PENSIERO IDENTITARIO CONTRO PENSIERO UNICO (di David Taglieri)

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downloadGiovedì 29 novembre presso Palazzo Ferrajoli in Roma si è tenuta una conferenza organizzata da IntelligoNews in collaborazione con Cantiere Italia sul tema Pensiero Identitario contro Pensiero unico, con un’attenzione tutta particolare alle categorie politiche e metapolitiche che possono aiutare a recuperare la Destra in Italia, in un periodo di deserto culturale dove gli unici approdi partitici sembrano la Lega di Salvini o i Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

Soprattutto – al di là degli schieramenti – l’urgenza più grande evidenziata da tutti i relatori ha preso le sembianze di un pensiero, che in un’epoca di frenesia è sempre più cancellato, snobbato, censurato.

Lo ha affermato con nettezza Fabrizio di Stefano di Forza Italia, testimone della spaccatura del partito a tratti liberale e liberista, a tratti a vocazione conservatrice, sul Ddl Cirinnà (a suo parere una destra reale non dovrebbe nemmeno riunirsi per mettere in dubbio le basi del diritto naturale di famiglia).

Ed infatti da oggi il partito di Forza Italia rappresenta un vero ibrido, dove troviamo all’interno tutto ed il contrario di tutto e che non ha ancora preso posizione.

Marcello Veneziani, scrittore e giornalista, ha spostato la lente di ingrandimento sul linguaggio e le nuove declinazioni della lingua; parlare di Pensiero Unico è di per sé scorretto, sarebbe meglio identificare questo male attuale con il termine Potere Unico, ovvero un pensiero che non pensa. Questa situazione è stata determinata da un primato economico-finanziario che ha travolto la storia come ventaglio di possibilità, con il liberismo economico divenuto bussola esistenziale; dal primato della tecnica che da strumento si è trasformata in scopo, scopo e principio vitale per il nativo digitale, colui che è nato nell’era del social network e di internet e che non sarebbe nemmeno in grado di pensare alla realtà senza il web; dal primato del nuovo codice bioetico, laddove non esiste una Natura, ma tutto è in evoluzione sulla scorta della lezione sessantottina.

Si è affermato inoltre il regno del politicamente corretto con il galateo dell’ipocrisia: certe parole sono vietate, di altre si abusa nei media, nella politica e anche nella società civile, travolta in ultima istanza da questo effetto a catena.

Il potere uniforma ed il pensiero unico si accoda per automatismo (la lezione di Karl Schmitt).

L’imperativo è one way, non ci si chiede più perché si va verso una certa direzione, ci si va e basta perché questo viene imposto dalla pubblicità e dalla società subdola ed insinuante.

Lo scrittore Fabio Torriero ha messo in luce come giornali, tv, radio e rete si riempiano la bocca di tolleranza verso tutto e tutti, principio scartato quando si tratta invece di combattere gli oppositori del pensiero unico.

Il mondo globale insegue la ricerca di un governo unico mondiale, con una sola economia, una moda omologante ed una commistione fra poteri economici finanziari ed informazione.

Dalla religione civile del gender parte la strategia di disegnare un uomo nuovo dalle mille declinazioni e dai mille orientamenti, senza limiti ed identità.

Un tempo esistevano dei freni al pensare economico fine a se stesso (al limite si studiava ancora la storia del pensiero economico); oggi tutte le forme di reazione si sono attenuate ed il desiderio è divenuto dittatura.

Sul terreno di incontro fra liberalismo e socialismo Smith e Marcuse hanno partorito la dittatura del pensare dell’io che è diventato il parametro di riferimento, il valore assoluto.

La globalizzazione delle mode e delle omologazioni ci ha resi schiavi reali di una logica mondiale.

Le multinazionali dei Soros e dei Gate finanziano il gender, proprio per disegnare un mondo nuovo, indefinito e dai contorni devastanti.

Alain de Benoist prendendo la parola ha definito il clima sociopolitico, specchio della società, afoso e inquinato, di alternanze inflazionate, e non di alternative; alternanze dettate dal tempo, perché non si appartiene più ad un territorio, ad una tradizione, ad una bandiera, ma ad un tempo di mode e di oscillazioni; la pubblicità decide per noi, quello che ci deve piacere e le scelte da fare.

Stupisce il sonno nel quale si stanno facendo trasportare le persone; l’uomo al centro di tutto, in un umanesimo volgare dove non è premiato il valore, ma escono rafforzati gli aspetti più biechi e legati alla pancia dell’elettore consumatore.

Si diventa così egoisti in assenza di un limite che ci comunichi i nostri difetti ma anche i nostri punti di forza; vero metro dunque.

Trionfa l’ideologia del medesimo, gli uomini sono gli stessi dappertutto, la diversità è bandita, non contano le differenze sessuali, nazionali, antropologiche in generale.

La logica del profitto meramente economico ha stretto alleanza con il minestrone dei diritti civili, abbattendo i vecchi steccati fra destra e sinistra; è necessario prendere le distanze dalla tecnopolitica che ha ridotto la tecnica a scopo della politica e non viceversa.

Parlando in positivo le idee devono tornare a sostituire le cose, le macchine non devono essere cancellate, ma nel caso puntare alla qualità e non soltanto alla velocità, metafora dell’epoca attuale.

E si torna alle alternative: ce ne sono tantissime, miliardi, e quindi la scelta non è mai così democratica e convinta, perché si è bombardati da mille messaggi senza poter avere il tempo di decifrarli tutti.

Mille prodotti uguali, siano pepsi o coca, sempre cola è (De Benoist).

Proposta: Veneziani propone di liberarsi dalla dittatura del presente, valorizzando sia i ricordi che la progettualità; non si pensa e ricorda più nulla, non si pianifica.

Liberarsi dall’ottica economica-finanziaria anche attraverso percorsi comunitari culturali che restituiscano la sete di valori tradizionali ed universali, con l’identità al primo posto, recuperando la storia come ventaglio delle possibilità, come bagaglio prezioso di errori e virtuosità da consegnare a giovani e meno giovani; puntare alla qualità della vita ribaltando la religione materialista e rilanciando il sistema Italia attraverso le sue risorse umane, culturali, artigianali.

Tradizione non oggetto di museo, ma continuità come un filo che si trasmetta fra le generazioni.

Europa ed Italia stanno lanciando a destra e sinistra movimenti populisti che intercettano il sentire comune senza rielaborarlo in cultura.

Produrre cultura, terreno prepolitico per la politica; sono d’accordo Torriero e de Benoist; il primo parla di un’ identità cattolica da rafforzare non in campo religioso, ma in campo antropologico e sociale, perché quel cattolicesimo ha permeato Italia ed Europa.

Lo stesso prende le distanze dalla Lega e da Salvini, che con l’astio non portano avanti argomenti a favore di discorsi legati all’appartenenza e all’identità di altri popoli cattolici che pure ci possono arricchire.

De Benoist insiste su uno stretto collegamento fra Natura e Cultura, perché prima della seconda viene la il dato naturale; l’imperativo è combattere il narcisismo e l’ego della società ipertrofica, veloce e della quantità; costruire relazioni umane, riedificarle.

Un pomeriggio di grande interesse che suona come un grido politicamente scorretto nel tempio del pensiero – anzi – del potere unico.

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