U.S.A.: NUOVE SFIDE GEOPOLITICHE (L’Ora del Salento, 22 novembre 2008, pag. 11)

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OSSERVATORIO GEOPOLITICO
(a cura di Roberto Cavallo)

Brasile, Russia, India e Cina: mettete insieme le iniziali di questi quattro paesi e e avrete il BRIC! Dagli analisti è definito Bric Block il prestigioso club che riunisce i governi dei quattro più forti antagonisti della politica economica statunitense ed europea. Non più paesi in via di sviluppo ma economie emergenti e monopolizzatrici dei mercati internazionali.Questo ruolo è ben noto per Russia e Cina; ma anche India e Brasile non stanno a guardare. L’India cerca di inseguire i Cinesi sui mercati del continente nero, accaparrandosi in Africa petrolio ed altre materie prime. Il Brasile con la sua compagnia di Stato petrolifera cerca di dominare – con un certo successo – il mercato energetico sudamericano. Ma i membri più attivi del BRIC sono ovviamente Russia e Cina.

Il Presidente russo Medvedev sta compiendo in questi giorni un tour sudamericano in quello che solo fino a pochi anni fa veniva definito “il cortile di casa degli U.S.A.”. Parteciperà in Perù al Foro di cooperazione economica Asia-Pacifico (Apec) dal 21 al 23 novembre, dopo di che sarà in Brasile, in Venezuela e a Cuba. Il Venezuela e l’isola caraibica stanno diventando lo snodo cruciale della politica internazionale: la Russia è intenzionata a stringere nuovi accordi economici e militari con Raul Castro e con il Presidente venezuelano Chavez, con cui si profila addirittura una possibile cooperazione in campo nucleare.

Ma anche il Presidente cinese Hu Jintao in questo mese di novembre non è stato da meno: prima di partecipare ai lavori dell’Apec, ha avviato nuovi accordi commerciali con Costa Rica, Cuba e Perù. In realtà quasi tutti i paesi del Sud America sono già coinvolti nell’avvolgente partnership cinese: nel paniere vi sono petrolio, rame, zinco, stagno, nichel, soia, carni di vitello e perfino succo d’arancia brasiliano (cfr. “Avvenire” del 16 novembre 2008, pag. 10). Ne consegue così che il Perù venderà alla Cina tutto il suo metallo (rame e zinco) per i prossimi cinque anni, mentre il Cile già esporta al “dragone” l’80% del proprio rame. Cuba fornirà zucchero e nichel, e soprattutto rinsalderà i propri tradizionali legami ideologici con Pechino. Gli Stati Uniti, per ora, non possono fare altro che stare a guardare. Anche per il Sudamerica, però, non è tutto oro ciò che brilla. Già da tempo si avvertono, specialmente nel settore tessile, i contraccolpi del grande “abbraccio” cinese: tante piccole e medie aziende sono state costrette a chiudere perché non competitive con i bassi costi di produzione delle mercanzie provenienti da oltre Pacifico.

 

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