SUDAFRICA: LA CINA FA PAURA. IL DALAI LAMA PUO’ ASPETTARE. INTANTO PECHINO PENSA AD UN NUOVO ORDINE MONETARIO INTERNAZIONALE

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normal_tibet-new-01Il regime cinese continua ad arrabbiarsi con tutte quelle personalità del mondo politico o culturale che intrattengono rapporti con la massima autorità spirituale tibetana: il Dalai Lama. Non a caso nella Repubblica Popolare cinese tutti i siti o i blog che sul web testimoniano le violenze sui tibetani vengono censurati. Federico Ramp ini su Repubblica del 25 marzo scrive che in uno dei video oscurati su YouTube si vedono poliziotti che picchiano e trascinano per terra, con le mani legate, i monaci buddisti. Il rifiuto delle logiche razziste, i diritti umani, il rispetto delle minoranze…dovrebbero essere dei valori universali, senza troppe distinzioni di colore politico e di peso economico. E invece sembra che certi diritti umani siano considerati di serie A, ed altri diritti umani di serie B. Cerchiamo di chiarire con un esempio. Il sistema costituzionale sudafricano dell’apartheid veniva universalmente bollato come “razzista”, e a tutti sembrava giusto che così fosse. Oggi però l’African National Congress e i suoi alleati (fra cui sino a poco tempo fa figurava anche il partito comunista sudafricano), non sembra più ricordarsi dell’importanza del rispetto dei diritti umani, che pure per tanti anni ha invocato per sé. Si spiega in questi termini il rifiuto di Johannesburg di ricevere il Da lai Lama, premio Nobel per la pace. Come riporta “Repubblica” del 23 marzo 2009, il ricatto cinese evidentemente ha funzionato. Il Sudafrica, che si dibatte in una difficile crisi energetica e sociale, ha grande interesse (come d’altronde quasi tutti i paesi africani) a conservare e se possibile aumentare l’ interscambio commerciale con Pechino. Il Dalai Lama era atteso per venerdì 27 marzo alla Conferenza dei premi Nobel per la pace voluto dagli organizzatori della coppa del mondo di calcio, per discutere dell’importanza del calcio nella lotta al razzismo e alla xenofobia. Ma il governo rappresentato dall’African National Congress ha opposto un secco diniego al suo visto d’ingresso. Un diniego che sarà definitivo sino a tutto il 2010, anno in cui in Sudafrica si celebreranno i mondiali di calcio. Così la conferenza, senza il Dalai Lama, è saltata definitivamente. La Cina, che è un partner commerciale privilegiato del Paese africano, ha plaudito all’iniziativa dell’African National Congress, che pure sin dai lontani anni ’50 si è battuto contro la xenofobia e a favore dei diritti umani. Insomma oggi che il Tibet si trova in una morsa di ferro e fuoco, con centinaia di arresti; oggi che la composizione etnica del Paese si sta snaturando a favore degli immigrati di etnia cinese appositamente mandati da Pechino, quasi nessun governo ha il coraggio di testimoniare la propria solidarietà ai tibetani. Neanche chi ieri protestava per i diritti umani. Si fa perciò più consistente il dubbio che la storia dei due pesi e delle due misure sia l’unica regola a dettar legge, con diritti umani che sono di serie A e diritti umani di serie B. Il Dalai Lama avrebbe dovuto incontrare Nelson Mandela, Friedrik Willem de Clerck e l’Arcivescovo anglicano Desmond Tutu, tutti premi Nobel per la pace e artefici della fine dell’apartheid. L’arcivescovo anglicano Desmond Tutu ha avuto parole di sdegno contro il governo del suo Paese, e ha dichiarato: “Condannerò il comportamento del governo come vergognoso, in linea con il nostro pessimo comportamento al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, come un totale tradimento della nostra storia di lotta. Stiamo cedendo in modo vergognoso alle pressioni cinesi. Mi vergogno profondamente e me ne rattristo”.
Desmond Tutu quindi ha parlato chiaramente. Nelson Mandela invece ha preferito non far nessun commento; forse neanche lu i come i suoi compagni di partito ha trovato il coraggio necessario per opporsi ai diktat della Repubblica Popolare.
Tra le poche significative eccezioni vi fu nello scorso dicembre 2008 Nikholas Sarkozy, che in qualità di Presidente di turno dell’U.E. incontrò il Dalai Lama in Polonia, nonostante le minacce cinesi. E infatti Pechino in quell’occasione non mancò di protestare con veemenza. Più recentemente il Sindaco di Roma Gianni Alemanno si è attirato le ire di Pechino. Il conferimento al Dalai Lama della cittadinanza onoraria di Roma “offende il popolo cinese” e costituisce un'”interferenza” negli affari interni di Pechino… Lo ha dichiarato la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Jiang Yu, in una conferenza stampa tenuta a Pechino nello scorso mese di febbraio. Insomma la Repubblica Popolare di Cina cerca di incutere timore in tutti coloro che osano denunciare le violazioni dei diritti umani. Non solo. Anche gli esperti banchieri che lavorano al Tesoro degli Stati Uniti devono preoccuparsi del colosso cinese. Tuttora il Presidente Barak Obama si sente in dovere di fornire promesse alla Cina sulla solvibilità di lungo periodo del Tesoro americano. Il Primo Ministro cinese Wen Jiabao infatti si è recentemente detto preoccupato per la solidità degli investimenti in dollari compiuti dalla Repubblica Popolare. Così la Cina ha proposto la sostituzione del dollaro con una nuova moneta unica mondiale, che dovrebbe essere indifferente alle fluttuazioni tipiche delle varie monete nazionali, fosse anche quella statunitense. I Cinesi dicono di temere soprattutto la svalutazione del dollaro, cosa che farebbe perdere valore ai loro immensi crediti nei confronti degli Stati Uniti. Questa proposta della nuova moneta unica globale inizia a trovare accoglienza perfino a livello di Fondo Monetario Internazionale. All’estremo opposto la posizione dell’ex presidente della Federal Reserve, oggi consigliere di Barak Obama, il quale ha dichiarato: “Credo che i Cinesi siano poco sinceri quando si lamentano per i loro investimenti in dollari. Hanno infatti deciso di acquistare dollari per anni, perché non volevano che la loro moneta si rivalutasse. E’ un calcolo di interessi da parte loro, non dovrebbero prendersela con noi”. E Federico Rampini, grande esperto di cose cinesi, così commenta su Repubblica del 26 marzo: “Un passo alla volta, con cautela e gradualismo, la Cina comincia a tratteggiare la sua visione di un nuovo ordine monetario internazionale…”

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