GIUSTIZIA ITALIANA: RIFORMA ALL’ORIZZONTE (di David Taglieri)

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Nel messaggio di insediamento del Presidente della Repubblica dello scorso 3 febbraio, un passaggio fondamentale è stato rappresentato dall’urgenza di riformare la giustizia.

Fra le altre cose, Sergio Mattarella ha detto: “I cittadini devono poter nutrire convintamente fiducia e non diffidenza verso la giustizia e l’ordine giudiziario. Neppure devono avvertire timore per il rischio di decisioni arbitrarie o imprevedibili che, in contrasto con la certezza del diritto, incidono sulla vita delle persone. Va sempre avvertita la grande delicatezza della necessaria responsabilità che la Repubblica affida ai magistrati. La Magistratura e l’Avvocatura sono chiamate ad assicurare che il processo riformatore si realizzi, facendo recuperare appieno prestigio e credibilità alla funzione giustizia, allineandola agli standard europei.”.

Per quanto molti media abbiano cercato di celarlo, il Presidente della Repubblica ha finalmente evidenziato il gap tutto italiano, il disagio e l’imbarazzo di fronte ad uno strapotere giudiziario che metterebbe in crisi qualsiasi trattato dei diritti umani.

E’ urgente e necessario procedere ad una riforma sostanziale, che scardini le vecchie logiche vetuste, stantie e pelose, le quali stringono il cittadino dentro tempi lunghi, stress, tensioni, angosce, in balia di decisioni che si trascinano negli anni, per una certa Magistratura abile nel credersi onnipotente, burocratica, disumana…

Ne ha parlato la scorsa settimana Davide Varì su il Dubbio: il direttore ha messo in rilievo – per la prima volta nelle parole di un Capo dello Stato – il ruolo preminente dell’avvocatura: magistratura e avvocatura, insieme e non in posizione di subalternità, sono chiamate ad assicurare lo svolgimento e l’avverarsi del processo riformatore.

Paolo Guzzanti su il Giornale ha descritto un Mattarella deciso e determinato nel prendere le distanze con il passato, desideroso finalmente di mostrarsi differente dal precedente settennato: nettezza garbata, oseremmo dire.

Procedere alla riforma significa svecchiare, andare a cercare nella mappa il sentiero di una Giustizia giusta, meno farraginosa, meno spocchiosa e possibilmente non troppo schierata dal punto di vista culturale e ideologico.

E così, a quasi tre anni dallo scandalo Palamara che ha travolto la magistratura e il Csm, lo scorso 12 febbraio il governo Draghi ha approvato in Consiglio dei Ministri la riforma dell’ordinamento giudiziario (cosiddetta Riforma Cartabia), definita «ineludibile» per provare a ricostruire la fiducia dei cittadini verso la giustizia.

Vediamo… ne riparleremo.

 

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