RU486: LETTERA APERTA DEL SEN. MANTOVANO AL PRESIDENTE DELLA REGIONE PUGLIA

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alfredo_giornale1_12_7_5.jpg Riportiamo di seguito la lettera aperta che il Senatore Alfredo Mantovano ha ritenuto opportuno inviare il 07 febbraio 2008 al Presidente della Regione Puglia On. Nichi Vendola sull’introduzione in Puglia della RU486.

Caro Presidente Vendola,

ieri ho letto la Tua intervista a Il Foglio e oggi la Tua smentita. Non è ben chiaro se la smentita include anche il seguente passaggio: “dobbiamo costruire una cultura dell’accoglienza della vita e contrastare la mercificazione, la brevettizzazione, la privatizzazione della vita”. Se queste Tue parole fossero da Te confermate, potrebbero costituire un punto di partenza per una riflessione condivisa sull’aiuto alla maternità e alla vita nascente. Potrebbero, cioè, cercare uno spazio comune “per”, invece che “contro”.


E’ in discussione per la Puglia l’inserimento nel piano sanitario della Ru 486, peraltro già distribuita in alcuni ospedali (a Lecce e a Bari). A mio avviso, il dibattito deve essere ampio e concentrarsi ancora di più sui profili medici e sui risvolti esistenziali. Quanto ai primi, prova a digitare su Google le parole death e Ru 486; vedrai comparire le fotografie di donne morte “per aborto” (l’aborto chimico provocato dal principio attivo della Ru): 4 nel 2003 soltanto in California, altre in Canada, e ancora in altre parti del mondo. Se visiti il sito dell’ente che negli USA esercita la vigilanza sui farmaci, la Food and Drug Administration, troverai le schede che documentano, a seguito dell’assunzione della Ru, emorragie, interventi in extremis su gravidanze extrauterine, complicanze cardiache… Non è un caso se il New York Times del 31 gennaio ha sottolineato che l’unico fornitore della Ru 486 per gli USA è l’azienda cinese Hua Lian Pharmaceutical, e che nessuna azienda americana ha accettato di commercializzarla: hanno immaginato il numero di cause per danni che sarebbero state promosse nei loro confronti. Ciò dà l’idea della “sicurezza” della kill pill.


Immagino che alle 100 donne cui è stata consegnata la Ru 486 a Bari e alle 40 di Lecce sia stato fatto sottoscrivere il consenso informato. L’informazione riguarda anche questi aspetti ? E’ noto che il principio attivo della pillola, il mifepristone, non è da solo idoneo a provocare l’aborto; è necessaria la sua associazione con una prostaglandina, che causa le contrazioni uterine dalle quali deriva l’espulsione dell’embrione. La Searle, che produce il Ciytotec, la prostaglandina più adoperata, l’ha registrata solo come farmaco antiulcera, ma non come antibortivo, avendo riscontrato come controindicazioni rischi di cardiopatie. Il medico che fa assumere la Ru e la prostaglandina spiega nel dettaglio i danni che ne derivano ?

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Ma vi è un’altra parte del problema: la “privatizzazione” della vicenda. Se la 194 fosse realmente applicata, il medico e/o il consultorio cui una gestante si rivolge per abortire dovrebbero indicarle concrete alternative all’aborto, articolando quella fase che viene chiamata della “prevenzione-dissuasione”; con la Ru cade questa ipocrisia: la consegna della pillola lascia la donna ancora più sola, banalizza i suoi problemi invece che prenderli in carico, la irride con una soluzione apparentemente facile, che in realtà è fonte di ulteriore abbandono.

Non Ti propongo una battaglia comune contro la 194: sul punto ciascuno ha le sue posizioni, le sue certezze e i suoi dubbi. Ti chiedo un segnale forte nella direzione della prevenzione effettiva: che può realizzarsi anzitutto con un cambio di mentalità. Rientra nella esperienza quotidiana di ognuno di noi che i problemi per portare a termine una maternità esistono e talora sono gravi; ma certamente non si affrontano se la risposta alla loro denuncia, neanche tanto implicita quando si manifesta al medico o al consultorio la volontà di abortire, si riduce nel mero rilascio di un certificato (quello che permette l’ivg), o peggio alla consegna della Ru. Senza colpevolizzare nessuno, è immaginabile una battaglia comune per la vita, un lavoro teso a costruire “una cultura dell’accoglienza della vita”, in virtù del quale se la gestante espone difficoltà nel lavoro, o se teme di perdere quest’ultimo a seguito della gravidanza, possa incontrare chi la informa dei suoi diritti e la aiuta in concreto a esercitarli (è un esempio; le difficoltà sono varie e spesso ancora più serie)? Una battaglia che rivaluti il ruolo dei consultori, li ponga in collegamento reale – e non nominale – con la rete più ampia dei servizi sociali e del volontariato, e solleciti maggiore attenzione sul fronte delle risorse anche alla politica nazionale (come vedi, non mi tiro indietro rispetto agli ambiti di competenza di ciascuno)?

La Ru va nella direzione esattamente opposta a quella solidarietà per la vita che, a mio avviso, non deve essere ritenuta patrimonio di un singolo partito, e neanche di uno schieramento. E’ immaginabile un percorso comune testo a raccogliere e a dare esiti coerenti alla sfida per la vita? Cordialmente

Alfredo Mantovano

Lecce, 7 febbraio 2008

1 commento

  1. Caro Roberto,
    ho letto con interesse i tuoi articoli, che penso siano in linea con ciò in cui credo.
    Non ti fermare, continua così.
    A presto
    Eugenia

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