TNUNAMI FINANZIARIO SULLE ELEZIONI U.S.A.(L’Ora del Salento, 11 ottobre 2008, pag. 11)

674

OSSERVATORIO GEO-POLITICO

(a cura di Roberto Cavallo)

Sembra davvero che la crisi di un certo capitalismo (quello finanziario) sia ormai arrivata al suo capolinea.Il crollo delle borse – nonostante varie operazioni di salvataggio statali -, sta a dimostrare il fallimento di un sistema divenuto col tempo eccessivamente disinvolto. Puntualmente il Papa ci ricorda che “… I soldi scompaiono, sono niente. Solo la parola di Dio è una realtà solida” (Discorso in occasione dell’apertura dei lavori del Sinodo dei Vescovi sulla Bibbia).

Il problema è che c’è una valanga di carta finanziaria in circolazione, che supera il valore del Pil mondiale del 20%. E’ come dire che non ci sono nel mondo attività produttive a sufficienza per rimborsare i possessori di titoli. Il Prof. Ettore Gotti Tedeschi, banchiere e scrittore (insieme a Rino Cammilleri ha pubblicato “Denaro e Paradiso”, Ed. Piemme), intervistato su Repubblica afferma: “Si è creata una crescita del Pil fittizia, contrapposta alla crescita del Pil reale. Costruita finanziando ciò che non era finanziabile, anche tradendo il mercato, mentre si inneggiava a una solo ipotetica crescita di valore per gli azionisti che non si è rivelata tale …” (Repubblica, 7 ottobre 2008, pag. 9).

Ecco, secondo il Prof. Gotti Tedeschi, alcuni punti critici della finanza mondiale: sono stati portati in Borsa progetti attraenti ma eccessivamente rischiosi; si sono utilizzati strumenti finanziari per confondere i bilanci, anticipando utili ancora incerti o posticipando costi già sostenuti; non si sono esposti in bilancio i debiti di società controllate ma solo il valore – positivo – della partecipazione; in generale è stata fatta passare la percezione della riduzione del rischio …

Gli Stati Uniti sono i più colpiti da questo tsunami finanziario, anche perché la loro situazione già in partenza non era rosea: basti pensare che la Cina, prima antagonista su scala mondiale degli U.S.A., detiene gran parte del debito pubblico americano posseduto all’estero.

Un cataclisma di tale portata, che probabilmente nei prossimi mesi si farà sentire nelle tasche di tutti noi, non è cosa che nasce ieri: le sue origini sono sicuramente lontane, individuabili nella dissociazione fra capitalismo classico e quello, più recente e perverso, esclusivamente finanziario. La cosa strana è che il virus si sia scatenato in tutta la sua forza proprio nell’imminenza delle elezioni statunitensi, cioè nell’imminenza dell’appuntamento elettorale più importante del mondo. Per la posta in palio e per l’eterogeneità dei due contendenti, non è azzardato dire che siamo dinanzi ad una svolta epocale, che avrà riflessi sui futuri equilibri mondiali. Questa crisi senza precedenti indubbiamente fa pendere l’ago della bilancia da una sola parte: quella di Barak Obama. <–>

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui