APPELLO DI PREGHIERA PER GLI ARMENI DEL NAGORNO-KARABAKH

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La piccola enclave del Nagorno-Karabakh, nel sud-ovest dell’Azerbaijan, nei primi anni ’90 fu teatro di un sanguinoso conflitto tra la maggioranza etnica armena, sostenuta dalla Repubblica Armena, e la Repubblica dell’Azerbaijan.

Dopo un fragile cessate il fuoco, nel 2020 e poi ancora nel 2022 nuovi scontri hanno avuto luogo tra Armeni e Azeri.

In questi ultimi anni l’esercito azero, sostenuto dalla Turchia di Erdogan, ha bombardato non solo la Repubblica di Artsakh – l’autoproclamata repubblica del Nagorno-Karabakh – ma anche lo stesso territorio nazionale dell’Armenia. L’appoggio di Erdogan dal 2020 in poi è stato determinante: non solo propagandistico ed economico, ma anche militare, con droni e mercenari siriani.

Il Nagorno-Karabakh al tempo dell’Unione Sovietica faceva formalmente parte dello stato azero, ma poi è diventato de facto indipendente, in quanto popolato nella quasi totalità da armeni cristiani.

Con il sostanziale disimpegno dei soldati russi – che pure si erano impegnati a garantire la fine delle ostilità e a proteggere le vie di comunicazione dell’enclave – oggi il Nagorno-Karabakh è stretto in una morsa avvolgente, e perfino periodici di sinistra come Internazionale (Il Nagorno Karabackh sull’orlo della fame, n. 1528, 8 settembre, pag. 30) in questi giorni denunciano il tentativo di pulizia etnica che, ancora una volta, colpisce il popolo armeno. 

A tal proposito riportiamo l’appello di preghiera che il cardinale Raymond Leo Burke ha lanciato per il popolo armeno del Nagorno Karabakh, che da mesi e mesi soffre una terribile persecuzione da parte dei musulmani dell’Azerbaijan: “Nella festa della decapitazione di San Giovanni Battista, dopo aver celebrato pochi giorni fa la festa dell’apostolo San Bartolomeo (24 agosto) che, insieme a San Giuda Taddeo, portò Cristo in Armenia nel primo secolo cristiano, il mio pensiero va a Sua Santità Papa Benedetto XV e ai suoi instancabili sforzi per venire in aiuto del popolo armeno mentre su di esso si scatenava l’orrore del genocidio all’inizio della Prima Guerra Mondiale. Nel suo discorso in occasione del Concistoro per la creazione dei cardinali di Santa Romana Chiesa, il 6 dicembre 1915, egli rifletté sullo stato oltremodo turbolento del mondo in quel momento. Facendo particolare riferimento al popolo armeno, dichiarò: “Il pietosissimo popolo armeno è portato vicino all’annientamento” (“miserrima Armeniorum gens prope ad interitum adducitur”) (Acta Apostolicae Sedis VII, p. 510).

I nostri fratelli e sorelle armeni sanno bene cosa significa essere massacrati per la loro fede, la loro storia, il loro stile di vita intriso di gioia cristiana. Sanno cosa significa portare la croce con Nostro Signore, essere braccati e arrestati con false accuse, marciare nel deserto senza cibo e acqua, essere massacrati. Loro hanno l’onore di essere cristiani fin dai tempi degli apostoli Bartolomeo e Giuda Taddeo. Nel loro incessante amore per Cristo, hanno versato il loro sangue per testimoniare la verità della fede apostolica. Ora, vengono nuovamente aggrediti.

Dal dicembre 2022, i 120.000 armeni del Nagorno Karabakh (o Artsakh, come chiamano la loro antica patria) sono sotto assedio.

Non hanno più gas per l’energia. Non hanno mezzi di trasporto pubblici o privati. I loro agricoltori vengono assaliti sotto la minaccia delle armi e non possono raccogliere i loro raccolti. Le scorte di cibo sono pericolosamente basse. I tribunali hanno denunciato l’assedio. I governi hanno denunciato l’assedio.

Ma, per ora, nessuno è venuto al fianco delle vittime di questa gravissima ingiustizia per alleviare la loro fame e la loro sete. La voce di Nostro Signore risuona chiaramente nelle nostre orecchie: “ciò che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40). Le sue parole devono rimanere sempre nel nostro cuore che, come ci ricorda Sant’Agostino, è inquieto finché non riposa nel suo Sacratissimo Cuore.

Non c’è posto per il silenzio e l’inazione davanti alla crudele persecuzione, anzi all’annientamento dei nostri fratelli e sorelle armeni. 

Diamo voce pubblica a ciò che Nostro Signore ispira nei nostri cuori a favore dei nostri fratelli e sorelle armeni, affinché tutti la possano sentire. Eleviamo a Nostro Signore preghiere ferventi e incessanti per il popolo armeno. Accorriamo anche noi al loro fianco. Portiamo loro cibo e bevande.

Spero un giorno di andare in pellegrinaggio al Corridoio di Lachin. È un luogo armeno molto antico in cui si venerano le ossa dell’apostolo Giuda Taddeo che, con San Bartolomeo, predicò per primo il Vangelo in Armenia. Facciamoci tutti pellegrini, almeno con la nostra preghiera quotidiana, per celebrare con gioia la presenza viva di Nostro Signore tra i suoi fratelli e sorelle dell’Armenia. Il Vangelo ci dice: “La luce splende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno vinta” (Gv 1, 5).

Con i santi Bartolomeo e Giuda Taddeo, stiamo dalla parte della Luce che è Cristo, il Re del Cielo e della Terra, il Re della Pace, a nome dei suoi fedeli in Armenia, i nostri fratelli e le nostre sorelle sottoposti a una sofferenza così terribile. Vi prego di unirvi a me nella preghiera e nell’azione al fianco del popolo armeno.”.