IL GOVERNO DEI GIUDICI (recensione a cura di David Taglieri)

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Il governo dei giudici

Sabino Cassese è professore della School of Government della Luiss, giudice emerito della Corte Costituzionale e professore della Scuola Normale di Pisa; con competenza, cultura e saggezza nei suoi libri ha sempre analizzato il mondo della giustizia, nelle sue problematiche, nella volontà di apportare dei miglioramenti laddove le cose funzionavano e funzionano, e operare invece delle correzioni laddove le storture prevalgono.

Il governo dei giudici, edizioni Laterza (marzo 2022), approfondisce la questione legata alla dilatazione del ruolo dei magistrati, con la connessa inefficacia ed inefficienza del sistema giudiziario italiano.

Come la storia del Paese ci insegna, spesso e volentieri il mondo della magistratura è entrato a gamba tesa nella politica, nell’economia, nella società e nella vita stessa dei cittadini, talvolta rendendo l’esistenza amara e dolorosa a tante persone concrete.

Sabino Cassese evidenzia come specialmente le procure abbiano acquisito un ruolo e una posizione preminenti; non è un caso che molti esperti parlino senza se e senza ma di una Repubblica dei Pubblici Ministeri, che trae origine dall’abuso dell’obbligatorietà dell’azione penale.

Così mentre l’enorme arretrato incrina la certezza del diritto e produce sanzioni economiche all’Italia, la cronaca giudiziaria è divenuta il principale foro della giustizia penale oltre che un mezzo di lotta politica. Così la fase delle indagini annichilisce quella del dibattimento e soprattutto della sentenza definitiva, assolutoria nella maggioranza dei casi.

Non mancano componenti emozionali legate al protagonismo e all’autoreferenzialità di molti magistrati, convinti di essere investiti di una superiore missione moralizzatrice – tipo palingenesi sociale – più che del dovere di accertare i fatti nella loro nuda realtà.

Nel primo capitolo l’interrogativo apre un approfondimento che è una finestra su quello che sta accadendo: si è passati dallo Stato di diritto allo Stato di giustizia? E l’accrescimento del potere dei magistrati non è forse dovuto alla debolezza della politica rappresentativa?

Tanto meno si confida negli uomini politici, tanto più – forse per una ricerca di conforto, forse per una teoria della compensazione – si apprezza e si riconosce rilevanza all’indipendenza dei magistrati. Quest’ultima, però, pur sancita dalla Costituzione, non deve fare rima con l’eccessiva intraprendenza e con la voglia di sopraffare. 

All’interno del saggio è fondamentale il paragrafo in cui ci si domanda se sia necessario introdurre dei limiti al potere della magistratura.

Viaggiando nella letteratura giuridica, Sabino Cassese, editorialista del Corriere della Sera e del Foglio, vaglia ipotesi di problem solving: si potrebbero introdurre nuove responsabilità per i magistrati? o si potrebbero moltiplicare le teorie sulla separazione e la separatezza delle funzioni – se ne parla tanto -, ma non si mettono mai in campo interventi incisivi. Forse più che pensare alla separazione delle carriere fra magistratura inquirente e magistratura giudicante, già sarebbe sufficiente – scrive l’Autore – spezzare il cordone fra procure e mass media…

La seconda parte del libro è prevalentemente dedicata alla profondità e alla semantica del titolo: il governo giudiziario.

La necessità di chiarire quanto l’intraprendenza di certi magistrati crei uno Stato nello Stato si sposa con la volontà di descrivere i modi attraverso i quali alcuni di loro hanno fatto politica, si sono distinti in azioni talvolta discutibili, hanno involontariamente o volontariamente, in ordine sparso, creato una letteratura, caso di studio per la storia italiana.

Una domanda contiene la risposta, ma apre spunti di riflessioni fondamentali: la magistratura è diventata parte della governance nazionale?

Lo Stato contemporaneo non costituisce soltanto un soggetto hobbesiano che garantisce al suo interno sicurezza e pace, ma è, per dirla alla Germania Style, un Jurisdiktionsstaat: uno Stato guidato da una magistratura pervasiva ed onnipresente, anche nella pubblica amministrazione con incarichi di consulenza e/o puramente amministrativi.

La Costituzione si era preoccupata di preservare l’indipendenza dell’ordine giudiziario dall’esecutivo, ma forse non si preoccupò abbastanza di prevenire l’invadenza del potere giudiziario in quello  legislativo e della politica in generale.

Interessante anche l’analisi del canale dei media audiovisivi e della stampa, che spesso amplificano come un megafono a cielo aperto storie di vita e questioni giudiziarie che meriterebbero di essere approfondite solo all’interno dei tribunali.

Dovere di cronaca? si pensiamo noi, ma da contemperare con il diritto alla garanzia e in certi casi alla riservatezza.

Sono presenti nel saggio tanti ingredienti, dosati con semplicità e saggezza, con la delicatezza del ragionamento fatto con il lettore, e la determinazione nel voler comprendere la possibilità di creare le premesse per una possibile convivenza fra giustizia e Giusto.

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