IL PROGRAMMA DI DONALD TRUMP. RICORDANDO REAGAN (di Marco Respinti)

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La rockstar Madonna, icona dell’establishment “politicamente corretto” contro il nuovo Presidente U.S.A.

“… Il primo discorso di Donald Trump al Congresso è stato un manifesto. Determinazione e affabilità, toni secchi ma non duri, risolutezza e semplicità: atteggiamenti che Trump ha coltivati immaginiamo con quale sforzo, ma martedì sera li ha sfoggiati alla perfezione. Drastica riduzione delle tasse, riarmo militare draconiano, lotta senza quartiere allo statalismo attraverso la cancellazione della riforma sanitaria voluta da Barack Obama. Tutto in linea con premesse o promesse, ma stavolta detto meglio: non l’urlo strozzato del pirata all’arrembaggio, ma una cultura di governo assodata.

Il taglio delle tasse riguarderà soprattutto le imprese. Le imposte sul reddito delle società, infatti (praticamente la nostra Ires), negli Stati Uniti ammontano al 39,6% (35% di aliquota federale, più una media di circa il 4% di aliquote statali), le più alte dei Paesi dell’OCSE di un 15% di media; per questo Trump propose di abbassarle proprio al 15%. Se anche solo le lasciasse a un livello doppio di quanto promesso, Trump passerò alla storia come Reagan quando firmò il maggior taglio fiscale della storia americana, effettivo dal 13 agosto 1981. È così che rifarebbe grandi gli Stati Uniti.

L’incremento delle spese militari annunciato è il più ingente dalla fine della Seconda guerra mondiale: 54 miliardi di dollari. Una follia? Quando Reagan decretò l’escalation militare, tutti gli diedero del pazzo guerrafondaio. Ma fu la sua decisione di alzare la posta in gioco alle stelle come James Bond in Casino Royale a far implodere il sistema sovietico, travolgendolo. Oggi l’URSS non c’è più, ma Trump non ha alcuna intenzione di essere lo zimbello del mondo come lo è stato Barack Obama e come Reagan punta a sbancare tutti (la genuina sorpresa con cui Mosca ha reagito all’annunciato aumento delle spese militari fa peraltro giustizia di tutto il bla bla sul Trump filoputiniano).

E il ripudio dell’“Obamacare” è quello che i Repubblicani del Congresso – la Destra movimentista – vogliono sentirsi ripetere: è una misura importante in sé, poiché cancella una riforma maldestra e maliziosa, ed è importante come simbolo, giacché è stato quello il marchio di un’era detestata. Al suo primo discorso inaugurale, il 20 gennaio 1981, Reagan disse: «Nella crisi attuale, il governo non è la soluzione al nostro problema; il problema è il governo». È così che la narrazione continua.

In più rispetto all’imitatio reganiana (allora non era un problema grave come oggi), Trump ci ha messo il tema dell’immigrazione, trattato certo con secchezza ma senza inutili irrigidimenti.

Ciò che sia Trump sia Reagan hanno cercato assumendo i poteri è l’effetto shock e l’impulso booster: la doccia che raggela gli avversari ma scalda gli alleati finalmente autorizzati a svincolare l’entusiasmo dal guinzaglio. Reagan ci riuscì, e a quel che sembra pare esserci riuscito pure Trump. Al netto delle partigianerie impenitenti, il suo discorso di martedì 28 febbraio 2017 è infatti piaciuto. Al netto di quello che gli avversari non potranno mai concedergli, nessuno può però negare che il suo primo discorso solenne sia stato sul serio, finalmente presidenziale. Forse l’era Trump è cominciata davvero.”.

Marco Respinti

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