L’ARTE SACRA MODERNA E’ DAVVERO SACRA?

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La chiesa delle tre vele a Roma, opera dell'architetto Richard Meyer
La chiesa delle tre vele a Roma, opera dell'architetto Richard Meier

Città medievali come Orvieto, Gubbio, Siena, come la salentina Otranto e tantissime altre, sono giunte a noi perfettamente funzionali, vitali e soprattutto piacevoli. Frotte di turisti si affollano per stradine, castelli e negozietti, beandosi del fascino accogliente dell’antico. Lo stesso accade per chi visita cattedrali o anche semplici chiesette medievali: nonostante la loro semplicità, trasmettono la volontà di accogliere i fedeli e di innalzare una preghiera al Signore.

Soprattutto aiutano a toccare, quasi con mano, il senso del Sacro e del Mistero.

Artisti e architetti nel Medioevo erano soprattutto credenti, che non disdegnavano la preghiera e anche il digiuno prima di accostarsi alla loro opera.

Chiunque visiti una chiesa moderna, invece, riceve l’impressione di uno spazio dall’ aspetto freddo, sinistro e inospitale. Il primo istinto è di guardarsi intorno, per capire dove sia la testa (l’altare maggiore con il tabernacolo del Santissimo).

Un contrasto fortissimo, per esempio, si avverte al santuario della Madonna del Divino Amore a Roma, dove affianco alla chiesa antica (settecentesca) coesiste la nuova immensa chiesa. Appena entrati si avverte un senso di smarrimento, e camminando per spazi freddi e anonimi nemmeno ci si accorge di transitare affianco alla cappella del Santissimo, posto – nascosto! – nella parte finale del sacro luogo. Tutt’altra “aria” si respira nell’umile e semplice santuario originario: una chiesetta che favorisce il raccoglimento e la preghiera. Stesso discorso potrebbe farsi per San Giovanni Rotondo, dove la nuova chiesa di San Pio da Pietrelcina, progettata dall’architetto Renzo Piano, incute un senso di vuoto e di dispersione. Nè è solo questione di dimensioni, della serie “piccolo è bello”. I duomi romanici e le cattedrali gotiche la dicono lunga…

La spersonalizzazione si accompagna alla de-sacralizzazione. E’ nota la polemica suscitata dall’assenza di croci nelle moderne chiese progettate dall’architetto Richard Meier. Secondo il teologo don Pietro Sigurani, l’assenza della croce sarebbe giustificata dal fatto che “…il segno fondamentale non è la croce bensì la comunità che si riunisce per celebrare il mistero della resurrezione. Non cambia nulla che architettonicamente il simbolo ci sia oppure no…” (cfr.: Radici Cristiane n°57/2010, pagg. 76-77). Così, dopo il tentativo laicista di espungere il crocefisso dalle scuole, taluni autorevoli cristiani sono pronti – clamorosamente – a fare autogol.

Resta da chiedersi se certi slogan – se mai teologically correct – aiutino davvero il cristiano del nostro tempo, già di per sé terribilmente distratto, a ritrovare il senso del Sacro. O se piuttosto non finiscano col porre le persone degli architetti – e dei loro committenti – al posto dell’altare.

L’architettura classica e tradizionale, scevra da soggettivismi interpretativi, è la più idonea alla costruzione di edifici religiosi, perché è fatta di oggettività che si sposa adeguatamente con il messaggio di verità oggettiva che la Chiesa deve trasmettere.

Astrattismi, evocazioni simboliche, interpretazioni che vogliono scavalcare la rappresentazione sensoriale della realtà, intesi quali capisaldi dell’arte moderna in genere, non possono appartenere alla Chiesa come istituzione, tanto meno alla chiesa come edificio che deve ospitare e incarnare la certezza, la verità e la bellezza della presenza oggettiva e reale di Dio.

2 Commenti

  1. Come voi, la pensa tanta gente. Per lo più, la gente qualsiasi. Ma anche qualche giovanotto già in carriera ma ancora inesperto, come lo studioso romano Cesare Colafemmina, cattolico tradizionalista.
    E’ un classico dell’estetica! il nuovo non è compreso, anzi viene respinto, dai suoi contemporanei: i posteri invece apprezzeranno, proprio come voi apprezzate oggi Gubbio e Otranto che, al tempo, appunto i loro contemporanei non apprezzarono.
    Lo stesso succede per la musica. Mozart e Beethoven furono puntualmente accusati di far opere inascoltabili.
    C’è pero un’aggiunta, un po’ antipatica. Anche voi, come il Colafemmina, sarete cattolici tradizionalisti, conservatori, perbenisti, sospettosi di novità: ci mettete, nella critica all’architettura contemporanea delle chiese, un accento di scandalo che risulta ridicolo.
    Ma avete precedenti illustri. Decenni fa -in pieno Concilio vaticano II- si doveva fare la chiesa sull’Autosole vicino Firenze. L’architetto Michelucci fece un progetto avveniristico: il cardinale di Firenze Florit -nome, Ermenegildo- si opponeva: che sconcio! che mancanza di riguardo! Ma il progetto di Michelucci si realizzò, ed è lì ad accogliere i viaggiatori.

  2. Egregio Signor RoccoMart,
    saremo pure “cattolici tradizionalisti, conservatori, perbenisti, sospettosi di novità…”, come dice Lei. D’altronde lasciamo ad altri i giudizi estetici. Semplicemente affermiamo – e ribadiamo – che le chiese moderne (come quella sull’Autosole, che visitai poco tempo dopo la sua realizzazione) non ci aiutano ad avvertire il mistero del sacro, non ci aiutano a pregare. Quelle medievali sì. Un motivo ci sarà…

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