SPIGOLATURE DALLA STAMPA (di David Taglieri)

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Sul Giornale dello scorso 27 agosto Gian Micalessin svolge un’indagine molto interessante sui fatti che si stanno sviluppando in Afghanistan: nel particolare si focalizza sui dubbi riguardo la credibilità della Casa Bianca in un momento così delicato come quello che stiamo attraversando.

E’ necessario comprendere le motivazioni errate del ritiro affrettato, che ha causato una tensione a livelli altissimi: l’anello ombelicale che lega i talebani allo Stato islamico deve essere un oggetto di studio, che non va tralasciato.

Quello che trapela con nettezza è che l’amministrazione Biden non è stata in grado di gestire la situazione internazionale, tanto che i tavoli di dialogo potranno essere poco efficaci nello sbrigare la faccenda e tutelare i diritti delle donne.

Mario Arpino sul Quotidiano Nazionale constata il declino di un Occidente impreparato; urgono dei ripensamenti geopolitici nel contesto più complesso caratterizzato dalla pandemia, dalle migrazioni di massa e dai nuovi moti e movimenti di regionalizzazione.

Arpino cita poi gli studi del comparto di ricerca capitanato da Nial Ferguson, secondo i quali l’Occidente si è trovata in mano le chiavi dello sviluppo: come sono state inserite nelle serrature del cambiamento hanno tutti i contorni della discutibilità. L’Occidente ha corso, senza mai togliere il piede dall’ acceleratore: ora è giunto il momento di rallentare prima di andare a sbattere.

Elena Ugolini su il Resto del Carlino ammonisce: basta con l’eccessiva burocrazia, si sente la necessità di rilanciare la scuola su un piano didattico che privilegi l’istruzione in presenza, con il contatto umano, motore importante di crescita culturale ed umana. Covid o non covid la scuola deve ripartire.

Sulla Nazione Michele Brambilla ha sintetizzato i risultati del meeting di Rimini, nel quale è stato moderatore, mettendo in luce i frutti del dialogo politico e le intenzioni di una costruzione positiva.

Prendendo atto del bell’editoriale, ci piacerebbe sperare che non si trattasse, parlando dei politici, di mere promesse estive e kermesse teoriche che poi non troveranno terreno di attuazione nelle scelte concrete: l’estate, giro di boa, porta spesso a fantasticare.

Ci aspetta un autunno difficile: mettere un punto finale, si spera, alla crisi pandemica; gestire una politica estera esasperata dall’incompetenza di Biden, che se fosse stato un Trump avrebbe creato movimentismi mondiali di rivolta radical-chic; tornare alla Politica vera, nonostante la presenza di personaggi inconsistenti e buoni alla chiacchiera.

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