NON C’E’ RELAZIONE FRA TERRORISMO ISLAMICO E POVERTA’

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ground-zero Riportiamo dal FOGLIO del 07 maggio 2010, a pag. 3, l’editoriale dal titolo “Terrorismo lauto e laureato”:

“Mohamed Atta, l’asso dell’11 settembre, non aveva conosciuto un giorno di povertà. Eppure, secondo la vulgata, i kamikaze sono gli “oppressi del pianeta”, figli di enormi sacche di povertà e disperazione create dall’Occidente. Che non ci sia relazione tra povertà e terrorismo ce lo dice la storia di Faisal Shahzad, mancato attentatore a Times Square. Una casa da trecentomila dollari, una moglie del Colorado, laureato, figlio dell’ alta borghesia pachistana, sorride sempre nelle fotografie scattate nei mall americani. Gli amici dicono che era “moderno”. Ibn Khattab, capo terrorista ceceno, girava in limousine prima di darsi alla guerra santa e in Iraq sono andati a farsi esplodere tanti figli di tycoon sauditi.  Jason Burke, autore di un libro su al Qaida, dice che è laur eato e benestante il profilo del militante disposto a far scorrere il sangue. La tentazione di spiegare il terrorismo come in digenza post coloniale risente di logore categorie secolariste che minimizzano il ruolo della religione. E’ stato un errore culturale strategico dopo l’11 settembre. Lo stesso vale per i suicidi di Hamas: classe media, i più istruiti, alcuni figli di milionari. “Giovani modello” come Shahzad, che sembra uscito dal romanzo di Hamid Mohsin “Il fondamentalista riluttante”, in cui il terrorista pachistano dopo la laurea a Princeton è assunto da una società newyorchese. Come l’assassino di Daniel Pearl, Ahmed Sheikh, della London School of Economics e figlio di un ricco commerciante. Le immagini ci mostrano un bravo ragazzo, la riga da una parte e in cuore l’odio per gli infedeli. Se il terrorismo non germina nella polvere e nell’analfabetismo, ma è lauto e laureato, per sconfiggerlo si deve stare all’offensiva. La campagna terroristica contro l’Occidente come sistema di valori e interessi, compresi i suoi alleati nel mondo arabo, non si è fermata perché Obama ha giudicato inservibile l’espressione “guerra al terrore”. I manichini del jihad che si fregiano di combattere per il Profeta vogliono spazzar via le nostre libertà con l’ imposizione di un regime di sottomissione. Tutte le estenuanti regole in aeroporto si sono rivelate fragili, perché sia l’attentatore di Times Square sia quello di Natale erano riusciti a imbarcarsi. Per questo la nostra vigilanza ha senso soltanto se comprendiamo che stiamo ancora combattendo una guerra multifronte contro l’islamismo radicale.”

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