UNITA’ SI, RISORGIMENTO NO

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L’unità politica italian a è una realtà consolidata, ma il processo di unificazione nazionale si è svolto prima attraverso una lunga serie di eventi sanguinosi e drammatici (non ultima la repressione indiscriminata nel Sud contro i cosiddetti “briganti”), quindi mediante una mitizzazione che spesso offende la verità storica, provocando almeno tr e p rofonde ferite che permangono nel tessuto e nella memoria del Paese.

E’ questo, in estrema sintesi, il messaggio che si ricava dalla lettura del recente volume edito dalle Edizioni Cantagalli e curato dagli storici Francesco Pappalardo e Oscar Sanguinetti: “1861-2011. A centocinquant’anni dall’unità d’Italia quale identità?” (Siena, 2011, pagg. 201).

Quali sarebbero allora le tre profonde ferite inflitte dalle politiche risorgimentali al tessuto sociale italiano ? E’ presto detto:

  • la “questione cattolica“, iniziata nel 1848, esplosa nel 1870 con la breccia di Porta Pia e risolta giuridicamente solo dal Concordato e dai Patti Lateranensi molto più tardi, nel 1929;
  • la “questione istituzionale“, nata con la scelta d’imporre a realtà differenti un modello di Stato prefettizio e dunque fortemente centralista, escludendo ogni forma di federalismo sia politico che sociale;
  • · la “questione meridionale“, con l’inizio dell’emigrazione massiccia verso le Americhe e con il consolidamento di realtà criminose come mafia e camorra.

L’Italia, come si sa, non nasce con l’Unità politica realizzata nel 1861.?Fu invece l’eredità preziosa della civiltà romana e di quella medioevale, animata dalla fede cristiana, a spingere gli italiani a modellare il paesaggio, a costruire cattedrali, a fondare università e ospedali, a raggiungere i vertici nelle diverse arti e a servire la Cristianità con politici, diplomatici, militari e uomini di cultura. Formando così quella nazione che annovera nei secoli Dante Alighieri, santa Caterina da Siena, san Francesco d’Assisi, Cristoforo Colombo e i molti altri che nelle arti, nella fede, nella cultura l’hanno popolata e resa grande.?

Il libro curato da Pappalardo e Sanguinetti, che raccoglie una serie di saggi, non mette in questione l’Unità, che è dato di fatto insuperabile, ma invita a riflettere su questa grande eredità storica che precedette il 1861 e sulle molte ferite – talune, come abbiamo visto, ancora oggi aperte – nate in conseguenza di scelte ideologiche risorgimentali e spesso massoniche. Scelte che per principio esclusero politiche di unificazione federaliste e concordatarie (come avvenne, per esempio, in Germania). Quelle ideologie vincenti sono divenute patrimonio culturale comune. Perché? Come Oscar Sanguinetti scrive nel libro, “…La sociologia insegna che nella società esistono culture egemoni e culture subalterne e la critica al Risorgimento è rimasta a lungo parte di quest’ultima.” 

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