LA FORZA DEGLI SCIITI NEL MEDIORIENTE (Corriere del Giorno, 4 marzo 2007, pag.6)

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Dopo l’assassinio del premier Hariri, il 26 aprile 2005 la Siria, almeno ufficialmente, si ritirava dal Libano. Su Damasco si sono indirizzate tante di quelle accuse, che un tribunale internazionale ad hoc è stato costituito dalle Nazioni Unite per perseguire alcuni dei massimi dirigenti dei servizi segreti siriani.

Da quel momento le forze iraniane (che con 32 milioni di dollari al mese finanziano il movimento sciita Hezbollah) si sono di fatto sostituite in Libano a quelle siriane. Non deve stupire l’enormità della cifra. Nel giro di due anni il prezzo del petrolio è aumentato da 20 a 70 dollari al barile: già 20 dollari consentivano di aiutare i movimenti islamisti radicali. Con 70 dollari una parte di tale surplus è finito nelle banche di Beyrut e nelle casse di Hezbollah.

Chiaramente il conflitto israeliano- palestinese è la madre di tutti i conflitti. Ma nel Medio Oriente anche quello fra Sciiti e Sunniti è uno scontro non nuovo.

L’Iran di Khomeini rappresentò da subito un pericolo per tutto il mondo sunnita. Nella guerra contro l’Iran l’Arabia Saudita sostenne l’Iraq: anche se quella guerra si risolse con tante distruzioni di vite umane e con un nulla di fatto dal punto di vista strategico, il rischio dell’ avanzata sciita fu in qualche modo bloccato.

Sciiti: sono il 65% in Iraq; l’80% in Iran; il 30% in Libano; il 20% in Arabia Saudita (dove, fra l’altro, abitano in zone ricche di giacimenti petroliferi ).

Alcune tornate elettorali svoltesi fra il 2005 e il 2006 hanno di fatto favorito gli Sciiti, anche nei loro esponenti più radicali.

In Iran nel giugno del 2005 ha vinto l’attuale Presidente della repubblica Ahmadinejad, che oltre ad ignorare sistematicamente le risoluzioni dell’ONU sull’arricchimento dell’uranio, ogni giorno invia minacce più o meno velate ad Israele e agli Stati Uniti; in Iraq, sempre nel 2005, democraticamente v insero gli Sciiti.

Il Dott. Antonio Ferrari, inviato speciale del Corriere della Sera e ottimo conoscitore di cose mediorientali, in una recente conferenza tenuta a Roma a Palazzo Salviati, ha riferito che in quelle elezioni riuscirono a votare circa 2 milioni di infiltrati iraniani, entrati illegalmente in Iraq. Altro esempio di democrazia araba, dove gli Sciiti hanno comunque fatto sentire il loro peso, è rappresentato dalle elezioni dello scorso anno in Palestina, vinte da Hamas.

Hamas è un movimento sunnita, ma ha ricevuto denaro e sostegno dall’Iran, che a sua volta cerca spazio sul Mediterraneo.

Il movimento libanese Hezbollah (che in Libano controlla quasi tutti gli Sciiti) più Hamas è l a nuov a forza che Teheran ha a disposizione nel Mediterraneo orientale.

Per frenare questa deriva sciita, l’Arabia Saudita è intervenuta diplomaticamente, portando il peso della sua forza economica sulla bilancia dei recenti accordi di La Mecca: accordi sul cessate il fuoco fra Hamas e Fatah, l’ala più laica del movimento palestinese.

E finiamo, come avevamo iniziato, con la Siria, dove la famiglia Assad che governa il Paese fa parte della minoranza alawita. Chi sono gli Alawit i? Sono una setta sciita: dunque la Siria alawita rappresenta anche geograficamente l’elemento di continuità che da Teheran arriva diritto al Mediterraneo passando per Beyrut e – in parte – an che per Gaza.

Non a caso anche la Siria riceve ingenti finanziamenti da Teheran.

Roberto Cavallo

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