L’ODIO E IL COMUNISMO (di Marco Invernizzi)

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Nel Sessantotto convivevamo due anime, come spiega il bel libro di Enzo Peserico, Gli anni del desiderio e del piombo. Sessantotto, terrorismo e Rivoluzione (Sugarco, Milano 2008).

La prima è quella che scelse la strada del terrorismo, per anticipare quella Rivoluzione che tardava ad arrivare dopo che i partigiani avevano sepolto le armi e il PCI aveva accettato la strategia gramsciana di conquistare il potere politico attraverso l’«egemonia» culturale. Quest’anima ha fallito, non senza avere insanguinato l’Italia per un ventennio. In queste ore, improvvisamente, lo spettro del terrorismo si è materializzato quasi mezzo secolo dopo, in seguito alla decisione del governo francese di arrestare dieci terroristi italiani latitanti in Francia, “protetti” dalla “dottrina Mitterand”, che ha evitato loro fino a oggi un’estradizione in Italia dove erano stati condannati per diversi delitti nel nome del terrorismo comunista.

Le reazioni italiane nelle ore successive all’arresto sono state diverse, a seconda delle posizioni politiche, perché è indubbio che la sinistra in generale non abbia ancora fatto i conti con questi «compagni che hanno sbagliato» ma, in fondo, sono sempre rimasti “compagni”. Forse non potrà mai farli veramente i conti, viste le comuni premesse ideologiche, a meno che non venga riconosciuto un punto, a mio avviso decisivo.

Si tratta dell’odio. Infatti, rimane in molti, soprattutto intellettuali, una certa idea del comunismo, diffusa in tanti ambienti non solo di sinistra, secondo cui il comunismo sarebbe stata (e rimanga) una buona utopia, nata dalla volontà di riparare alle ingiustizie della società borghese. Ma il comunismo non è stato e non è questa cosa: esso è nato dall’odio verso una parte della società, un odio che ha animato la lotta di classe. Questo odio ha accecato alcuni, portandoli al terrorismo, cioè all’«estremismo infantile», come lo aveva definito Lenin ai suoi tempi (1917-24), ma chi voleva arrivare alla società comunista in un altro modo, meno violento ma più adatto alle società occidentali, dove tutto avrebbe dovuto essere nelle mani dello Stato (e quest’ultimo in mano al partito), era animato dallo stesso odio dei terroristi.

Finché non si riconoscerà questo continueremo a girare attorno al vero problema, che non è quello di volere mandare in galera persone anziane e malate, ma pretendere da loro, pubblicamente e definitivamente, che riconoscano che è stato l’odio a determinare i delitti di cui si sono macchiati.

Non è esistito un comunismo “buono” di fronte a quello “cattivo”, rappresentato dal terrorismo, come purtroppo molti continuano a pensare e qualcuno a scrivere pubblicamente.

L’odio è il problema, l’odio che ha animato le ideologie del Novecento, «il secolo delle idee assassine», come titola un libro che spiega come proprio queste idee hanno fatto diventare il XX secolo l’epoca del lager e del gulag, che senza odio non si possono spiegare.

Ma il Sessantotto ha avuto anche un’altra anima.

E’ quella trasgressiva della rivoluzione antropologica che sfocia nell’ideologia gender. Anch’essa è caratterizzata dall’odio verso l’identità dell’uomo e della donna, creati maschio e femmina. Un odio contro la natura così come appare nel progetto del Creatore. Quest’anima del Sessantotto non è stata sconfitta come l’altra, ed è arrivata fino ai nostri giorni. Ma questa è un’altra storia, della quale, purtroppo, dobbiamo occuparci quotidianamente.

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