UN ALTRO COPTO MASSACRATO A COLPI DI ARMA DA FUOCO. È LA NUOVA STRATEGIA DELL’ISIS PER RILANCIARSI IN EGITTO

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Cristiani perseguitati in Nigeria: l’immagine dell’attentato a una chiesa (foto di archivio)

Da “Libero” del 23 febbraio 2017 leggiamo e volentieri pubblichiamo l’articolo di Andrea Morigi: “I cadaveri di un cristiano arso vivo e di suo padre, ucciso con un colpo di pistola alla testa, sono stati rinvenuti ieri in Egitto, ad Al Arish, a poca distanza dal confine con la Striscia di Gaza, nel Sinai nord-orientale.

Le due vittime sono Medhat Hanna, di 45 anni, e Saad Hakim Hanna, 65 anni: il primo messo al rogo davanti agli occhi del padre, immediatamente dopo freddato dai terroristi islamici dell’autoproclamato Stato del Sinai (la filiale locale dell’Isis), che hanno infine abbandonato i due corpi dietro l’edificio di una scuola.

Fra domenica e lunedì lo Stato islamico aveva diffuso un video in cui minacciava altri attacchi contro i copti, definiti la «preda favorita», dopo l’attentato suicida dello scorso 11 dicembre alla cattedrale copta ortodossa di San Marco, nella capitale egiziana, costato la vita a 27 persone, fra le quali sei bambini. Le autorità religiose cristiane non sembrano troppo preoccupate dalla strage segmentata dei propri fedeli. La massima autorità dell’Islam sunnita, Al-Azhar, è convinta che «l’Is sta usando la guerra settaria come nuovo traino, ma il gruppo è vicino alla fine». Anzi, ritiene perfino «ovvio che il video dell’Is mira a esagerare l’attuale forza del gruppo, soprattutto dopo le pesanti perdite sofferte di recente con la perdita della maggior parte dei territori controllati a Mosul in Iraq, Al-Raqqa e Deir Zour in Siria e Sirte in Libia». Semmai «l’Is sta mandando il messaggio che il gruppo è ancora in grado di sferrare attacchi terroristici per poter reclutare giovani musulmani», afferma al-Azhar.

Ciononostante l’allarme, all’interno della comunità cristiana in Egitto, rimane alto. Altri tre copti erano stati assassinati a colpi d’arma da fuoco nella regione del Sinai all’inizio del 2017. Sale così a dieci il bilancio dei cristiani assassinati per odio religioso in Egitto in meno di due mesi. Il 16 gennaio scorso, il 37enne Ishak Ibrahim Fayez Younan, era stato scoperto sgozzato nel suo appartamento nel centro del Cairo. Prima di lui, il chirurgo Bassam Safwat Atta, di 35 anni, era stato ucciso nella propria abitazione il 13 gennaio a Dairut, mentre il 6 gennaio Gamal Sami, 60 anni e sua moglie Nadia, di 48, erano stati trovati morti nel loro letto. Tutti con la gola tagliata. Il 3 gennaio Youssef Lamei, un commerciante di Alessandria, era stato assassinato da un uomo con due colpi di coltello alla giugulare nel proprio negozio, dove vendeva alcolici, davanti ai due figli.

Come contromisura, ma solo relativamente al Sinai settentrionale, lo scorso 24 gennaio il presidente egiziano, Abdel Fatah al Aisi, aveva esteso per altri tre mesi lo stato di emergenza, a due settimane dal duplice attacco, avvenuto lo scorso 9 gennaio, contro due checkpoint delle forze di sicurezza, dove erano morti un civile e otto agenti di polizia. Lo stato di emergenza era stato imposto per la prima volta dopo gli attacchi al checkpoint di Karm al Qwadis, costato la vita a 33 militari delle forze di sicurezza nell’ ottobre del 2014. Da allora è stato esteso ininterrottamente di tre mesi in tre mesi fino a oggi. Lo stato di emergenza copre le municipalità di al Arish, Rafah e le aree circostanti. Dalle 19 alle 6 ora locale è previsto il coprifuoco, che ad al Arish inizia però all’una di notte e finisce sempre alle 6. Chiunque viola il coprifuoco può finire in carcere in base alle disposizioni di una legge del 1958. In realtà, la carneficina dei cristiani aveva avuto un prologo in Libia nel febbraio 2015 con la macabra decapitazione sulla spiaggia di 21 copti egiziani, ripresa dall’Isis in un filmato che aveva suscitato orrore in tutto il mondo. Proprio ieri, nella città costiera libica di Sirte sono stati ritrovati «quattro corpi» che si ritiene appartengano a cittadini egiziani, ma non è ancora chiaro – ha detto all’agenzia Nova il portavoce del ministero della Difesa del governo di accordo nazionale libico riconosciuto dall’Onu, Mohamed al Ghasri – se si tratti o meno di quei cristiani, canonizzati come martiri dalla Chiesa copta ortodossa. Intanto fonti diplomatiche del Cairo hanno spiegato che sono in corso i test del DNA per appurare se i resti umani rinvenuti a Sirte appartengano effettivamente a quei cittadini egiziani di fede copta. I corpi sarebbero stati trovati dai militari dell’operazione Al Bunyan al Marsus in una fossa comune all’interno di un palazzo vicino a Sirte.”.

 

Andrea Morigi 

Da “Libero” del 23 febbraio 2017. Foto da Avvenire 

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