Notizie dall’estero 5 Giugno 2006

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alan-garcia-1.jpg Un cordiale ben ritrovati a tutti i nostri ascoltatori.
La pagina di oggi sull’informazione internazionale ci presenta diversi argomenti degni di nota. Prima di iniziare ricordo come al solito che è possibile inviare un e-mail all’indirizzo di posta elettronica radioqueen@virgilio.it, oppure comunque telefonare allo 0832-331144 per esprimere la vostra opinione, o per chiedere qualcosa sui fatti più importanti della settimana a livello internazionale.


Oggi apriamo la nostra finestra sul mondo, recandoci in America Latina. Incominciamo quindi con il Perù, dove le elezioni presidenziali di domenica 4 giugno hanno sancito la vittoria del candidato socialista Alan Garcia,
In realtà si tratta di un grande ritorno, perchè dal 1985 al 1990 Alan Garcia aveva già ricoperto la carica di Presidente della Repubblica, a soli 35 anni. Negli anni ’80 fu amico di Bettino Craxi, e anche grazie all’interessamento dell’internazionale socialista ottenne cospicui finanziamenti dalla cooperazione internazionale. Le grandi opere pubbliche che avrebbero dovuto garantire lo sviluppo, però, languirono, m entr e il suo periodo di governo è ricordato per l’ipeinflazione, che raggiunse il 7000 %.
Dopo la vittoria elettorale nel 1990 del suo rivale, Fujimori, la magistratura peruviana avviò varie inchieste sul suo conto, per corruzione e arricchimento illecito. Così Alan Garcia dovette fuggire prima in Colombia e poi in Francia. Adesso, dopo un indulto concessogli dal Presidente uscente Alejandro Toledo, è ritornato in Perù e si è presentato all’elettorato pentito e consapevole dei suoi errori in campo economico. Ma il successo elettorale è arrivato più che per i suoi meriti personali per essersi opposto con determinazione all’ex colonnello dell’esercito Ollanta Humala. Ollanta Humala dalla stampa internazionale è stato definito come un nazionalista. Di fatto si è politicamente affermato alla scuola di Fidel Castro, e imita da vicino il nuovo modello sudamericano che ha avuto successo tanto nel Venezuela di Ugo C havez che nella Bolivia del Presidente Evo Morales. Insomma dopo Ugo Chavez ed Evo Morales, Ollanta Humala sarebbe stato il terzo Presidente latino-americano radicalmente anti-statunitense e filo-castrista. Ormai tutta l’America Latina, salvo poche eccezioni, si dibatte fra maggioranze socialiste e riformiste, come per esempio quelle che governano Brasile e Cile, e raggruppamenti politici che fanno dell’estremismo anti-liberale e anti-capitalista e dell’ amicizia con Fidel Castro il loro punto di forza. Ugo Chavez – secondo quanto riporta nel suo articolo l’inviato di Repubblica in Perù (5 giugno, pag.19) – è intervenuto pesantemente, e in più occasioni, nella campagna elettorale del Paese andino, con espliciti appelli a votare a favore di Ollanta Humala e con gravi accuse nei confronti del suo rivale Garcia.

