LA CHIESA IN LIBIA (L’Ora del Salento, 17 e 23 marzo 2007, pag.11)

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libia_palmeto.jpg OSSERVATORIO GEO-POLITICO

A cura di Roberto Cavallo

Esiste una Chiesa in Libi a? Sì, e ce lo conferma il numero di marzo di Mondo e Missione, il mensile del PIME (Pontificio Istituto Missioni Estere).
Nonostante sia difficile immaginare una comunità ecclesiale nel Paese del colonnello Gheddafi, la Chiesa c’è ed è viva.

Sono poche dec ine d i migliaia i cristiani di Libia, guidati dal vescovo di Tripoli Mons. Giovanni Martinelli ed inseriti in un mosaico di nazionalità e di confessioni.
Ne fanno parte esclusivamente lavoratori stranieri, impiegati soprattutto nel settore petrolifero: dagli ingegneri italiani e tedeschi agli operai egiziani, molti dei quali cristiani di rito copto. Qui l’ecumenismo prima ancora di essere un’esperienza teologica e biblica è un’esigenza di carattere pratico, in quanto i cristiani delle diverse confessioni sono talmente polverizzati fra città e villaggi che una stessa celebrazione accomuna, per esempio, cattolici, ortodossi e copti.
Le chiese cattoliche sono soltanto due: una a Tripoli, la capitale, e l’altra a Bengasi, seconda città del Paese. Questa chiesa fu saccheggiata durante la sommossa del febbraio 2006, all’indomani della pubblicazione in Francia delle ormai famose vignette su Maometto. A parte quell’episodio, i cristiani sono ben tollerati, a patto che rinuncino a qualsiasi forma di evangelizzazione: nessun libico infatti può essere battezzato.
La Chiesa libica è dunque una Chiesa per soli stranieri, sia europei che asiatici (lavoratori libanesi, iracheni, indiani, filippini) e africani (egiziani, nigeriani, ivoriani e molti altri ancora). Oltre alle due chiese sopra citate ci sono varie cappelle: in qualche ambasciata a Tripoli e nelle poche case religiose delle suore (una sessantina in tutto), che lavorano in ambito sanitario ed assistenziale. Le suore sono particolarmente stimate e richieste dalle stesse autorità libiche, perchè a fronte di buone strutture ospedaliere e valide capacità tecniche non esiste nel Paese una cultura dell’assistenza sanitaria fondata sulla gratuità e sullo spirito di s ervizio. Solo le suore riescono a tr asmettere, specie ai malati terminali, tanto cristiani che musulmani, il conforto disinteressato per il fratello ammalato e sofferente. E questo è molto apprezzato. Nell’estremo sud, ai margini del deserto, a Sebha alcune cappelle sono state aperte dal missionario veneziano padre Vanni Bressan, 75 anni. Le cappelle fanno parte di un sistema di accoglienza (con scuola e laboratori artigianali) messo su per fronteggiare l’emergenza dei cattolici che arrivano dall’Africa sub-sahariana, specie nigeriani, in transito nel deserto libico per raggiungere le coste del Mediterraneo e quindi il miraggio di un lavoro in Europa. A chi gli chiede perchè non si fermano in Libia, dove comunque molti di loro riescono a trovare un’occupazione, rispondono che non hanno più voglia di vivere in un Paese islamico. Così preferiscono affidarsi ai trafficanti di esseri umani e alle loro carrette del mare. Roberto Cavallo


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