FIRENZE (di David Taglieri)

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Firenze a livello mondiale è una delle città più intrise di storia; è commistione di elementi architettonici e artistici, visuali panoramiche per l’anima e il cuore. Un’affermazione e un’immagine magari scontate, ma che Franco Cardini ribadisce con efficacia nel suo saggio “Piccola Storia di Firenze” (Pacini Editore, 2003).

Lo scrittore è un fiorentino verace, amante della storia, non in senso cronologico ma come dinamiche ed eventi con tempo, spazio e personaggi che hanno fatto la vita di una realtà urbana.

Piccola e allo stesso tempo grande, laboratorio d’ingegni e passioni, raccontata con semplicità e purezza ma non imparzialmente, perché descritta da un fiorentino simpaticamente fazioso e innamorato del capoluogo toscano.

Dalle origini sino a fine ottocento, la “Piccola Storia di Firenze” è una fotografia sull’Arno, che va osservata, pensata, vissuta.

E poi i colori. Il verde del paesaggio, tutto quel verde delle colline, ma anche quello delle terrazze e delle coste che portano a San Miniato al Monte passando per piazzale Michelangelo; il verde che si sposa con i marmi policromi e l’azzurro del cielo che protegge, insomma una cartolina all’aperto. E ancora i bianchi marmi di Lucca, Carrara, Pisa, città rivali ma valorizzate e trapiantate in qualche maniera nella realtà dei geni, pronti a levigare e a dare forma alla materia a loro  disposizione.

Firenze così chiusa quando fra i suoi vicoli ragiona -da secoli- su come difendersi e rafforzare territori e ricchezze, ma allo stesso tempo così grande quando si erge a metropoli, piccola ma metropoli, che durante la narrazione storica ha dialogato con il mondo e ha esportato i suoi valorosi uomini.

Cardini ci mostra quanto un territorio possa influenzare una città e il suo popolo, che a sua volta interverrà con il suo ingegno, passione, sentimento sul contesto spazio-temporale: il fiume, i ponti, uno più caratteristico dell’altro e le viottole che profumano di pane e schiacciata, quelle viottole che sono un sogno pronto a farsi realtà.

La Firenze cristiana – quella delle Chiese – scrigni del trionfo sacrale e della devozione geniale degli artisti.

Le trattorie che viaggiano sui vicoli interni e che emanano odori di gastronomia locale, estro e genio dei fiorentini, bravi a sfruttare ciò che si trova nelle campagne e dentro i paesaggi.

Un tesoro  d’arte e intorno tanto verde e tanta Toscana.

Cardini non sottovaluta la geopolitica, ovvero quanto clima, contesto geografico  e cultura, spesso figlia dei primi due elementi, influenzino il tutto, e nel percorso cronologico artisti, letterati, poeti, musicisti e cantanti.

La Firenze delle Compagnie delle Arti, il Duecento e il Trecento, con il potere politico che almeno allora era attento alle impostazioni culturali, e la stessa cultura interessata alla politica.

Una compenetrazione che fece di Firenze una potenza di primo ordine; la ricercatezza, la perfezione geometrica, la finalità dell’ordine, tutte caratteristiche riversate sulle opere d’arte che contraddistinguono il fiorentino stesso.

Così aperto alla cultura, vitale e pieno d’interessi, socievole al punto giusto ma anche prudente e talvolta irritabile facilmente.

Croce e delizia di Firenze, l’uomo che cerca le perfezioni geometriche, l’uomo che si arrabbia per un non nulla: Firenze è anche questa.

Si spiegano con tali specificità le personalità di Michelangelo, di Dante e di tanti altri ancora.

Firenze rapisce chi la visita la prima volta, e prima o poi bisogna tornarci perché, come cantava Enzo Ghinazzi, non vedi nulla in una volta sola.

Cardini si concentra sul rapporto Arte-Storia-Uomini; da lì si dipanano tutte le potenzialità di una città che col tempo ha subito molte critiche, talvolta per invidia, talvolta per i lati scorbutici del toscano orgoglioso del suo luogo nativo.

E soprattutto ci insegna a leggere la storia non come mera sequenza di date, ma come possibilità di imparare dagli errori e ricominciare dai meriti, con umiltà ma tanta fierezza delle origini.

 

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