dedizione alla famiglia e alla causa del Principato che con la sua stessa figura fisica ella ormai rappresenta in tutto il mondo. Lezioni di lingua francese, storia e politica monegasca si susseguono allora senza soluzione di continuità. Se deve essere davverola” Principessa di Monaco non è ammesso che qualcuno in pubblico parli meglio di lei o che conosca la storia del Regno meglio di lei. Nella disposizione al sacrificio e nella voglia di mettersi in discussione emerge così una figura che è l’elogio della femminilità senza per questo rinunciare al ruolo di moglie e di madre. Non fu però affatto facile, appunto perché – tra le altre cose – era in corso la crisi con de Gaulle che minacciava un embargo (e a sua volta in Patria doveva affrontare la lacerante ‘questione algerina’) mentre all’interno della stessa corte Ranieri subiva le influenze dei personaggi più ambigui e controversi, come l’armatore greco Aristotele Onassis (1906-1975), che da solo finanziava interi settori della piccola economia del Principato ed era allora legato sentimentalmente alla cantante Maria Callas (1923-1977), che pure alloggiava a corte ed era intima amica della Principessa (nella pellicola è interpretata da Paz Vega, con grande classe). La soluzione sarà suggerita proprio da Grace che, a un passo dallo scontro militare con Parigi, organizzerà nel Principato – alla presenza di numerosi Capi di Stato e di Governo, fra cui de Gaulle stesso – una raccolta fondi in occasione del “Gran Ballo della Croce Rossa” (nella realtà, invece, la Principessa e de Gaulle dialogarono solo al telefono). Corrisponde comunque al vero il fatto che in vita la Principessa fu attivamente coinvolta – anche tramite l’opera della Croce Rossa monegasca – in diverse iniziative umanitarie a favore dell’infanzia povera e svantaggiata. Il reale valore aggiunto del film, però, al di là delle singole diatribe sulla verosimiglianza o meno di taluni episodi, è senz’altro nell’immagine che questo veicola allo spettatore odierno sui valori fondamentali della tradizione e sull’idea di monarchia, che ne escono decisamente bene. In particolare, si avverte subito come – crisi o non crisi – la vita a Corte richieda di per sé l’osservanza di un galateo e di una serie di modi di porsi che oggi sono semplicemente spariti dalla società civile e dall’immaginario pubblico. Vi é poi anche un implicito elogio dell’etica del sacrificio, come accennato, e del senso del dovere che alla fine diventeranno le due reali bussole-guida della vita di Grace Kelly a corte. Insomma, chi si aspetta i soliti intrighi di palazzo, i pettegolezzi o le storie di infedeltà reciproche resterà deluso perché al contrario il film alla fine è proprio un inno controcorrente alla fedeltà coniugale, alla fede religiosa, all’ordine sociale e anche alla stabilità della monarchia. Una fotografia decisamente riuscita su una Monaco non stereotipata e lontana mille miglia dalle rappresentazioni della Montecarlo odierna delle barche, dei vip o delle passerelle per nulla rappresentativa della plurisecolare storia del Principato, ancorché più appariscente sui mass-media di mezzo mondo.

Omar Ebrahime – David Taglieri

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