SCIENZIATI, DUNQUE CREDENTI

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...come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale

C’è compatibilità fra scienza sperimentale e fede in un Dio creatore? Se ne dibatte spesso, per lo più in termini filosofici. Lo si fa anche nel recente libro dello storico e saggista Francesco Agnoli: “Scienziati, dunque credenti. Come la Bibbia e la Chiesa hanno creato la scienza sperimentale” (Edizioni Cantagalli, Siena, 2012, pagg. 211).

In questo volume, però, affianco alla ricerca speculativa –che mai può mancare quando ci si interroga sulle cose di Dio- vi è anche il puntuale resoconto di come i grandi fisici, gli astronomi e i matematici, e tutti gli altri padri della scienza moderna abbiano creduto in Dio.

Un’opera dunque davvero da non perdere per i lettori di apologetica cristiana. In effetti (come, del resto, per tutte le tematiche affrontate dall’apologetica) questo è un libro che interessa tutti, specie quando si affronta il tema scottante e sempre di stringente attualità del rapporto fra scienza e fede. Se a volte i credenti si trovano a vivere in un complesso di inferiorità rispetto ai “guru” dello scientismo, che trovano spazi amplissimi sui mass media e nell’editoria, leggendo questo libro tante false costruzioni dello “scientificamente corretto” si sgonfiano da sole; a volte, infatti, bastano pochi precisi riferimenti storici per riacquistare consapevolezza sulle buone ragioni che sorreggono la fede cristiana. Ebbene il libro di Agnoli offre una molteplicità di tali riferimenti. Tanto per incominciare Agnoli presenta una galleria –anche fotografica– di scienziati “credenti”, dall’alba della scienza moderna sino ai nostri giorni.

Si scopriranno allora le preghiere di Keplero, di Pascal e di Pasteur; si apprenderà che un monaco ha fondato l’idraulica moderna e un altro ancora il primo sismografo. Niccolò Copernico era un religioso. Luigi Galvani era terziario francescano e Alessandro Volta catechista.  Si ricorderà che all’origine della biologia moderna e della genetica vi sono due grandi sacerdoti cattolici; che il padre della geologia è stato vescovo e beato e che il padre della mineralogia fu canonico a Notre Dame di Parigi. Il padre dell’aeronautica? Un gesuita. Il teorizzatore del Big Bang? Il sacerdote Lemaitre. Il primo telegrafo, il primo fax e il primo motore a scoppi? Altri tre sacerdoti! E così via di questo passo… La ragione di questo felice connubio fra fede e scienza sperimentale è semplice: se si accetta l’esistenza di Dio creatore, è ovvio dedurre che nel mondo si possano ritrovare le leggi da Lui impresse e che sostengono il mondo stesso. Via libera, dunque, alla ricerca vera, che invece di caos e disordine sempre più “ritrova” nella natura leggi precise e intelligenti catene numeriche (qualcuno ha detto che la matematica è il linguaggio di Dio…).

D’altronde tutto l’Universo che noi abitiamo, scrive Agnoli, “…sembra progettato apposta perché la vita vi trovi ospitalità, e la trovi in abbondanza, per numero e varietà” (pag. 85).

In tale Universo spicca poi la realtà umana. Lo stesso Wallace, amico di Darwin, ammetteva che l’unicità umana non può essere misconosciuta: essa è anzi evidente nel fatto che l’uomo è l’unica creatura che non è costretta a modificare il proprio corpo “in relazione alle mutate condizioni ambientali”, ma anzi modifica l’ambiente a secondo delle proprie necessità.

C’è un’idea che oggi viene sostenuta da scienziati credenti -e che va sotto il nome di principio antropico- secondo la quale  sono tante e tali le condizioni necessarie perché si sviluppi la vita sulla terra, che non possono essere state semplicemente frutto del caso. Il libro di Francesco Agnoli ce ne rende ampiamente conto.

1 commento

  1. Elevare la scienza a totem indiscutibile è quanto di più antiscientifico ci sia.Putroppo in Italia si da retta a divulgatori alla Odifreddi o Tozzi e non si legge Agnoli o Zichichi.
    Grazie per questo invito alla lettura:)

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