PECHINO, CARTOLINA DALL’INFERNO

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Da Avvenire del 24/12/2019 leggiamo e pubblichiamo:

“Il fiore all’occhiello del sistema penitenziario cinese (come vuole Pechino) o, al contrario, un “inferno” nel quale i prigionieri sono costretti a massacranti lavori forzati?

Una cosa è certa: la prigione di Qingpu, a Shanghai – l’unica a ospitare detenuti stranieri –, non è un mondo sigillato ed emetico se è vero che il grido di aiuto di un gruppo di detenuti è “evaso” grazie a una cartolina di beneficenza di Natale per essere letto – casualmente – da una bambina inglese, da questa consegnato a un giornalista e investigatore britannico e infine, grazie ad un articolo, conquistare la ribalta mondiale.

«Samo prigionieri stranieri nel carcere di Qingpu. Siamo costretti a lavorare contro la nostra volontà, per favore aiutateci e denunciate il nostro caso ad un’organizzazione che difende i diritti umani», si legge nella cartolina acquistata al supermercato Tesco da Florence Widdicombe, sei anni, proveniente da Tooting, sud di Londra. Tesco è il gigante britannico dei supermercati.

L’appello, in stampatello per non rendere la grafia riconoscibile, era accompagnato dalla richiesta di contattare un certo “Mr Peter Humphrey”. Florence ha subito mostrato al padre, Ben Widdicombe, il messaggio “inciso” sulla cartolina di Natale. Pensavo «fosse una specie di scherzo», ha raccontato l’uomo alla Bbc. «Ma, riflettendo, ci siamo resi conto che era potenzialmente una cosa abbastanza seria. Mi sono sentito molto colpito da quello che avevo letto. Ho sentito la responsabilità di trasmettere il massaggio a Peter Humphrey come chi lo ha scritto chiedeva di fare».

Il padre di Florence si è messo così alla ricerca ed ha scoperto che Humphrey è un giornalista britannico arrestato in Cina e incarcerato per alcuni mesi nella stessa prigione citata nel messaggio. Dopo essere stato contattato dalla famiglia Widdicombe, Humphrey ha raccontato sul Sunday Times l’intera vicenda.

Lo “scoop” non è piaciuto alle autorità cinesi. Che hanno reagito immediatamente parlando di «un caso farsa». «La vicenda delle cartoline di Natale realizzate con lavori forzati dei detenuti di una prigione cinese è inventata – ha detto il portavoce del ministero degli Esteri della Cina, Geng Shuang –. E posso dirvi responsabilmente, dopo avere cercato chiarimenti da parte dei dipartimenti pertinenti, che la prigione di Qingpu a Shanghai non ha assolutamente lavori forzati di condannati stranieri». Per Pechino, il giornalista coinvolto nel caso «vuole farsi solo pubblicità».

Anche la fabbrica che riforniva di cartoline i supermercati Tesco, Zhejiang Yunguang Printing, ha negato l’uso di lavori forzati per la produzione. «Mai fatto cose del genere », ha dichiarato un portavoce al giornale cinese Global Times, aggiungendo che «abbiamo saputo di tutto questo solo quando siamo stati contattati da alcuni media stranieri».

Da parte sua Tesco ha annunciato di avere interrotto, a seguito del ritrovamento della richiesta di aiuto, i rapporti con la fabbrica cinese che produce le cartoline in questione.

Peter Humphrey conosce, per averlo vissuto sulla pelle, il sistema penitenziario cinese. «Ho trascorso due anni rinchiuso a Shanghai tra il 2013 e il 2015 – ha raccontatao alla Bbc – e i miei ultimi nove mesi di prigionia sono stati in questa stessa prigione, nello stesso blocco dal quale proviene questo messaggio. È stato scritto da alcuni dei miei compagni di cella di quel periodo, che sono ancora lì a scontare la loro pena». E al Financial Times ha detto: «In Cina parlano di centri di custodia ma sono ancora centri di punizione. I prigionieri, anche se non sono ancora stati condannati, vengono trattati come colpevoli già dal primo giorno, con tutte le terribili condizioni che devono affrontare appena arrivano. Lo scopo è isolare, schiacciare lo spirito, rompere la volontà. Molti di essi si sgretolano rapidamente».

Secondo un rapporto dell’emittente statale International Channel Shanghai, la prigione di Qingpu – un complesso di cemento e vetro che occupa una superficie di circa 20 chilometri quadrati –, l’anno scorso ha ospitato 170 detenuti maschi provenienti da 40 diversi Paesi, sorvegliati da circa 500 agenti di sicurezza. Più della metà dei prigionieri sta scontando condanne di 10 anni o più, spesso per reati connessi alla droga. Istituito nel 1994, il penitenziario sembra essere una fonte di orgoglio nel sistema carcerario cinese. Sul sito Web della prigione si legge che il carcere si prefigge l’obiettivo di «unire punizione e recupero» e «combinare istruzione e lavoro per trasformare i detenuti in cittadini rispettosi della legge». La struttura vanta 51 piscoterapisti, un programma artistico e una biblioteca destinata ai detenuti.

LA DENUNCIA

Il messaggio è stato trovato da una bambina inglese dentro un biglietto dì auguri venduto in un supermercato di Londra. Che è stato consegnato a un reporter britannico incarcerato in passato nello stesso istituto cinese”.

 

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