NEL KARLAG (LA RETE DEGLI EX LAGER RUSSI) LA CATTEDRALE ALLA MADONNA DI FATIMA (di Guido Verna – ultima parte)

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Il 3 settembre 2004 cominciarono i lavori. Un anno dopo, nell’agosto del 2005, Agnes andò a Karaganda per vedere di persona come procedeva la costruzione e farsi spiegare il progetto e i dettagli, lei che «da adolescente aveva profondamente desiderato intraprendere la professione di architetto». Nel progetto in stile neogotico, l’architetto russo ortodosso incaricato della sua redazione, si era ispirato alla cattedrale di Colonia. 

Purtroppo, nell’ottobre dello stesso anno, sei settimane dopo la “visita in cantiere”, Agnes fu colpita da un ictus che ne limitò pesantemente la mobilità. Ma altre donne dell’Associazione, che facevano parte del Consiglio, come la Vicepresidente Bernadette Rädler (1926-2015), la segretaria Elisabeth Martin e la tesoriera Elfriede Watzenegger, provvidero, anche se da lontano, a “seguire” il cantiere, per far sì che i lavori procedessero per il meglio.

Ad ogni modo, costruire una casa era sempre stato il suo grande sogno. Da adolescente, aveva profondamente desiderato entrare nella professione di architetto, che purtroppo non si è avverata a causa dei problemi del dopoguerra. 

La nuova costruzione era davvero di “tutte le nazioni”: nel luglio 2007 un’azienda italiana promise in dono un pavimento in lastre di granito, il tetto fu fornito da una ditta austriaca, gli altari laterali, alti 7 metri, e tutte le altre statue in legno furono opera di straordinari artigiani della Val Gardena, il grande organo con più di duemila canne fu costruito a Feldkirch, le pietre naturali bianche e gialle del Caucaso che coprono la facciata furono lavorate dagli scalpellini musulmani del Daghestan, mentre la statua della Madonna di Fatima fu donata da un francese bretone.

Il 9 settembre 2012 la cattedrale fu consacrata con una solenne cerimonia dal Legato del Papa, il decano del Collegio cardinalizio in Vaticano, mons. Angelo Sodano, che nella sua omelia disse: «Riuniti in questa Chiesa vi sentirete tutti più vicini anche a Maria Santissima, che Gesù sulla croce del Calvario ci ha lasciato come Madre. Proprio in suo onore avete voluto costruire con tanti sacrifici questo tempio, invocandola con il bel titolo di Nostra Signora di Fatima. Essa nelle ore buie della vostra storia vi è stata accanto, preparando per voi un avvenire migliore. Dal cielo Essa continui a vegliare sulla vostra comunità e sia per tutti un faro di speranza!», auspicando che, «in una nazione di 17,3 milioni di abitanti, dove i cattolici rappresentano solo l’1% della popolazione, [questo] nuovo tempio [potesse] […] essere faro di luce per tutto il Paese ed anche per l’Europa e per l’Asia».

Poi, in una intervista esclusiva rilasciata al quotidiano Avvenire qualche mese dopo, lo stesso card. Sodano dichiarò di essere «[…] rimasto molto impressionato da questa nuova cattedrale dedicata alla Madonna di Fatima, […] al centro di quello che era chiamato il Karlag, una rete di 26 gulag che durante l’epoca staliniana si estendeva su un’area di 200 chilometri per 300. Questo luogo, che fu di martirio per migliaia di deportati, tra cui tanti sacerdoti cattolici, oggi è un luogo privilegiato dove i fedeli cattolici possono rendere pubblicamente il culto a Dio e ricevere da Lui luce e forza per il loro cammino. È anche significativo che le autorità statali concessero il permesso di costruirla il 13 maggio del 2003, nell’anniversario della prima apparizione della Vergine a Fatima. Durante quest’ultimo viaggio, ho reso anche omaggio ai cinquemila soldati italiani morti in un gulag vicino a Karaganda. Erano alpini della Divisione Cuneense, fatti prigionieri dai russi nella battaglia del Don, nel duro inverno del 1942, e poi deportati in quella steppa desolata dove, nel periodo invernale, la temperatura scende a 40 gradi sotto lo zero».

Cinque anni dopo la consacrazione della Cattedrale, il 28 settembre 2017, il Cielo chiamò a sé Agnes Ritter. Aveva 81 anni e poteva presentarsi all’esame finale a testa alta: aveva compiuto la missione che la Madonna le aveva assegnato!  Era riuscita a piantare la Croce «sullo stesso terreno dove, durante il regime sovietico, si estendevano, su una superficie equivalente a quella della Francia, 26 lager russi, chiamati “Karlag”».

Era riuscita a costruire una cattedrale, dedicata alla “Nostra Signora di Fatima – Madre di tutte le Nazioni”, «in questo luogo inospitale, dove le temperature possono raggiungere i -40 C° l’inverno e i +40 C° l’estate, [e dove erano] […] morti almeno mezzo milione di “traditori della patria”, oppositori del regime comunista, e almeno altrettanti deportati di oltre 120 etnie diverse».

Durante il concerto della sera del sabato prima della consacrazione, le «sconfinate steppe kazake» furono attraversate dalle note del Requiem di Mozart e non più dai lamenti dei prigionieri dei Gulag né dai rombi dei razzi lanciati dal cosmodromo di Bajkonur né dalle esplosioni delle bombe atomiche del Poligono nucleare di Semipalatinsk.

E quella «terra inumana» – come l’avevano definita i deportati polacchi – era diventata finalmente umana!