LA RUSSIA E LA VOGLIA PERICOLOSA DI PASSATO (Corriere del Giorno, sabato 2 febbraio 2008, pag.6)

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841.jpg Vladimir Bukovskij, già dissidente ai tempi dell’U.R.S.S. e adesso nuovamente allontanato dal Paese natio, vive e lavora in Gran Bretagna, dove svolge la sua attività di ricerca e di denuncia sui crimini del comunismo, sul regime sovietico, sul nuovo corso del presidente russo.

E’ probabilmente il dissidente sovietico più noto al mondo. Nato nel 1942 a Belebej (URSS), la sua opposizione al regime iniziò prestissimo, dai banchi del liceo, quando per la prima volta gli prospettarono la necessità di iscriversi alla gioventù comunista per poter frequentare l’università. Caratterialmente allergico alle imposizioni, Bukovskij rifiutò con decisione. Subì il primo arresto a 21 anni; fu internato due volte in un ospedale psichiatrico carcerario; nel 1971 venne arrestato e condannato a 12 anni complessivi di privazione della libertà: due di carcere, cinque di lager e altrettanti di confino.

Nel 1976 venne scambiato con il comunista cileno Luis Corvalan. Ma già prima di ottenere la libertà, nel 1970, pose mano al libro bianco sull’abuso della psichiatria sovietica a fini politici e repressivi, una denuncia che, tramite l’Associazione mondiale dei Medici psichiatri, ebbe risonanza mondiale e rese celebre il suo nome.

Nell’ultimo libro-intervista pubblicato da Spirali (Urss-Eurss: ovvero il complotto dei rossi, Milano, 2007, pagg.116, euro 15,00), Bukovskij ripercorre le tappe della sua vita, raccontando come il crollo dell’URSS nel 1991 gli abbia consentito di rientrare liberamente in Patria. Cominciavano gli anni del mandato del Presidente Eltsin, e si respirava una ventata di rinnovamento e di timida democrazia: “… Tutto fa pensare – racconta Bukovskij – che Eltsin avesse sinceramente rotto con il comunismo e fosse diventato un vero democratico”.

Quegli anni ’90 rappresentarono così per Bukovskij un’opportunità unica, dandogli la possibilità di svolgere l’attività di ricercatore presso gli archivi della Corte Costituzionale di Mosca. Servendosi di uno scanner, acquisì copia di molti documenti fino ad allora segreti del Comitato centrale del partito comunista e del Politburo. Parte di quel lavoro è diventato nel 1999 “Gli archivi segreti di Mosca” (Spirali, Milano): oltre 30 anni di storia europea e mondiale raccontati da circa settemila documenti originali!

Come racconta Pavel Stroilov, giovane collaboratore di Bukovskij, “…L’idea centrale di quel libro è che finché noi non riusciremo a riflettere sul nostro passato, a prendere coscienza di quanto sia stato sanguinario, l’umanità non potrà ravvedersi. E questo vale sia per l’Oriente che per l’Occidente” (pag.18).

In definitiva si può dire che nei confronti del comunismo, che pure si è macchiato dello sterminio di milioni di persone, non è mai stato celebrato un processo analogo a quello di Norimberga…

Ben presto gli archivi a cui Bukovskij lavorava vennero nuovamente secretati e gli fu negato il visto per la Russia.

Ci penserà comunque Stroilov, studiando presso gli archivi moscoviti della “Fondazione Gorbacev”, a completare le ricerche iniziate da Bukovskij, a salvare avventurosamente su CD ROM nuovi documenti e a portarli a Cambridge dal suo maestro, con cui condividerà la vita di esule e di appassionato difensore della verità.

A proposito di Gorbacev, Bukovskij non è per nulla tenero con colui che in Occidente è considerato il prototipo del riformatore: semplicemente Gorbacev cercava di salvare il socialismo dal proprio fallimento epocale, con l’aiuto della finanza e della sinistra occidentali.

Nonostante ciò, “…Se Gorbacev è scomparso, coloro che ne condividevano le idee rimangono attivi e occupano posizioni di rilievo. Non dobbiamo dimenticare che per i comunisti e i socialisti l’individuo non conta, conta il partito, e le decisioni non sono mai personali, sono sempre collettive. Per quanto riguarda l’Italia, per esempio, Natta non c’è più, ma ci sono Napoletano, il vostro Presidente della Repubblica, e D’Alema, che impugna addirittura le redini della politica estera… Ripeto: cambiano gli uomini, ma il partito non cambia” (pag.62).

Nel suo nuovo libro Vladimir Bukovskij delinea quindi il piano strategico comune a Vladimir Putin e alla leadership europea di sinistra (con la significativa eccezione di quella laburista britannica), finalizzato a separare il Vecchio Continente dal suo legame storico con gli Stati Uniti. In tale prospettiva le decisioni più importanti potrebbero essere prese sulla testa dei cittadini europei, defraudati nel loro diritto di scelta da istituzioni europee oggettivamente carenti in rappresentatività democratica: è il caso della Commissione Europea, non elettiva ma dotata di straordinari poteri decisionali (al contrario del Parlamento Europeo). In tutto ciò Bukovskij intravede pericolose analogie con il vecchio sistema sovietico, che lasciava al parlamento – il Soviet – appena la ratifica di decisioni già prese altrove.

Anche se l’Unione Sovietica è crollata – scrive Bukovskij -, il suo passato ideologico continua a rappresentare un oggettivo pericolo, perché il comunismo è innanzitutto una malattia della cultura e dell’intelletto …

Allora non c’è molto tempo da perdere: mentre in Russia sventola di nuovo la bandiera rossa e di nuovo risuona l’inno sovietico, e il paese con Vladimir Putin ha cominciato a marciare verso il passato, l’Unione Europea, disperatamente bisognosa delle riserve energetiche russe, rischia di lasciarsi incantare dalle rinnovate sirene del Cremlino.

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