DOPO IL DIVORZIO FACILE E BREVE. FORZA FAMIGLIA, NONOSTANTE LA CLASSE POLITICA! (di Marco Invernizzi)

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Divorzi-e1406647630770-460x264Se ci fosse bisogno di una ulteriore conferma dell’inaffidabilità delle forze politiche che si trovano in Parlamento, questa è venuta dal voto del Senato che ieri mercoledì 18 marzo ha approvato un disegno di legge che introduce anche il “divorzio breve” dopo il “divorzio facile”, che era già stato introdotto dal governo Renzi in ottobre, eliminando la necessità che la richiesta di divorzio passasse attraverso il Presidente del Tribunale, di fatto riducendo la procedura del divorzio a un contratto privato. Adesso il divorzio sarà anche “breve” oltre che “facile”. Infatti, basteranno soltanto dodici mesi o sei se la separazione è consensuale. Una ulteriore novità prevedeva il “divorzio immediato” con l’eliminazione di qualsiasi periodo di separazione nel caso non ci fossero figli minorenni e il consenso degli sposi, ma questa norma è stata stralciata anche per la pressione dell’associazionismo pro-famiglia, con due lettere inviate a poche ore di distanza ai senatori da parte dei Comitati Si alla famiglia (vedi comunitambrosiana.org).

Ma non c’è da stare allegri, anzi! Il divorzio ora è più facile e breve, anche se non ancora immediato come vorrebbero certe forze della sinistra, e la famiglia è diventata  qualcosa di ulteriormente privato, che può sciogliersi come un qualsiasi contratto, cessando di essere la cellula fondamentale della società, cioè il fondamento su cui appoggia il bene comune di una nazione.

Ebbene questo provvedimento, che dovrà ancora ritornare alla Camera prima di diventare legge dello Stato, è stato votato da 228 senatori con soli 11 voti contrari e 11 astenuti. Tutti i partiti presenti in Senato lo hanno sostenuto, sia della maggioranza sia della opposizione. Come dire che la sera litigano in Tv ma poi votano insieme e quei pochissimi parlamentari che sono contrari devono esprimersi in Senato contro il voto espresso dal loro partito di appartenenza.

Questa è la realtà e non ci stupisce più di tanto, avendola prevista da tempo. Stupisce un po’, questo è vero, l’insipienza anche politica di forze politiche di opposizione, come la Lega, e di governo, come il Nuovo centro destra, che dovrebbero avere interesse a cercare di rappresentare quell’elettorato contrario a ridurre matrimonio e famiglia nell’ambito del privato. Avranno fatto altre valutazioni. Saranno state conquistate anche loro dalla “dittatura del relativismo” oppure, più semplicemente e più probabilmente, non avranno capito che cosa stava accadendo in Senato. In ogni caso dimostrando un alto tasso di inaffidabilità.

Ci dispiace, ma dalla realtà dobbiamo partire e della realtà dobbiamo tenere conto. Questo significa tenere conto che l’ambito dove intensificare e manifestare l’opposizione a queste leggi rimane la piazza, nel senso più esteso del termine. Significa organizzare sempre più e dovunque sia possibile incontri, conferenze, corsi, veglie, anche nelle case private, invitando gli amici, in cui informare i partecipanti di quello che succede e invitarli a ripetere ovunque possibile questo genere di propaganda. Significa farlo seriamente, senza alzare inutilmente i toni, senza stracciarsi le vesti perché i politici fanno cattive leggi, i vescovi tacciono e i giornali sono tutti dall’altra parte. Lo sappiamo, ne teniamo conto, ma smettiamola di lamentarci e facciamo qualcosa nelle nostre possibilità. Smettiamo di polemizzare con l’amico accanto, che conduce la nostra stessa battaglia magari in modo diverso da noi, e cerchiamo invece di costruire delle reti, dei collegamenti fra le tante persone che non si sono arrese. Consapevoli di essere una minoranza, certamente, ma certi anche che il matrimonio e la famiglia stanno ancora nel cuore di milioni di persone.

P.S.

Se siete lettori della carta stampata non pensiate di trovare molti articoli sui giornali che trattino quanto accaduto. Dovreste frugare fra le pagine molto interne dei quotidiani, forse con la sola eccezione de La Croce, che ha pubblicato l’editoriale di Giancarlo Cerrelli. E credo che lo stesso valga per i giornali online, con la sola eccezione dell’articolo di Alfredo Mantovano sulla Nuova Bussola Quotidiana.

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