L’OBBLIGO DI EVANGELIZZARE (di Marco Invernizzi)

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azaCare amiche, cari amici,

se ho ben ascoltato e capito le parole dell’arcivescovo di Milano quando il 28 maggio ha incontrato in Duomo il clero della diocesi, si tratta di convincere quest’ultima, clero e laici, parrocchie, movimenti e associazioni, a portare Gesù Cristo a tutti gli uomini e le donne perché riconoscano in Lui il Salvatore.

Si tratta, cioè, di trasformare in un senso missionario il nostro modo di essere cattolici nel mondo contemporaneo, prendendo sul serio quanto il Magistero della Chiesa ci chiede almeno dall’esortazione apostolica Evangelii nuntiandi di papa Paolo VI, che risale al 1975.

La cosa è meno semplice di quanto possa apparire a prima vista. Si tratta di mutare diverse abitudini. Soprattutto però si tratta di essere convinti che Cristo sia il Signore anche di chi non lo conosce o la ha rifiutato e che il dovere del battezzato consiste nel non rassegnarsi mai, nel non sentirsi mai tranquillo finché tutti gli uomini non abbiano riconosciuto che nel Cristianesimo si trova la salvezza.

Questo comporta cambiare atteggiamento in molte circostanze. Per esempio cominciando a pregare per la conversione dei tanti musulmani, buddisti e seguaci di altre religioni che la Provvidenza ha portato nelle nostre città e invitando i fedeli a proporre la fede cristiana a chi l’ha rifiutata o non la ha mai accolta anche perché nessuno gliela ha mai presentata. Questo significa andare a incontrare le “periferie esistenziali”, come invita a fare papa Francesco, dove gli uomini soffrono a causa della povertà materiale e per la mancanza della fede.

Naturalmente questo atteggiamento renderebbe necessaria un’apologetica adeguata, che metta il cattolico in grado di rispondere alle obiezioni che gli verranno rivolte da tutte queste persone lontane dalla fede e questo comporterà non soltanto studiare il Catechismo della Chiesa Cattolica e la storia della Chiesa, ma anche conoscere le altre religioni, le obiezioni ideologiche che vengono rivolte alla fede, tenendosi aggiornati seguendo le indicazioni del Magistero pontificio e del vescovo. Infine, si tratta di studiare la dottrina sociale della Chiesa come “parte integrante della fede cattolica” (Giovanni XXIII), affinché divenga il criterio di riferimento dell’azione politica di coloro che si ritengono cattolici.

Tutto questo avrebbe delle conseguenze. Non diventeremmo simpatici ai tanti uomini di potere che, nella stampa, nella cultura, nella politica e nella finanza, sono stati abituati a considerare i cattolici come quelli che accudiscono gli anziani e si preoccupano dei bambini, ma non si permettono di giudicare e soprattutto di costruire un mondo conforme al Vangelo. Tuttavia adesso la cosa importante è prepararsi per assumere una mentalità diversa. I cattolici sono diventati una minoranza, anche in Italia, per quanto numerosa. Devono assumerne le caratteristiche in particolare nella prospettiva delle “minoranze creative” a cui faceva riferimento papa Benedetto XVI, soprattutto nel campo dell’apostolato, ed essere disposti a sopportarne le conseguenze. Il Magistero dei Papi, da tempo, e quello dell’arcivescovo Scola spingono in questa direzione.

 

 

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