NELLE PIEGHE DELLA STORIA. COSPAIA: LA REPUBBLICA DEL TABACCO (di Claudio Tescari)

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Cospaia
Cospaia

Da sempre per ottenere un prestito è necessario offrire delle garanzie. Anche Cosimo il Vecchio, artefice del potere dei Medici a Firenze, quando il Papa neo-eletto Eugenio IV gli chiese 25.000 fiorini d’oro, ebbe in pegno la città di Borgo San Sepolcro ed il suo circondario nell’alta valle del Tevere, territorio che nel 1431 faceva parte dello Stato della Chiesa. Allo scadere del decimo anno il prestito non fu reso e San Sepolcro entrò a far parte della Repubblica di Firenze. Fu pertanto necessario concordare i nuovi confini tra i due Stati ed ognuno nominò una propria commissione. A sud di San Sepolcro, il confine venne fatto passare lungo un affluente del Tevere, un torrente comunemente denominato Rio. Ma di torrenti Rio che scendevano dal monte Gurzole ve n’erano due, sostanzialmente paralleli e ciascuna commissione -agendo indipendentemente- fissò il proprio confine, tralasciando una striscia di territorio di 330 ettari, larga tra 500 e 700 metri e lunga qualche chilometro, all’interno della quale sorgeva il borgo di Cospaia, villaggio contadino posto in cima ad una collinetta, con circa 350 persone in meno di 100 famiglie. Gli abitanti si affrettarono a proclamare Cospaia “libera”. Era l’anno del Signore 1441 e nasceva la più piccola repubblica del mondo.

La situazione politica tra papato e Firenze consigliò di rinunciare ad una contesa per una striscia di terra senza alcuna importanza strategica ed economicamente marginale, magari in attesa di tempi migliori per un’annessione. I Cospaiesi, sebbene analfabeti, seppero mantenere ottimi rapporti con i centri vicini: Città di Castello a sud e Borgo San Sepolcro a nord, appunto, continuando ad avvalersi dei servizi di molitura del grano, delle cure mediche e mantenendo la dipendenza ecclesiastica dal Vescovo. La loro economia, traendo vantaggio dalla mancanza di tasse, dazi e gabelle varie, iniziò a migliorare, pur restando fondamentalmente ancorata al baratto. Un consiglio di anziani e l’insieme dei capifamiglia bastavano a dirimere le questioni, magari con l’intervento del curato, l’unico in grado di leggere e scrivere. Barcamenandosi e facendosi notare il meno possibile, questa comunità anarchica (anarchia in greco significa “nessun governo”) trascorse indisturbata il primo secolo di esistenza, finché un fatto nuovo fece la fortuna dei Cospaiesi. Correva l’anno 1574, quando il cardinale Niccolò Tornabuoni, Nunzio apostolico a Parigi, inviò al nipote, l’abate Alfonso vescovo di San Sepolcro, i semi di una pianta medicinale da poco in uso in Francia: il tabacco. La pianta, detta “erba tornabuona” non ci mise molto a superare i 4 chilometri che separano Cospaia da San Sepolcro e così, anno dopo anno, divenne la coltura maggiormente praticata nei campi cospaiesi. Per le esigenze d’irrigazione fu innalzato un terrapieno come diga per creare un laghetto che è ancor’oggi esistente ed adibito alla pesca sportiva. Ma il fumo ed il fiuto del tabacco erano ostacolati dai regnanti dell’epoca, talché fu lanciata la scomunica papale contro l’uso del tabacco (abolita solo nel 1724 da Benedetto XIII). Proprio a Cospaia la coltivazione ed il commercio clandestino del tabacco portarono un certo benessere, ma anche una piccola invasione di contrabbandieri. Gli abitanti di Cospaia seppero gestire con saggezza contadina anche questa situazione, potenzialmente pericolosa per la loro “Perpetua et firma libertas”, il motto che scolpirono nel 1613 alla fondazione della Confraternita dell’Annunziata sull’ingresso della loro chiesuola. Questa è l’unica forma di coordinamento che attuarono i Cospaiesi, l’unico accordo di cui sentirono il bisogno.

Il minuscolo Stato perse la sua indipendenza temporaneamente durante il periodo napoleonico, ma definitivamente nel 1826, riassorbito nello Stato della Chiesa. Ciascun capo famiglia cospaiese venne indennizzato con una moneta d’argento –denominata “papetto” per il profilo del pontefice- ed alla comunità fu concesso di continuare a coltivare un massimo di mezzo milione di piante di tabacco.

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