AGGIORNAMENTI DI GEOPOLITICA (di David Taglieri)

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La penna incisiva e descrittiva di Micol Flammini su il Foglio ha scattato una fotografia di grande pregio sugli Armeni in fuga dalla Mezzaluna.

Il giornalismo nel giornalismo è un esperimento di vera didattica da macchina da scrivere: con la scrittrice reporter che registra e ci presenta con delicatezza e senza sensazionalismi il pianto della redattrice armena, che legge la notizia appena arrivata, la dissoluzione della Repubblica dell’Artsakh, lo Stato separatista del Nagorno Karabakh, che non esisterà più a partire dal primo gennaio del 2024.

La fine delle identità e delle rappresentazioni cartografiche rende questo mondo globale sempre più un coacervo di mescolamenti di stasi e staticità in balia delle potenze dominanti, che spesso sfogano la loro arroganza non soltanto con la violenza fisica ma anche con il terrorismo psicologico. L’arte geopolitica allora perde entusiasmo e vigore, con la cancellazione dei colori delle identità. E’ metafora, è realtà.

La brava giornalista chiarisce quanto il Nagorno Karabakh fosse un conto in sospeso, una promessa tradita; come accade sovente, i cambiamenti che riguardano anche una piccola frazione o un territorio di medie dimensioni non vanno sottovalutati nel momento in cui dipanano e proiettano gli effetti dei mutamenti sul contesto internazionale.

Viaggiando fra le pagine della geopolitica è da segnalare l’ultimo numero di Limes, “Africa contro Occidente“. L’editoriale iniziale – che costituisce la bussola ideale della visione di insieme della rivista – esordisce chiarendo le modalità attraverso le quali noi europei guardiamo l’Africa, dall’alto in basso. 

Quel complesso di superiorità o inferiorità ha creato delle sciagure nel passato; il fatto meramente geografico di posizionamento al nord rispetto al continente africano è visto, in questo caso, in chiave puramente metaforica. Urge un riposizionamento degli equilibri prima che gli stessi si rompano.

Poi, in maniera ficcante e realistica, l’articolo di apertura pone l’accento sul presente che vede il basso premere verso l’alto. Le premesse per una contro colonizzazione con l’Africa che risorgerà provocando una de-occidentalizzazione? Sicuramente questo interrogativo rappresenta una delle stelle polari attorno alle quali si specificano le argomentazioni geopolitiche dell’ultimo numero del mensile.

Da segnalare anche l’articolo di Rahmane Idrissa: “Il golpe contro la Francia non salverà il Niger. Nell’introduzione viene evidenziato quanto il putsch a Niamey costituisca soltanto l’ultima conseguenza della destabilizzazione del Sahel.

Larmine Savanè entra dentro al cuore del problema, quello che i Francesi non hanno voluto capire e comprendere, e cioè che l’ingerenza e la macro sfera di influenza che proviene da Parigi non è più tollerata.

E l’avversione alla politica francese dilaga in vari territori dell’Africa occidentale, dove trova buon gioco la penetrazione russa.

Restiamo su Limes: Leslie Varenne firma “La Francafrique è morta a Niamey”. Il golpe del 26 luglio, con i Francesi in prima linea nell’ottica della responsabilità, ha spazzato via, come recita l’autore, la retorica della democrazia, spesso un concetto labile che porta con sè una miriade di declinazioni e talvolta si camuffa in una maschera. Certi Stati – la Francia ad esempio – nella gestione della politica post coloniale non soltanto hanno provocato dei danni considerevoli, ma hanno causato a cascata delle problematiche importanti sui destini geopolitici della regione.

Sfogliando la Stampa di questi giorni vi abbiamo proposto nelle nostre selezioni il focus personale di Domenico Quirico riguardante il Nagorno Karabakh. In particolare ci ha colpito questo passo che inquadra il retroscena di un filmato in movimento: “Così gli Armeni del Nagorno sono diventati l’assenza dei nostri sguardi, la pausa nei nostri impegnati discorsi da parte giusta del mondo, la omertà, questa si davvero mafiosa, del nostro silenzio. Gli Armeni di questo frammento insanguinato e derelitto del Caucaso sono la nostra omissione. Che spesso è peccato più grave dell’azione, dell’atto. Non abbiamo fatto nulla per salvarli o alleviare in parte il loro destino…”. 

Una storia che si rispetti dev’essere raccontata anche e soprattutto con la storiografia degli aneddoti, delle testimonianze e delle fotografie scattate dai vinti.

 (David Taglieri)