LIBERTA’ DI STAMPA ANNULLATA IN TURCHIA

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imagesRiprendiamo dal CORRIERE della SERA del 29/01/2016, a pag. 24, con il titolo “Il drammatico appello dei giornalisti turchi perseguitati deve ottenere risposta“, il commento di Lorenzo Cremonesi:

“Che cosa aspetta Matteo Renzi a rispondere all’appello che giunge dai giornalisti perseguitati in Turchia? Siamo consapevoli che la ragion di Stato induce la politica alla cautela. E comprendiamo bene la centralità del governo turco rispetto alle crisi che dal Medio Oriente investono l’Europa. Il rischio delle prese di posizione pubbliche è che aggravino il problema.

Eppure, è proprio la durezza dell’amministrazione che fa capo al presidente Erdogan a sollecitare una reazione. Il processo del direttore e del redattore capo del quotidiano Cumhuriyet, Can Dundar ed Erdem Gul, contro i quali il pubblico ministero a Istanbul ha chiesto l’ergastolo, è ormai diventato un caso internazionale. I due sono a un passo dalla condanna, con l’aggiunta di altri trent’anni, che significa condizioni di detenzione particolarmente dure.

L’imputazione? Agli inizi del 2014 pubblicarono un servizio con tanto di foto, in cui si documentava il passaggio di camion carichi di materiale bellico dalla Turchia alle milizie in Siria. I portavoce turchi replicarono che si trattava di aiuti destinati alla minoranza turcomanna minacciata. Ma il sospetto che tali armi potessero giungere alle milizie jihadiste e persino a Isis continua ad aleggiare. Tanto che Erdogan intervenne subito, accusando i due di essere «traditori al servizio dei nemici della patria». «Pagheranno personalmente il prezzo del loro tradimento», disse rabbioso. Detto fatto. In un Paese dove la libertà di stampa e di pensiero sono sempre più a rischio (al momento sono almeno 32 i giornalisti in cella), alcuni giudici hanno persino chiesto la pena capitale. Dundar a metà gennaio scrisse un appello all’Unione Europea e una «Lettera aperta al primo ministro d’Italia», chiedendo di non ignorare la difesa dei diritti umani in cambio degli accordi sulla questione migranti. È lecito chiedersi adesso se il silenzio non serva altro che ad avvallare una nuova ingiustizia.

 

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