PADRE PIERO GHEDDO: PER FERMARE L’IMMIGRAZIONE CI VOGLIONO ANCHE I MISSIONARI (L’Ora del Salento, 18 luglio 2009, pag. 11)

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Questa settimana segnaliamo un interessante intervento pubblicato su “Zenit”, agenzia di stampa on line, lo scorso 4 giugno 2009.
Ne è autore padre Piero Gheddo, illustre missionario del PIME, il Pontificio Istituto delle Missioni Estere. Padre Gheddo, già direttore di “Mondo e Missione” e di Italia Missionaria, è il fondatore dell’agenzia di stampa “AsiaNews”. Da missionario ha viaggiato in ogni continente. Dal 1994 è direttore dell’Ufficio storico del Pime e postulatore di varie cause di canonizzazione; è autore inoltre di oltre 70 libri.
Veniamo dunque a questa sua riflessione sull’immigrazione.
Padre Gheddo affronta il problema complesso e controverso di come comportarsi nei confronti dell’immigrazione clandestina. Tutti, egli dice, concordano su due principi che esprimono il sentimento comune del popolo italiano: primo, di voler aiutare gli Africani che a costo della vita fuggono in Italia per poter lavorare e vivere in pace; secondo, che se l’Europa dovesse aprire le porte a tutti, con i mille problemi che ciascun Paese deve gestire al suo interno, non è pensabile né possibile che possa ospitarli tutti. Dobbiamo renderci conto che i potenziali immigrati in Europa da Paesi africani, o comunque in guerra o sotto pesanti dittature, sono milioni e decine di milioni.
E’ insomma la morsa di una tenaglia, di cui non sappiamo come liberarci: da un lato la compassione per povera gente disperata; dall’altro la certezza che se non mettiamo un freno, un ostacolo all’arrivo di quanti vorrebbero venire in Italia e in Europa, ci troveremo assaltati da una marea di persone che fuggono la fame, le guerre, le dittature e le pandemie africane. Nell’inverno 2006-2007 – dice padre Piero Gheddo – ho visto arrivare gli immigrati africani ai confini della Libia col Sahara. Ricordando quelle scene provo ancora una pena enorme, ma sinceramente non so dare una risposta concreta ai molti interrogativi. Non si possono respingere verso l’inferno, bisogna aiutarli. Ma come? E’ questo il vero problema e nessuno ha una risposta plausib ile. Tutte le ipotesi sono teoricamente belle, concretamente difficili da realizzare. La vera soluzione per l’Africa sarebbe l’educazione del popolo: in media i Paesi africani hanno ancora un 50% di analfabeti! Ma chi va ad educarli quando i governi locali si interessano poco o nulla delle campagne e delle scuole? Chi ha viaggiato nell’Africa rurale sa che le piccole scuole di villaggio, quando ci sono, hanno classi da 80 a 100 e più bambini, spesso senza libri e senza quaderni. Nei villaggi tradizionali africani si ignora la ruota, il carro agricolo, i fertilizzanti, l’ irrigazione artificiale, ecc. Dico sempre – continua padre Piero Gheddo – che a Vercelli produciamo 80 quintali di riso all’ettaro, nell’Africa rurale (non nelle poche fattorie moderne) si producono in media cinque quintali di riso all’ettaro! Il continente africano nel 1960 (prima della decolonizzazione) esportava cibo, oggi importa circa il 30% del cibo di base che consuma (riso, mais, grano). Ma chi va ad educare e insegnare a produrre di più? I missionari e i volontari cristiani creano sviluppo perché rimangono tutta la vita in mezzo al popolo ed educano. Ma i missionari oggi diminuiscono di numero. Molti mandano aiuti e denaro, certamente provvidenziali, ma quanti giovani italiani consacrano la vita a Cristo per la missione alle genti e per aiutare davvero i popoli poveri condividendone la vita ?

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