STORIA MODERNA DELLA DROGA. DALLE UTOPIE ALLA REALTA’ (di Fabio Bernabei)

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Fabio Bernabei, “Storia moderna della Droga. Dalle Utopie alla Realtà” (Edizioni Pagine, Roma 2010, pp. 116, Euro 13)

Perché è necessaria una storia della droga? E perché scriverla per biografie?

Tutti gli operatori e gli esperti del settore antidroga si sono confrontati almeno una volta con dei luoghi comuni che sono di inciampo nella delicata opera di prevenzione e di contrasto alla piaga sociale della tossicodipendenza.

Non possiamo enumerarli tutti, ne ricordiamo qui solo un paio: i principali.

1) Gli ingenti interessi economici che la criminalitá organizzata trae dalla produzione e il traffico di droga, ne sono origine e causa;

2) L’uso di droghe e’ sempre esistito in tutte le societá fin dagli albori della storia dell’ uomo ed e’ presente nella societa’ per rimanere.

Vero? Falso! Noi possiamo dire senza tema di smentita che esiste una data di inizio della diffusione contemporanea di massa delle sostanze psicoattive, e che si possono individuare dei precisi responsabili che poco o nulla hanno a che fare con la criminalità o con la ricerca di un profitto personale di tipo economico.

Sono esistite, come é noto, qui e la’ nel corso della storia, alcuni episodi di epidemie di droga legate a specifiche cause, come l’ignoranza dei reali effetti di questa o quella sostanza.

Del tutto originale invece é la situazione odierna di una pandemia del policonsumo di droghe, trasversale ad ogni segmento della popolazione.

Basta ritornare un poco indietro ai tempi, agli anni ’50, in cui nelle democrazie evolute vigeva un regime normativo che prevedeva la sanzione penale di qualunque attivitá relativa alla droga, ivi compreso il possesso e l’ uso personale, ma anche e soprattutto la condanna unanime, morale e civile, che considerava l’assunzione di droghe, per uso non medico, non compatibile in alcun modo con il rispetto della dignitá propria di ogni essere umano.

Il celebre film EasyRider, per dare un esempio del disvalore che esisteva per l’uso di sostanze psicotrope, venne autoprodotto dagli attori, perche’ tutte le Mayor di Hollywood si rifiutarono di produrre quello che rimane alla storia come il primo film in cui si mostrano in maniera acritica dei protagonisti che assumono droghe, implicita propaganda all’uso.

Erano i tempi in cui le rilevazioni statistiche davano gli indici di consumo delle droghe nella popolazione prossimi allo 0 %.

La tesi secondo cui sarebbe stata la criminalita’ organizzata a diffondere in larga parte della popolazione, specialmente quella giovanile, uno stile di vita che contempli l’uso, continuativo o saltuario, di droga non regge ad una analisi cronologica anche superficiale.

Se e’ vero che organizzazioni come la ‘Ndrangheta a fronte di una stima di 43 miliardi di euro di ricavi annui, piu’ di 27 miliardi derivano dal commercio di droga (Eurispes 2007), con una proporzione in netta ascesa, e’ altrettanto vero che l’inizio del coinvolgimento della Mafia sicilana, principalmente verso gli Stati Uniti, data i primi anni ’70, molti anni dopo il boom della diffusione tra i giovani.  Mentre quello della Camorra e della Sacra Corona Unita addirittura risale ai primi anni ’80, analogamente a quello della ‘Ndragheta stessa.

Mai e poi mai nella storia la criminalitá, per definizione ai margini della societá civile, ha creato stili di vita fatti propri dalla maggioranza della popolazione.

Eppure il consumo di droga, dalla destabilizzazione del singolo assuntore e, spesso della sua famiglia, ha moltiplicato i suoi effetti ormai a livello geopolitico al punto che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite si e’ trovato all’unanimitá a votare una Dichiarazione Presidenziale che invita i Governi a considerare il traffico di droga come una delle piu’ gravi minacce alla sicurezza internazionale e alla Governance degli Stati sovrani in tutte le regioni del mondo.

Allora non possiamo non condividere la riflessione dell’esponente radicale Emma Bonino quando, da Commissaria Europea, ribadí che “in realtà, sulla questione droghe (vecchie, nuove o nuovissime che siano) si gioca una partita di fondo. Una sfida tra due modelli politici e culturali opposti. Un confronto – e’ ancora l’esponente radicale a parlare – tra due società da costruire”.

La necessità di una storia delle idee riguardo alla droga nasce proprio dal fatto che il fenomeno della droga non può essere considerato su un piano meramente sociologico o nei soli risvolti criminali o medico-scientifici.

