KOSOVO, LA BASE DELL’ISIS IN EUROPA CON I SOLDI DELL’ARABIA SAUDITA

771

download (1)Da “La Stampa” di ieri 23 maggio 2015 (pag. 9) riprendiamo e pubblichiamo l’interessante articolo di Paolo Mastrolilli:  “Il Kosovo è diventato il principale centro di reclutamento in Europa per l’Isis, e in generale per l’islam radicale, promosso dai finanziamenti inviati dall’Arabia Saudita. Lo conferma un’inchiesta pubblicata ieri dal New York Times, a cui bisogna aggiungere le preoccupazioni degli operativi della sicurezza in Europa, che da tempo si lamentano per la mancanza di accesso e collaborazione con le autorità locali nella lotta al terrorismo. «Il Kosovo – dicono – è diventato un buco nero. Spesso non possiamo averlo nemmeno al tavolo delle nostre riunioni, in parte per l’opposizione che viene dalla Serbia».

Questa è una storia molto dolorosa per gli americani, e per tutti i membri della Nato, perché nel 1999 furono proprio i bombardamenti dell’Alleanza Atlantica che consentirono al Kosovo di liberarsi dalla morsa di Belgrado. Subito dopo però i sauditi iniziarono ad infiltrare la regione, che da mezzo secolo era il bastione di una interpretazione tollerante dell’islam, per imporre al suo posto la visione estremista di wahhabismo e salafismo.
Il risultato è che negli ultimi due anni la polizia locale ha individuato 314 kosovari che hanno aderito all’Isis, il numero più alto in Europa. Tra di loro ci sono almeno due terroristi che si sono fatti saltare in aria, 44 donne e 28 bambini. Gli investigatori hanno incriminato 67 persone, arrestato 14 imam e chiuso 19 organizzazioni islamiche che violavano la costituzione incitando i fedeli alla violenza. L’ultima condanna è stata comminata venerdì scorso, a 10 anni di prigione, contro Zekirja Qazimi, l’ex studente di una madrasa diventato agente del wahhabismo in Kosovo.

Il meccanismo rivelato dall’inchiesta del Times è molto preciso.
Dal 1999 in poi l’Arabia ha cominciato ad inviare finanziamenti e uomini per sostituire la tradizionale scuola hanafita, dominante nella regione dall’epoca dell’Impero ottomano, con quella wahhabita. Milioni di euro, trasferiti attraverso organizzazioni caritatevoli come il Saudi Joint Relief Committee for Kosovo, al Haramain, e al Waqf al Islami, che in realtà servivano a diffondere estremismo e terrorismo. Prima in favore di al Qaeda, e poi dell’Isis. Il Kosovo ora ha 800 moschee, di cui 240 sono state costruite dopo la guerra, con i soldi dell’Arabia. Questi centri promuovono la sharia, la jihad e il takfirismo, che autorizza l’uccisione dei musulmani eretici. Attaccano gli imam moderati e spingono i giovani studenti, come è successo con Albert Berisha, ad andare a combattere in Siria. Questo flusso ora sembra destinato ad aumentare, per le difficoltà che l’Isis sta incontrando nel Paese dove è nato e in Iraq: «Ci potranno cacciare da Raqqa – ha detto un suo portavoce – ma non ci sconfiggeranno». La strategia infatti è quella di espandersi in altri Paesi, come è già accaduto in Libia.

La presenza in Kosovo è particolarmente preoccupante per gli europei e per l’Italia, perché potrebbe diventare una base per organizzare attentati nel continente. Gli investigatori occidentali, infatti, denunciano non solo il traffico di esseri umani, ma pure quello di armi attraverso questa zona.

Il problema è anche politico. Il Kosovo funziona come uno stato, offrendo quindi agli estremisti le strutture di cui hanno bisogno, ma ufficialmente non lo è, e questo limita la cooperazione con le autorità degli altri Paesi…”.

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui