STORIA DELLA LITUANIA: IDENTITA’ CRISTIANA DI UN POPOLO (2^ parte)

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lituania_banner_index.jpg La “Repubblica delle due Nazioni” con i suoi territori posti nel cuore dell’Europa faceva gola agli avversari di sempre: Russi e Prussiani. Così nonostante la Lituania e la Polonia avessero superato in modo sostanzialmente indolore il periodo delle guerre di religione a cavallo fra il XVI e il XVII secolo, nel 1766 l’assolutismo regio e l’incipiente illuminismo decretarono la fine dell’indipendenza lituano-polacca. La zarina di Russia Caterina II(1729-1796) e il re di Prussia Federico II (1712-1786), sovrani tanto assolutistici quanto imbevuti dei nuovi ideali illuministici, nel nome di un’astratta uguaglianza pretesero che le minoranze di Ortodossi e Protestanti godessero dei medesimi privilegi riservati alla maggioranza cattolica.

Era più che altro il pretesto che serviva ad aprire la crisi internazionale e a far intervenire le truppe russo-prussiane, che puntualmente oltrepassarono i confini sconfiggendo i Cattolici. Tra le prime misure adottate vi fu la deportazione di due vescovi. Era l’inizio della fine: non solo dell’indipendenza politica ma anche del ruolo pubblico del cattolicesimo all’interno della società civile. Di lì a pochi anni, nel 1795, Russia, Prussia ed Austria si spartirono il territorio della “Repubblica delle due Nazioni“; la parte lituana confluì quasi interamente nella zona di influenza russa. I primi a pagarne le conseguenze furono i rappresentanti della Chiesa uniate, e cioè di quella parte della Chiesa ortodossa che nell’ottobre del 1596 – con l’Unione di Brest -, pur conservando la propria liturgia, aveva riconosciuto formalmente la supremazia del pontefice romano. Durante il regno dello zar Nicola I (1825-1855) la politica accentratrice russa cercò di realizzare nell’impero la triplice unità: religiosa (ortodossa), politica e nazionale. Il governatore russo Muravev divenne tristemente famoso come l'”impiccatore di Vilnius“.

Muravev iniziò la sua attività dichiarando che avrebbe impiccato qualche sacerdote, così che nel giro di 40 anni non vi sarebbero stati più Lituani nè Lituania.Lo stato d’assedio veniva giustificato dal fatto che i Lituani (come del resto i Polacchi) continuavano a festeggiare l’Unione di Lublino. La maggior parte dei monasteri venne chiusa e i beni ecclesiastici confiscati. Le misure anti-cattoliche prenderanno via via corpo, fino ad arrivare nel 1863 alla proibizione perfino dei caratteri latini – a favore del cirillico – nella stampa di libri, giornali e testi liturgici: è il periodo del cosiddetto “bando della stampa” in lingua lituana, che durerà sino al 1904 e che porterà, per reazione, allo sviluppo del fenomeno dei “contrabbandieri di libri“, quale estremo tentativo di mantenere in vita la cultura nazionale lituana. Nel 1904 il governo zarista, resosi conto della propria politica fallimentare, abolì il divieto di pubblicare in caratteri lat ini. Intanto andava maturando con sempre maggiore convinzione l’aspirazione all’indipendenza nazionale. Così, fra rivolte e rivoluzioni, in cui un peso sempre maggiore andrà acquisendo il movimento socialista, si giungerà alla prima guerra mondiale. Durante il 1914 e il 1915 il Paese fu campo di battaglia per gli opposti eserciti di Russia e Germania, e venne completamente devastato tanto che Papa Benedetto XV avvertì la necessità di proclamare, per il 20 maggio 1917, la Giornata Mondiale della Lituania: intendeva così attirare l’attenzione del mondo sulle immani sofferenze patite da quel popolo. Dopo una prima dichiarazione di indipendenza del 16 febbraio 1918 (riconosciuta solo dalla Germania in funzione anti-russa), nel 1919 la Lituania ottenne il momentaneo riconoscimento della Russia ormai sovietica, e quindi quello internazionale.In questo periodo importante fu l’intermediazione vaticana – che si avvaleva della nunziatura apostolica di Monaco di Baviera, guidata dal futuro Papa Pacelli – fra Polonia e Lituania. A dividere le due antiche Nazioni sorelle restava il problema di Vilnius, capitale morale del Paese, ma rivendicata dai Polacchi in quanto la maggioranza della popolazione della città era proprio di nazionalità polacca. Nell’ottobre del 1920, sulla scia della vittoria polacca sull’Armata Rossa, miracolosamente fermata sulla Vistola, Varsavia strappò Vilnius ai Lituani, che si videro costretti a proclamare Kaunas capitale provvisoria del Paese.

Il periodo fra le due guerre mondiali fu caratterizzato comunque da una relativa tranquillità, che consentì il rilancio dell’ associazionismo cattolico, con notevoli risvolti sociali e culturali. La stampa cattolica in particolare crebbe moltissimo negli anni dell’indipendenza: nel 1935 si contavano 28 periodici cattolici, con un totale di oltre 7 milioni di copie circolanti. La Società di San Casimiro, che fu la più grande casa editrice dell’epoca, non a caso fu fra le prime imprese ad essere nazionalizzate dall’occupazione sovietica. Lo “scellerato” patto Ribbentrop-Molotov del settembre 1939 aveva previsto, infatti, che la Lituania e gli altri Stati baltici dovessero gravitare nell’area di influenza sovietica.

La Lituania, con il miraggio della restituzione di Vilnius, fu di fatto costretta a firmare patti di mutua assistenza con l’Unione Sovietica, che installò basi militari nel Paese. Così bastò solo un pretesto perchè, nel giugno del 1940, l’Armata Rossa invadesse la Lituania, l’Estonia e la Lettonia: “Una volta occupato il territorio, i sovietici organizzarono subito la struttura dell’NKVD (sigla che dopo la guerra sarebbe stata cambiata per la ben più tristemente nota KGB), guidata dal segretario del Partito comunista lituano Ananas Snieckus” (pag.143). Un decreto impose la separazione fra Stato e Chiesa, preludio delle solite misure vessatorie: chiusura dei seminari, proibizione della stampa cattolica, divieto di insegnare la religione cattolica nelle scuole, abolizione del concordato con la Santa Sede Nei primi giorni di giugno del 1941 iniziarono le deportazioni di massa verso la Siberia (almeno 35.000 persone, ma molti di più furono i deportati estoni e lettoni), deportazioni bloccate quasi sul nascere dall’arrivo dell’armata tedesca alla fine dello stesso mese di giugno. Ma ben presto i liberatori rivelarono le loro reali intenzioni. Instaurata un’amministrazione civile tedesca, si calcola che ” oltre 50.000 persone venissero giustiziate durante l’occupazione tedesca Il terrore nazista si concentrò soprattutto contro gli Ebrei: alla fine dell’occupazione tedesca, nel 1944, il 90% degli Ebrei locali (circa 200.000 persone) era stato sterminato” (Storia della Lituania, Claudio Carpini, Città Nuova Editrice, Roma, 2007, pag.145).

Roberto Cavallo

 

1 commento

  1. COmplimenti anche ad Agosto sei fresco intellettualmente come d’inverno. Ma non ti stanchi mai?

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