IN MEMORIA DI SILVIO BERLUSCONI (di David Taglieri)

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Le biografie adesso si sprecheranno, le ipocrisie di chi lo ha odiato si tramuteranno in riconoscimenti postumi, con le dovute premesse e contestualizzazioni. Ovviamente esistono anche persone che hanno esultato alla dipartita del Silvio nazionale, ma non meritano commenti perchè non si fermano nemmeno davanti ai confini della vita.

Berlusconi ha rappresentato un motore fondamentale nella creazione del lavoro e nella narrazione di un ventennio importante, quello degli anni ‘80 e ‘90 dove ha pensato, elaborato, pianificato e realizzato un nuovo modello di informazione.

Con dinamismo, immediatezza, tendenza spumeggiante a rappresentare il passaggio verso un nuovo mondo ha marcato un‘epoca; in politica è sceso per arginare la potente macchina da guerra progressista, che in un frangente ha pensato di avere in mano le redini del Paese.

Guastafeste per la sinistra, fantasista per la destra; un certo pianeta conservatore non trovava rappresentanza, schiacciata come era la Dc dalla cultura di sinistra. La Democrazia Cristiana aveva abbandonato non solo la sua matrice tradizionale, ma le stesse lezioni della dottrina sociale della Chiesa, per sposare il pauperismo assistenzialista di marca progressista.

Il Movimento Sociale Italiano fu sdoganato dai vicoli bui della cultura politica e della politica culturale, ed i cespugli DC che non trovavano diritto di abitazione hanno trovato una contestualizzazione nel Popolo delle Libertà.

Fu cemento di coesione fra il nordismo leghista e la destra sociale, fra i democristiani ed un certo raccordo di centrodestra snobbato per troppo tempo.

Un fantasista, talvolta narcisista, ma con un’autoironia che è madre della filosofia: tolse il vestito ipocrita di una politica manierata ai palazzi e rese il dibattito assai meno abbottonato.

Fu fonte di ispirazione, imitazione, invidia. Non si può disconoscere che fosse sempre solare e che rendesse i dialoghi e le discussioni molto più appassionanti e brillanti.

Talvolta l’eccesso mediatico spostava e marginalizzava i contenuti, che però venivano ripresi sui titoli di coda.

In politica interna fu un re nel giostrare le alleanze e nelle idee, meno nell’attuazione delle stesse, anche a causa di alleati inaffidabili ed indolenti. Il suo colpo d’ala fu la caparbietà milanese e il calore mediterraneo.

Una certa stampa, una certa magistratura, artisti sinistroidi lo hanno ucciso moralmente: si può non condividerne nulla, ma l’acrimonia fa male a chi la riceve, e soprattutto a chi la esercita.

Uomo con qualità, vizi, limiti e talenti, rientrava per ciò nella categoria del genere umano; e questo, tanti lo dimenticavano, o adulandolo all’inverosimile per conseguire carriere e prebende, o riversando tutta la frustrazione per non essere assimilabili a lui.

Nello sport fece grande il suo Milan, si inventò due grandi allenatori come Fabio Capello e Arrigo Sacchi mettendo bocca pure sulle formazioni. Da persone intelligenti i mister capirono e talvolta attuarono…

Dei guai giudiziari politicamente indotti hanno parlato in tanti; servirebbero molteplici fonti che non cancellano il fatto che gli arbitri tirassero fuori il cartellino rosso a prescindere.

Brillante in tanti campi, specialista in più settori, fantasista nella creatività e nelle intuizioni.

Circondato da invidia estrema: non quella positiva che spinge a domandarsi il perchè del successo e della costruzione, ha vissuto anni felici ed infelici allo stesso tempo.

Con il centrodestra al governo avrebbe potuto fare immensamente di più per la cultura, sottraendola all’egemonia sinistra: classici autori ed artisti di riferimento non mancavano.

Come non mancano intellettuali di area ed indipendenti contemporanei, come Massimo Fini, Pietrangelo Buttafuoco, Marcello Veneziani, Antonio Socci, sui quali forse avrebbe potuto insistere con più forza nel panorama radiotelevisivo; nel ‘94 si circondò di grandi specialisti nei vari settori di competenza, Martino, Ferrara, Urbani e via dicendo.

Passò poi agli yesmen e si vide la differenza.

Una minor megalomania lo avrebbe consegnato alla storia come un grande statista, ma restò un fantasista del suo tempo, che rimarrà nei libri di storia.

Interpretò spontaneamente la parte dell’outsider, libero da protocolli, formalità, populista sì ma vicino al sentore delle persone; empatia, sicurezza, determinazione, coraggio. Il rischio dell’imprenditore di proferire anche una bischerata, ma viva la sincerità.

Errori molteplici soprattutto nella seconda parte della carriera, ma sempre con la volontà di incidere.

Al di là di ogni giudizio serve il rispetto, minimo sindacale anche da parte di chi lo ha osteggiato con durezza e nella migliore delle ipotesi con volgarità becera.

Deponiamo le armi: per chi crede al giudizio del Creatore, per chi non crede, alla profondità del silenzio.