SAN GIUSEPPE COTTOLENGO: UNA VITA PER GLI ULTIMI (Il Corriere del Sud, n°17/2005, pag.18)

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cottolengo.jpg Una nuova biografia dell’apostolo della carità
La fine del XVIII° e tutto il XIX° secolo hanno rappresentato per il Piemonte un tempo di grazia straordinaria, per la contemporanea presenza di Santi dallo spessore eccelso. Santi non solo perchè uomini e donne pii e pieni di timor di Dio, ma anche per la loro singolare carica umana, per il carisma indiscusso messo a servizio dei più deboli, per la loro tenacia nel sociale: Brunone Lanteri, Giulia di Barolo, Leonardo Murialdo, Giovanni Bosco, Giuseppe Cafasso, Faà di Bruno, Giuseppe Cottolengo ed altri ancora, ognuno con la sua speciale chiamata. Ognuno soprattutto con la sua speciale risposta, densa di eventi straordinari e di carità fattiva.
In questa Torino terra di santi uno dei più conosciuti è sicuramente Giuseppe Benedetto Cottolengo, alla cui figura le Edizioni del Capricorno, per la collana delle biografie storiche, dedicano adesso l’ottimo studio di Giovanna Bergoglio (Giuseppe Benedetto Cottolengo. L’avventura della carità, Torino, 2005, pagg.175, euro13,00).
Il nostro Santo nacque a Bra, in Piemonte, il 3 maggio del 1786, primo di dodici figli, all’ interno di una famiglia benestante e profondamente cattolica. Il padre era un bravo mercante e per lui era normale pensare al figlio primogenito in termini di prosecutore della lucrosa attività di famiglia. Ma le cose andarono diversamente, e così quando il giovanetto manifestò l’intenzione di prendere gli ordini sacri, i genitori accettarono intravedendo nel figlio i segni sicuri della vocazione.
Non fu un’eccezione nella sua famiglia, perchè più tardi anche due suoi fratelli accederanno alla vita consacrata, accompagnando e sostenendo l’opera del fratello maggiore.
Diventato sacerdote nel 1811, il Cottolengo eccelse negli studi e fu buon predicatore, tanto da sembrare avviato ad una brillante carriera teologica. Ma neppure questa era la sua strada. Intorno ai 40 anni maturò, impetuosa, la vocazione nel la vocazione. E’ il modo di procedere di Dio Padre, che spesso si compiace di chiamare a scelte ancora più radicali e speciali chi già ha lasciato il mondo. Un episodio drammatico sconvolse la sua tranquilla vita sacerdotale. Un giorno lo chiamarono per dare l’estrema unzione ad una giovane mamma, Maria Gonnet, che per la sua condizione di partoriente e di malata cronica non aveva trovato posto negli ospedali di Torino. Morta quella donna quasi fra le sue braccia, si ripromise che avrebbe fatto di tutto per impedire che anche una sola vita umana andasse perduta a causa di un’inadeguata assistenza sanitaria. Fu così che cominciò col prendere in affitto uno stanzone al centro di Torino – che poi diventerà la Piccola Casa – dove accolse i primi “incurabili“, fra i più poveri e derelitti della città. Naturalmente fu solo l’inizio, perchè da allora la casa originaria si spostò nel quartiere periferico di Valdocco, proprio quello che pochi anni dopo vedrà San Giovanni Bosco protagonista – con il suo famoso “metodo preventivo” – fra i ragazzi abbandonati di Torino. Lo stesso don Bosco, fra l’altro, da giovane prete servì negli ospedali, anzi, nelle famiglie, del Cottolengo.Famiglia: fu questa la straordinaria intuizione del Santo, che, a fronte degli inevitabili regolamenti sanitari e burocratici, strutturò i propri padiglioni sul modello di tante famiglie, dove ciascuno aveva comunque e sempre un compito da svolgere. Nessuno, dunque, benchè ammalato o storpio, poteva considerarsi inutile o di peso per gli altri.
Come in tutti i casi di carità operosa, alla base del successo vi era la preghiera e soprattutto l’ abbandono alla Divina Provvidenza. Nonostante i debiti che lo accompagnarono per tutta la vita, e con cui riuscì a convivere in serenità, l’opera sanitaria, assistenziale ed educativa realizzata da Giuseppe Cottolengo produsse centri di eccellenza professionale.
Come per tutti i Santi, la sua opera gli sopravvisse. Con le sue diramazioni in Africa, in India e in Sudamerica, il Cottolengo è oggi il luogo dove migliaia di ultimi, disabili e ammalati cronici, trovano sollievo e un cuore sempre amico ad attenderli.

Roberto Cavallo

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