TERRORE AD HAITI

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Da Tempi del 29 luglio 2022 leggiamo e pubblichiamo il resoconto di Caterina Giojelli:

“«I banditi hanno dato fuoco al recinto della cattedrale. Non siamo ancora riusciti a raggiungerla, ci sono esplosioni in tutta la zona». È il 27 luglio e tutto quello che padre Marc Henry Siméon sa dire ai giornalisti del fumo che si alza da Nostra Signora dell’Assunzione, cattedrale “transitoria” di Port-au-Prince, è che la banda armata sta sparando anche ai pompieri giunti per spegnere l’incendio.

Per tutto il giorno scontri a fuoco ed esplosioni hanno scatenato il panico in molte zone della capitale di Haiti. Le bande haitiane hanno chiuso le strade principali, il mercato municipale: i video diffusi da cittadini terrorizzati mostrano i civili correre a braccia alzate verso la polizia, mentre volano i proiettili e l’ispettore generale Pierre Rene Francois denuncia alla radio un tentativo di evasione da un penitenziario del centro della città.

Alla sera, la cattedrale risultava parzialmente bruciata, la facciata demolita da un mezzo pesante usato dalle bande armate nel tentativo di tirarla giù prima di appiccare il fuoco ai portoni laterali. Le mura sono crivellate dai proiettili. «Non sappiamo perché la Cattedrale sia stata l’obiettivo di questo attacco», ha scritto in una nota l’arcidiocesi di Port-au-Prince ringraziando polizia e vigili del fuoco per aver messo in salvo il duomo e invocando la protezione della Vergine.

Sparatorie si sono consumate anche a Cité Soleil, comune della capitale dove tra l’8 e il 17 luglio, sono state ferocemente uccise, ferite o andate disperse nelle violenze tra bande 471 persone. Tremila famiglie sono scappate abbandonando le loro case, 140 le abitazioni divorate dal fuoco. È accaduto tutto in soli nove giorni. Secondo l’Ufficio integrato delle Nazioni Unite ad Haiti, tra gennaio e maggio, si erano già registrati 540 rapimenti e più di 780 omicidi.

Numeri già folli e precipitati due settimane fa, quando le bande armate della coalizione “G-9 an Fanni e Alye” hanno insanguinato le strade di Cité Soleil, uccidendo più di 300 persone (dati National Human Rights Defense Network), disseminando l’asfalto di corpi carbonizzati e macerie delle case irriducibili alle fiamme.

A distanza di un anno dall’assassinio del presidente di Haiti, Jovenel Moïse, il Paese è ancora nelle mani di criminali – in lotta per il controllo delle zone – che assaltano case, stuprano donne, uccidono e reclutano bambini. La polizia ha abbandonato i commissariati di molti quartieri, chi non può scappare è terrorizzato di avventurarsi per le strade. Dal 10 giugno, la banda “5 Seconds” ha preso il controllo del Palazzo di Giustizia di Port-Au-Prince, le udienze sono state sospese, migliaia di persone in detenzione preventiva restano intrappolate nelle prigioni sovraffollate dove l’accesso a cibo, acqua e medicine è nullo o sporadico.

Come a Les Cayes, sud di Haiti, dove la chiusura della strada da Port-au-Prince impedisce i rifornimenti diretti a 833 detenuti (tre volte la capacità della prigione): qui, a giugno, sono morte di fame 8 persone, che si aggiungono alle 54 decedute nelle carceri del paese per denutrizione nei sei mesi precedenti.

Con la presa del Palazzo di giustizia il presidente dell’Associazione dei magistrati haitiani ha denunciato il furto e la distruzione di fascicoli di casi e prove impossibili da recuperare (non esistono copie digitali) su molteplici massacri commessi dal 2018 dalle bande armate, nonché su corruzione, crimini finanziari e omicidi. Il palazzo è sorvegliato dai criminali armati e dai loro droni.

Il coraggio dei missionari in un paese maledetto
A prendersi cura del paese precipitato nel baratro nell’indifferenza del mondo restano i religiosi. Vittime di sequestri, ammazzati a sangue freddo, mai dimentichi della missione di portare speranza «in un paese alla deriva, un paese in cui giovani e bambini non hanno futuro e il popolo non ha presente. Un paese in cui si tamponano emergenze ma non si costruisce mai niente». Come ha scritto suor Marcella Catozza ricordando l’amica suor Luisa Dell’Orto, ammazzata a giugno nella capitale Port-au-Prince dopo vent’anni di missione: «In queste ore la pace è sapere che qualsiasi strada saremo chiamati a percorrere nella vita, Lui l’ha già percorsa».”.

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