PICCOLA RASSEGNA STAMPA (di David Taglieri)

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Giorni difficili questi, nei quali dovremmo fermarci tutti a riflettere, a pensare e a pregare, coltivando gli interessi e lavorando da casa.
Maurizio Belpietro sulla “Verità” di mercoledì 18 marzo parla della chiusura delle frontiere europee e della ridiscussione di un progetto che mai come in questo momento sembra fallimentare: l’Europa senza spina dorsale e senza valori se non quelli economici. 
Bruxelles ha deciso il blocco totale degli arrivi, stop che non varrà per i migranti. Lo si apprende dalle affermazioni di Adalbert Jahnz, portavoce della Commissione europea, secondo il quale ogni restrizione va bilanciata con il principio di non respingimento.
Luca Telese a pagina 12 intervista Maurizio Longo – segretario generale dell’associazione di categoria dei trasportatori – che afferma che per giorni i conducenti dei camion non hanno potuto usare i bagni degli autogrill, con le aziende che vietano la discesa dal mezzo.
Marcello Veneziani in prima pagina analizza le paure e le ansie di tutti noi di fronte a questo mostro invisibile. Il contagio, secondo l’editorialista, disarma la società tecnologica con le sue certezze scientifiche.
Stefano Filippi a pagina 10 elenca i pro ed i contro del protocollo veneto targato Zaia che vorrebbe estendere il tampone a tutti.
Sul “Foglio” David Carretta presenta l’Europa del nuovo mondo, quella dove sarà inutile discutere del patto di stabilità o del tetto del tre per cento… Mariarosa Mancuso prosegue la rubrica sui consigli per stare a casa nel miglior modo possibile. 
Daniele Raineri si domanda: quanti giorni ci vogliono prima di dire che un paese è libero al cento per cento da un virus?
Sulla “Nazione” del 17 marzo Michele Brambilla invita le persone a rileggersi il Manzoni ed i suoi Promessi Sposi per comprendere la ripetizione della storia e i modi per trarne lezione soffermandosi su passi importantissimi che dovrebbero farci crescere e migliorare.
Giuseppe Alberto Faci ha intervistato nei giorni scorsi Paolo Crepet che spiega quanto in questo momento la società sia in crisi e quanto gli individui facciano fatica a modificare le proprie abitudini: “Di certo siamo aiutati dal fatto che a differenza dei tempi della peste veneziana oggi c’è internet. All’epoca c’era un passaparola di morte, adesso invece sappiamo tutto. Siamo informati, e questa cosa in qualche modo ti aiuta a sapere, ma ti fa salire anche l’angoscia perché non sai quando finirà tutto. E’ questo il problema.”.
Nei giorni scorsi Claudio Risè sulla Verità si è occupato di un tema spinoso, ecco il titolo: “Il Covid-19 non ci è arrivato addosso. Ce lo siamo andati a prendere noi”.
Agnese Pini sulla “Nazione” affronta in un editoriale la problematica di un’Europa sfilacciata, molto differente da quella che avevano in mente i suoi padri fondatori. Un’Europa che deve guardarsi allo specchio, aggiungiamo noi, per individuare una soluzione che sia davvero comunitaria. Crediamo soprattutto che questo sia veramente il momento del silenzio, dell’ascolto interiore, della connessione con l’Alto.
Gianluca Nicoletti nella sua rubrica Obliquamente sulla “Stampa” si domanda il senso degli abbracci virtuali se, allo stesso tempo, quelle medesime persone fisicamente a volte nemmeno si salutano. O il senso dei balconi festosi e delle ole, se intorno a noi qualcuno ha subito un lutto. Quanto – dice – possono essere felici di sentire Azzurro alle 18 del pomeriggio se hanno perso un familiare?
Chiediamo al buon Dio di saperci sacrificare, un piccolo sacrificio di fronte ai camici consumati degli eroi sanitari. Perché chi sta a casa non è un eroe, anche se ci costa riconoscerlo: chi resta a casa in questo momento compie solo il suo dovere, niente di più e niente di meno.

 

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