VIVERE NON BASTA: LETTERE A SENECA SULLA FELICITA’ (recensione di David Taglieri)

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“Seneca, maestro mio, ho pensato di scriverti da lontano nella speranza di contravvenire al detto verba volant scripta manent, lasciando che gli scritti prendano il volo….”

Esordisce così Marcello Veneziani nel suo recente saggio: Vivere non basta, lettere a Seneca sulla felicità (Mondadori, 2011).

Conosciamo le lettere di Seneca a Lucilio, uno dei classici della letteratura latina…cosa succederebbe se si ritrovassero le risposte di Lucilio, nel suo ritiro lontano dalla vita pubblica e dalle questioni politiche ?

Proprio da questo stratagemma parte la ricostruzione fantastica del saggista, sempre attento al reale pensiero interpretato  del moralista; il fascino è grande dal momento che si tratta di un coetaneo di Cristo, e che la corrispondenza epistolare viene immaginata come ritrovata sotto forma di carteggi nella ricerca all’interno della casa pompeiana.

La felicità, la bellezza, la verità: temi mai tanto attuali come oggi, concetti considerati purtroppo sotto la lente di ingrandimento di un re lativismo che si assolutizza per poi assumere le fattezze di un nichilismo spiazzante.

Morale e Filosofia, Etica e Religione sono le coordinate intorno alle quali si formulano dilemmi, interrogativi, passioni e questioni esistenziali: la bellezza del mondo nella luce del pensiero, un’analisi della vita dedicata.

Lucilio lontano da Roma riflette con densa felicità e calma lungimirante e in questa serenità da sfondo comprende che la vita va dedicata a qualcosa, a qualcuno, la Patria, Dio o gli dei, le arti, i mestieri tutto secondo la propria indole, capacità e sensibilità.

Spunti sull’amicizia, con la differenza fondamentale fra amici della spensieratezza e amici del pensiero, sempre più rari; la vita ti può essere maestra nelle sfide di tutti i giorni, la poesia amica.

La meta celeste la si raggiunge solo nell’eternità, è questo un postulato incontrovertibile, ma la felicità come la filosofia è già nel tragitto; nella stessa ottica Lucilio ci insegna a far convivere felicità e malinconia, perché è umano cercare la pr ima, nob ile ospitare la seconda, i doni della prima si gustano sbocciati appena, quelli della seconda quando sfioriscono.

Si passa poi ad approfondire il tema della perfezione, con un tentativo di definizione che la descrive come l’energia di un ragazzo con la saggezza di un anziano. Con l’età l’uomo è maggiormente in grado di assaporare le conquiste del pensiero e la filosofia nasce e si rinnova nello stupore di essere al mondo.

Finché vive tale sensazione, l’emozione non si spenge mai, e l’esistenza si salva dall’abbrutimento e dall’abitudine.

Non manca il riferimento alla libertà, che senza legami, sradicata, rischia di far cadere l’uomo nell’oblio. La Patria in questo senso difende quelle radici, quella storia connessa al parametro del tempo, quella lingua cemento di unità.

Nei giorni del clamore per l’ ultimo disco di Vasco Rossi, nel silenzio dei canali politcally correct, l’appuntamento con la riflessione lo si poteva fissare in libreria, quasi un contro-manifesto di speranza e valori al Nuovo Manifesto Futurista del cantante di Zocca, immerso nel nichilismo vitalista e nell’edonismo fin troppo  giovanilista.

Un campanello d’allarme per chi riversa tutto nella frenesia, nel divertimento a tutti i costi, nel benessere come misura di felicità: Lucilio ci insegna che molta gente considera la riflessione vita sprecata; ma affanni, fatiche vita vociante sono solo rumore se non trovano una dimensione interiore, perché solo questa può stabilire la superiorità di una vita.

E poi ancora l’Amore che non è un modo di dire – o movimenti corporei di pura esistenza -, ma il filo conduttore della vita che non ne permette la dispersione.

Centrale poi il capitolo su Gesù ed i falsi profeti, e una frase: “….in me si sovrappone il ricordo di quel corpo inchiodato ad una croce a testa in giù che vidi in Roma, e l’incrociarsi dei nostri sguardi da punti di vista prossimi ma così capovolti…osservando dalla terra, io guardavo diritto e lui al rovescio, osservando dal cielo era il contrario….

Dunque una bussola cartacea per fronteggiare le sfide di un mondo che ci impone con invadenza esteriorità, fracasso, azione per l’azione mai ragionata, la vita non va solo pienamente vissuta, ma anche concettualizzata, interiorizzata, dedicata a Qualcosa a Qualcuno, alla Sete di Infinito.

Perché vivere non basta.

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