Forse tutto questo ha un po’ spaventato l’elettorato peruviano, che invece ha preferito incoronare il volto già noto, quello del già presidente Alan Garcia. Ovviamente anche nel programma di Ollanta Humala vi era forte il richiamo alle nazionalizzazioni delle risorse minerarie del Paese: oro, gas e petrolio. Humala resta comunque un personaggio politico di prim’ordine: suo padre Isaac, un maestro elementare ex comunista, fu il fondatore dell’etno-cacerismo, un movimento che proclama la supremazia culturale degli Indios.
Alle trame politiche sudamericane di Hugo Chavez, sostenuto in sor dina dal leader maximo Fidel Castro, ha risposto di no anche la Colombia, rea per Chavez di mantenere buoni rapporti con gli Stati Uniti. Il 28 maggio scorso la Colombia dilaniata dalla guerriglia marxista e dai suoi alleati del narco-traffico, ha premiato per la seconda volta consecutiva il Presidente Alvaro Uribe, che a questo suo secondo mandato ha notevolmente incrementato il numero dei propri consensi elettorali, sfiorando i due terzi dei suffragi. Alvaro Uribe rappresenta la destra conservatrice e neo-liberale, in ottimi rapporti con gli U.S.A., con cui condivide la necessità di opporsi all’alleanza strategica fra i guerriglieri marxisti delle Farc e i narcotrafficanti. La vittoria di Uribe il 28 maggio scorso, e quella di Alan Garcia di domenica scorsa 4 giugno, spezzano dunque l’alone di invincibilità che Hugo Chavez era riuscito a costruire con sapienza intorno alla sua persona. Il rischio era insomma quello dell’effetto domino, con un ritorno alla grande del castrismo cubano in tutta l’America Latina. Chavez è stato bloccato. Adesso per rafforzare le rispettive posizioni, già gli occhi sono puntati sull’Ecuador, dove ad ottobre la sfida fra i filo-castristi e i liberal filo-statunitensi è destinata a ripetersi ancora.
Passiamo ora ad un altro argomento, e ritorniamo a parlare di Iraq, dove la situazione rischia di incancrenirsi. nelle scorse puntate abbiamo già visto ed elencato i successi elettorali che hanno caratterizzato quest’ultimo anno e mezzo di guerra in Iraq, prove di democrazia riuscite e che hanno condotto a varare una costituzione e a formare parlamento e governo. Adesso l’iter si è bloccato intorno alla nomina del Ministro della difesa e di quello degli Interni: si comprende che si tratta di due posti di altissima responsabilità e potere, per cui non è facile districare la matassa delle varie opzioni e pretese. Intanto la guerriglia da una parte e i mass media dall’altra, continuano a gettare ombra sull’operato degli Americani e della forza multinazionale in Iraq. Mentre i terroristi non esitano a massacrare perfino giovani studenti e a rapire, per poi torturare e uccidere, anche semplici lavoratori ed operai iracheni, la stampa occidentale sembra assecondare il linciaggio morale dei soldati statunitensi avviato dai video diffusi da Al Qaeda. Come nel 1975 la guerra del Vietnam fu vinta, prima ancora che dai guerriglieri marxisti Vietcong, dai giornalisti dell’Occidente, che sbattevano in prima pagina i marines americani rei di varie atrocità, altrettanto sembra stia avvenendo oggi con l’Iraq. Un gruppo di Marines, per esempio, è attualmente sotto accusa per il massacro di Haditha, una cittadina ad ovest di Baghdad: qui pare che i soldati americani il 19 novembre 2005 abbiano ucciso a freddo 24 iracheni, fra cui donne e bambini e un vecchio sulla sedia a rotelle. All’inizio si era parlato dell’esplosione di una granata, ma poi in seguito alla diffusione di un video che ritraeva i soldati americani, è stata avviata dai comandi militari un’inchiesta. Non solo in Iraq e in Europa, ma pure negli Stati Uniti si sta così avviando una campagna giornalistica dai toni sempre più aspri, che mira a denunciare questo ed altri episodi del genere, in cui verrebbero incriminati non solo i marines ma anche e soprattutto i loro comandanti e i funzionari dell’Amministrazione Bush. Non a caso la popolarità del Presidente è ormai ai minimi storici. I settimanali statunitensi Time e Newsweek parlano apertamente dei fatti e delle responsabilità della cittadina di Haditha, chiedendo una severa punizione per tutti iresponsabili, ad ogni livello.
Le esplosioni e la mattanza operata dai terroristi di Al Qaeda passano invece quasi inosservati, anche se a morire a decine ogni giorno sono civili iracheni inermi.
Bene, con questa notizia abbiamo terminato l’appuntamento di oggi con l’informazione internazionale. A risentirci quindi martedì prossimo, sempre con l’Internazionale, ricordando che come al solito che è possibile inviare le vostre riflessioni, i vostri dubbi e le vostre domande scrivendo una e-mail al nostro indirizzo di posta elettronica radioqueen@virgilio.it.
Grazie a tutti per la cortese attenzione e a risentirci la prossima volta.

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