RITORNO IN CAMBOGIA: UN CAMMINO DI LIBERTA’

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jzx3egxgalgc1Aveva giurato di non tornare mai più. Dopo essere scappata dai campi di lavoro forzato dei Khmer rossi, dopo essersi rifugiata in Francia e dopo aver chiesto il battesimo, Claire Ly pensava di aver definitivamente lasciato la Cambogia. Come fare ritorno nei luoghi di un tale inferno ?

Ma nel volume “Ritorno in Cambogia” (Paoline, 2008, Milano, euro 13,00, pagg.185) la Ly presenta al lettore il resoconto di tre viaggi che allora sembravano improbabili.

Claire Ly, nata in Cambogia, appartenente all’alta borghesia, si laurea in diritto e filosofia, e diventa prima insegnante di liceo, poi alta funzionaria del Ministero dell’educazione. Nel 1975, con l’avvento della dittatura dei Khmer rossi, viene deportata in un campo di lavoro, dove quotidianamente vede morire per la fame e per gli stenti i suoi compagni di sventura. Nel 1979, alla caduta del regime di Pol Pot, prende la strada dei profughi verso la Thailandia e da qui, nel 1980, emigra in Francia, dove tuttora vive e lavora. Nel 2002, a quasi venticinque anni di distanza, l’autrice ha il coraggio di rimettere piede nel suo Paese natale. Inizialmente paralizzata dall’incubo d el g enocidio, affronta la paura e ritrova la casa da tempo espropriata, alcuni suoi compagni del campo di lavoro, i familiari sopravvissuti, i luoghi in cui furono uccisi suo marito e suo padre. Come una semplice turista, visita i giganteschi ossari testimoni del genocidio comunista.

A poco a poco, dopo tali sofferte esperienze, subentra la serenità: la cristiana convertita che è diventata, accoglie la buddista che era. Fra le due si instaura uno spazio di dialogo, che è il luogo di una appassionante ricerca di sé. La consapevolezza finale conduce però ad affermare – contrariamente ad ogni determinismo di origine buddista – che “Credere in Gesù Cristo veramente Uomo e nello stesso tempo veramente Dio, è c onsiderarmi anche c ome un essere degno, irriducibile alle mie azioni, buone o cattive che siano. Ecco la buona novella del cristianesimo che amplifica ulteriormente la grandezza dell’uomo percepita dai buddisti…” (pag. 184).

Il viaggio di ritorno è anche l’occasione per avvicinare i cattolici cambogiani: la comunità cattolica khmer è molto giovane ed estremamente minoritaria. Circa 21.000 persone su una popolazione di 14 milioni di abitanti; si perde nell’ oceano dei buddisti. Di questi 21.000 circa 13.000 sono vietnamiti entrati in Cambogia al tempo della guerra e mai più rientrati in patria.

Documento davvero interessante sulle conseguenze del genocidio dei Khmer rossi, con il loro lascito di diffusa povertà materiale e spirituale – oggi in Cambogia un dollaro equivale ad una giornata di lavoro -, questo libro è anche la storia di una donna plasmata da due culture e due religioni alla ricerca di unità e libertà. Esso ci conduce al cuore di una delle grandi questioni del nostro tempo: l’incontro tra culture e religioni diverse.

Roberto Cavallo

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