L’OCCIDENTE SIAMO (ANCHE) NOI (di Marco Invernizzi)

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Quando il cardinale Joseph Ratzinger scriveva che l’Europa odia sé stessa e si sta distruggendo, rinnegando le proprie radici, veniva preso sul serio soltanto parzialmente, cioè per quella parte della sua riflessione che faceva riferimento alla crisi dell’Europa e della Magna Europa, l’Occidente.

Ma quando, come fece da Pontefice il 22 dicembre 2005 parlando alla Curia romana, richiamava la diversa evoluzione della modernità negli Stati Uniti in seguito alla differenza fra la Rivoluzione americana e quella francese – quest’ultima impregnata di laicismo antireligioso, mentre la prima era stata rispettosa della religione -, non veniva più ascoltato da quegli ambienti “antimoderni” in preda ad un antiamericanismo invincibile, che li ha portati, nel tempo, a prendere le distanze dall’Occidente stesso, dalle sue radici, e a invocare un Salvatore orientale, magari di religione cristiano-ortodossa.

Ora, indubbiamente l’Occidente oggi è messo come sappiamo, cioè è “un mondo che muore” sotto la guida di classi dirigenti che a diversi livelli lo accompagnano alla morte volentieri, un po’ come il radicale Marco Cappato nei confronti dei richiedenti l’eutanasia in Svizzera. 

Ma dentro questo mondo che muore ci siamo anche noi.

C’è la Chiesa cattolica, anzitutto, certamente minoranza, ma ancora realmente presente e operante, anche se a volte vorremmo che facesse di più e meglio (ma questo dipende anche da noi). Ci sono quelli che hanno percepito la decadenza occidentale e vi si oppongono come possono. Vi sono soprattutto ancora bambini (pochi) che nascono e che potrebbero essere invitati ad ascoltare una proposta diversa da quella suicidaria delle classi dirigenti, se qualcuno si rivolgesse loro con un progetto pieno di speranza. Insomma, dentro il mondo che muore c’è sempre un nuovo mondo che nasce, a meno che non si sia alla fine del tempo.

E invece, anche in ambienti che sono ostili alla deriva nichilista dell’Occidente serpeggiano un atteggiamento disfattista verso qualsiasi segnale positivo possa emergere e la mancanza di qualsiasi speranza di migliorare la situazione.

Qualcosa di simile avveniva nel clima della Guerra Fredda, quando a destra c’era chi proponeva una “terza posizione” equidistante fra USA e URSS, così come oggi si parla di equidistanza fra Mosca e Kiev, fra la Russia e la NATO, senza neppure ascoltare il grido di timore e preoccupazione dei popoli e degli Stati che confinano con la Federazione Russa, come la Polonia, peraltro guidata dal governo più conservatore d’Europa. Allora c’era alla guida degli Stati Uniti il presidente Jimmy Carter (1977-1981), oggi c’è Joe Biden, entrambi lontani da una prospettiva conservatrice, il primo per un anticomunismo inaffidabile, il secondo per il suo atteggiamento abortista e favorevole al matrimonio gay.

Ma dietro a entrambi c’era e c’è un mondo che può sperare di cambiare già alle successive elezioni, come in effetti avvenne negli anni ‘80 con la presidenza Reagan e come potrebbe auspicabilmente avvenire alle prossime presidenziali del 2024.

La grande differenza fra i Paesi del “dispotismo orientale” e quelli occidentali è che in Russia gli avversari vengono soppressi o finiscono in galera, come nei tristemente noti Gulag, Gulag che forse abbiamo dimenticato troppo presto.

Che dire, dunque, e che fare soprattutto? Certamente c’è il dovere di pregare e di spendersi per la pace fra le nazioni, come di fronte alla guerra portata dalla Russia dentro i confini dell’Ucraina. Certamente c’è il bisogno di ricordare alcuni elementi di diritto naturale, come il diritto alla legittima difesa e il dovere di aiutare gli aggrediti. Sono cose importanti, ma devono farle anzitutto coloro che ne hanno il compito e i mezzi, cioè le diplomazie, gli Stati e i governi, i grandi mezzi di comunicazione.

Noi però possiamo fare una cosa che non ricorda nessuno. Possiamo ricordare le sorgenti, i fondamenti della nostra civiltà. L’Occidente sta morendo, ma che cos’è l’Occidente?

Mesi fa abbiamo pubblicato un libro sulla storia della Cristianità occidentale, semplice e alla portata di tutti, che può essere un piccolo ricostituente per chi non si rassegna alla morte e nutre ancora una speranza di vita per la sua patria, la sua cultura, la sua identità. Si chiama Storia della cristianità occidentale, pubblicato dall’editore D’Ettoris; lo potete richiedere a libreriasangiorgio.it o cercare sulle diverse piattaforme digitali.

Lunedì, 27 febbraio 2023