L’ODIO NON SPENGA LA SPERANZA (di Marco Invernizzi)

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imagesCAJ72H27Mysterium iniquitatis, la frase di San Paolo, è la prima cosa che mi è venuta alla mente dopo aver saputo della strage di Parigi: il mistero del male che la teologia cattolica applica al primo peccato, quello degli Angeli ribelli, quando Lucifero e i suoi decisero di ribellarsi contro Dio pur sapendo che non avrebbero mai potuto vincere la sfida. Perché lo fecero rimane un mistero, il mistero del male e del peccato appunto.

Il caso di Lucifero è speciale naturalmente, perché solo lui poteva essere perfettamente cosciente di quel che faceva, mentre gli uomini sono sempre parzialmente offuscati, indeboliti, mai perfettamente consapevoli del male che commettono. E tuttavia, in ogni manifestazione del male, in ogni peccato c’è qualcosa di misterioso, di non spiegabile.

Ben vengano quindi tutte le analisi che ci aiuteranno a comprendere meglio la tragedia di quanto accaduto, il perché e i rischi futuri che stiamo correndo, anche in Italia, perché indubbiamente siamo di fronte a una guerra dichiarata a tutto il mondo occidentale.

Ma tutte le auspicabili informazioni e spiegazioni non riusciranno mai a entrare nel mistero del male che il gesto ha evocato.

Un mistero che richiama l’odio come motore della storia, di quel processo di disgregazione della civiltà cristiana che si è costruita lungo i secoli dall’Editto di Milano, che nel 313 lasciò libera la Chiesa di predicare il Vangelo. Tanto odio si è accanito nei confronti dei segni visibili di questa civiltà, colpita dall’interno e dall’esterno, dalle eresie e dalle ideologie.

Poi, dopo il 1989, l’odio nei confronti dei segni della civiltà occidentale si è manifestato nella dittatura del relativismo e contemporaneamente nella violenza del terrorismo islamista. E quest’ultimo odio ci ricorda molto da vicino quello che gli europei hanno sperimentato durante la lunga guerra civile che ha insanguinato l’Europa dal 1917 al 1989. Anche allora un odio implacabile colpiva gli innocenti, attraverso le bombe sui treni e sugli aerei, gli attentati terroristici contro gli israeliani nei bar e nei ristoranti e soprattutto quel clima di odio, pesante e terribile da sopportare, che era entrato nelle scuole e nelle fabbriche delle grandi città negli anni settanta.

Un odio misterioso e implacabile che abbiamo visto crescere giorno dopo giorno e impadronirsi di persone “normali”, prima di manifestarsi e di esplodere.

Come ogni forma di odio ideologico aveva delle pretese giustificazioni. Quando Marx, nel XIX secolo, cominciava a diffondere il suo odio di classe in Europa, gli operai erano veramente sfruttati, così come i neri o le donne, usate e disprezzate nella società borghese che si allontanava dal cristianesimo. Tuttavia nulla poteva giustificare l’odio che cresceva nelle persone che si lasciavano sedurre dalle ideologie. Forse che la Germania non era stata ingiustamente umiliata dopo la Prima guerra mondiale? E chi però giustificherebbe gli orrori del nazismo, sorto anche grazie a quanto venne deciso nel Trattato di Versailles.

Anche l’odio di oggi ci lascia sgomenti. Ci sarà sempre qualche utile idiota che ci ricorderà i bombardamenti in Siria e in Iraq per giustificare in qualche modo l’accaduto, così come c’era sempre qualcuno pronto a giustificare le Brigate Rosse, “compagni che sbagliavano”, perché avrebbero reagito alla violenza repressiva dello Stato. Ma anche se finalmente venissimo dispensati dal leggere certe banalità, rimarrebbe comunque il profondo mistero del male che abbiamo davanti e che sarà il nostro incubo per tanti anni, perché come i terroristi comunisti anche quelli islamisti vogliono terrorizzare il nemico, incutere dentro di esso una paura terribile e paralizzante.

Non so se e fino a che punto ci riusciranno. Rimane il fatto che il miglior modo per rispondere all’odio, senza peraltro trascurare ogni necessaria azione di polizia, rimane la diffusione della verità dell’amore.

A questo odio profondo e vigliacco, che colpisce gli innocenti per mettere paura alle istituzioni, si deve soprattutto contrapporre la bellezza e la nobiltà dell’amore, splendido e disinteressato. Un amore, come diceva S. Ignazio, che consiste più nei fatti che nelle parole, un amore forte e virile, che non trascura la lotta, anche con l’uso della forza quando necessario, ma che si rivolge anzitutto al cuore delle persone.

Conosco un giovane musulmano che tanti anni fa si convertì al cristianesimo dopo una lunga riflessione e un confronto serio fra le due religioni. Il giorno del Battesimo mi disse che in fondo ciò che l’aveva maggiormente convinto era stata l’insistenza con cui i cattolici lo avevano invitato ad amare, sempre e soprattutto, anche i nemici.

Anche di fronte alla paura che rischia di entrare nel nostro cuore di fronte a tanto odio, non perdiamo mai la speranza e la voglia di combattere per il vero, il bene e il bello, e aiutiamoci con questa parole di San Giovanni Paolo II, del 10 dicembre 1986: “Non dimentichiamo però che il peccato in se stesso è un mistero di iniquità, il cui inizio nella storia, e anche il successivo sviluppo, non possono essere compresi appieno senza riferimento al mistero di Dio-Creatore, e in particolare del Creatore degli esseri che sono fatti a immagine e somiglianza di lui. Le parole del Vaticano II (…), dicono che il mistero del male e del peccato, il “mysterium iniquitatis”, non può essere compreso senza riferimento al mistero della redenzione, al “mysterium paschale” di Gesù Cristo …”.

 

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