E qui veniamo velocemente al secondo quesito posto all’inizio. Quale contributo possono dare delle biografie di intellettuali alla soluzione del “problema droga”?

Chi è interessato a comprendere le vere cause dell’attuale diffusione di droga non può ignorare le radici storiche del moderno pensiero relativista, che può essere meglio compreso attraverso la vita di quegli intellettuali che hanno individuato nell’uso di sostanze psicotrope uno degli elementi principali per l’attuazione di un progetto di cambiamento radicale della società umana.

La droga infatti incide sulla personalità del giovane nella fase delicata della sua adolescenza, in cui egli, aprendosi alla società, definisce il suo “sistema di valori”. 

Anche senza divenire tossicodipendente, o subire danni fisici da intossicazioni, l’adolescente che consuma droghe modifica le sue abitudini, i suoi parametri comportamentali e i suoi criteri di analisi, imboccando la via della “trasgressione” ai valori che dovrebbe ricevere in famiglia o nella scuola.

I “cattivi maestri” che, negli anni ’50, ’60 e ’70, hanno codificato prima e promosso poi il diritto all’uso di massa, non più elitario, di droghe, non si sono certo nascosti, al contrario.

Possiamo quindi leggere con chiarezza nei loro scritti e nelle loro azioni, perché, ad esempio, Allen Ginsberg e gli accoliti della Beat generation, viaggino per mesi nella giungla sudamericana al fine di scovare sciamani che usano sostanze psicoattive e poi promuoverle tra gli studenti delle maggiori università americane e non solo, con degli happening che contavano ogni volta decine di migliaia di partecipanti.

O conoscere come William Burroughs, lo scrittore all’epoca più popolare tra i Beat, che con i suoi romanzi renderà epica la condizione di tossicodipendente, sviluppò delle tecniche artistiche e letterarie, come il cut-up, per negare il primato della logica, del pensiero consequenziale, e liberare così la mente dalle convenzioni.

Oppure il perché Timothy Leary abbia avviato ricerche scientifiche con lo scopo dichiarato di sintetizzare droghe psichedeliche di facile riproduzione, che potessero far deragliare i sensi dell’assuntore e ricreare così, con nuove coscienze singole e collettive, un uomo nuovo e una nuova società.

La capacità di questi maitre á penser del nichilismo moderno di rappresentare e diffondere le proprie idee con inedite tecniche e strategie politico-propagandistiche é uno dei motivi della loro rapida diffusione.

Marshall McLuhan, lo studioso delle comunicazioni di massa, vide anch’esso le droghe sintetiche come un medium per cambiare il modo di vivere dell’uomo, e si deve proprio a lui l’invenzione degli slogan più popolari che accompagnarono la diffusione delle sostanze nell’era psichedelica.

La mancanza poi di una vera resistenza da parte delle istituzioni, del tutto culturalmente impreparate a ciò che stava avvenendo, ha permesso ai principii di questo relativismo etico, nato underground ed alternativo, di essere ormai dominante.

La storia dell’umanità, quindi, ancora una volta non e’ stata disegnata da bande criminali o dalle singole sostanze, ma da degli ideali che si sono imposti alle società a partire da elites patologiche, antitetiche.

Ideali che hanno avuto successo nella misura in cui queste elites sono riuscite a incarnare con convinzione i principi in cui credevano e a comunicarli.

Ma se degli uomini e delle donne, come quelli descritti nel libro, sono riusciti a mutare il corso della storia di popoli e nazioni, di continenti interi, perché non possiamo riflettere sul fatto che altri uomini e altre donne possano a loro volta riproporre con successo un cammino inverso?

Benedetto XVI ha ribadito che “l’apostolato educativo e sociale” dei cattolici deve impegnarsi anche nella “battaglia contro il commercio e l’uso di droghe”, e che questo impegno civico per avere successo, secondo il Pontefice, “richiede grande determinazione politica, cooperazione internazionale e il sostegno della comunità”.

La cooperazione e la determinazione nel creare un movimento popolare pro-droga sono stati anche gli elementi chiave del successo dell’ideologia drogastica negli anni ’50 e ’60.

L’elemento decisivo, ieri come oggi, é il sostegno attivo della società civile, il coinvolgimento concreto dell’opinione pubblica che confuti e isoli i luoghi comuni e gli slogan spacciati dalla lobby pro-droga ai nostri giovani, e meno giovani, e avviare così un processo virtuoso che ci riporti ad una Società libera da ogni droga.

 

 

 

 

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