A CHI INTERESSA LA CRISI KENYOTA? (L’Ora del Salento, 2 febbraio 2008, pag.11)

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OSSERVATORIO GEOPOLITICO

Il Generale Carlo Jean, eminente studioso di geopolitica, collaboratore di Limes e di altre riviste specializzate, docente di Studi Strategici alla LUISS-Guido Carli, in un suo recente libro dal significativo titolo “Geopolitica del caos”, ha affermato che “… le relazioni dell’Africa con il mondo esterno sono state connotate da cicli di interesse e di disinteresse”. Dietro questa affermazione c’è sicuramente lo scenario, a tutti noto, degli interessi delle ex potenze coloniali; e successivamente, all’epoca della guerra fredda, delle grandi potenze USA e URSS, che consideravano l’Africa come uno dei campi aperti dove giocare lo scontro bipolare.

Ma oggi? Anche oggi, nel mondo che non è più bipolare ma multipolare, non mancano i soliti noti: Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna… ma avanzano pure le forze dell’internazionale islamica (spesso fondamentalista) e i C inesi. Le prime per ragioni squisitamente confessionali, i secondi per interessi più pragmaticamente economici, cercano di al largare la propria sfera di influenza nel continente nero.

Poi, però, si arriva ad un punto in cui è giocoforza fermarsi, nel senso che non è possibile intravedere dietro ogni guerra africana una immediata conseguenza delle pressioni del mondo esterno, e soprattutto di quello occidentale. Esistono, cioè (almeno così mi pare), dei meccanismi puramente inter-africani difficilmente spiegabili se non in base a logiche squisitamente tribali, che spesso non attirano l’attenzione della comunità internazionale. E’ il caso, per esempio, del Kenya, che pur essendo riuscito a vivere lunghi anni di stabilità politica e di sostanziale benessere economico (per quanto è possibile in Africa), dalle elezioni dello scorso fine dicembre è precipitato nel baratro della guerra civile e della violenza endemica, con reciproche accuse di genocidio lanciate fra i due attuali protagonisti della politica nazionale: il presidente Mwai Kibaki e il principale capo dell’opposizione, Raila Odinga. Entrambi, oltre ad essere a capo di formazioni politiche, sono espressioni di etnie differenti, carich e di rancori e o di spesso atavici. Anzi, dal reportage del missionario Giulio Albanese pubblicato su “Avvenire” di venerdì 25 genn aio, si comprende come alle violenze etniche si sommino quelle attribuibili a bande criminali, talora totalmente incontrollabili. A farne le spese come al solito è la povera gente, che adesso rischia di perdere anche quel minimo di benessere economico che pure in questi ultimi anni non era mancato nel paese africano.


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