CATTOLICI E POLITICA IN BRASILE

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L'ex Presidente Lula insieme a Fidel Castro
L'ex Presidente Lula insieme a Fidel Castro

Il Brasile per la terza volta di seguito si avvia ad avere un Presidente scelto dalle fila del Partido dos Trabalhadores (Partito dei Lavoratori), movimento di ispirazione marxista e il cui leader carismatico è Luis Inacio da Silva, detto Lula.

 

Già vincitore delle elezioni presidenziali nel 2002 e nel 2006, Lula quest’anno – per disposizione costituzionale – er a impossibilit ato a presentarsi per un terzo mandato.

Ma l’esito delle recenti elezioni brasiliane ha incoronato al vertice dello Stato carioca una sua fedelissima: la signora Dilma Rousseff, ex Ministro di Lula ed ex guerrigliera.

Se oggi Lula e il suo entourage sono conosciuti nel mondo come socialisti “moderati”, bisogna dire che non sempre è stato così. Nel suo passato politico rivoluzionario Lula aveva trovato negli esponenti della Teologia della Liberazione (Frei Betto in primis) degli eccellenti compagni di viaggio. Il suo modello politico restava Cuba: “Farò del Brasile una seconda Cuba”, era solito ripetere. Non a caso il marxismo, per statuto, era l’ideologia ufficiale del Partido dos Trabalhadores.

Tale connotazione di evidente estremismo sociale e politico aveva però condizionato i risultati elettorali negli anni ’90, quando Lula e il suo movimento erano usciti ripetutamente sconfitti dalle elezioni del 1990, del 1994 e del 1998.

Nel 2002, invece, messi da parte i toni più accesi, Lula si presenta all’elettorato e alla società brasiliana con un look decisamente moderato, perfino nell’aspetto fisico e nell’abbigliamento…Vince.

Da allora è diventato non solo il Presidente del Brasile, in larga crescita economica nel rispetto delle regole del mercato, ma quasi una star internazionale della politica. Sono gli anni in cui anche la Chiesa cattolica brasiliana gli garantisce il proprio sostegno. Ma l’idillio s’incrina proprio verso la fine del suo secondo mandato presidenziale, quando Lula promuove un disegno di legge noto come “Terzo Piano nazionale dei diritti umani” (PNDH-3).

Si tratta di un documento di 230 pagine che intende creare una nuova mentalità collettiva, nella prospettiva di una società ugualitaria e meno aderente ai principi del mercato e della proprietà privata: torna alla ribalta, insomma, il vecchio sogno massimalista del primo Lula. Ma l’aspetto neo-collettivista non è certo il maggior tema di scontro con la Chiesa brasiliana. Per rispetto delle minoranze religiose, il “Terzo Piano nazionale dei diritti umani” prevede, infatti, che non vengano più ostentati simboli religiosi nei luoghi pubblici: ciò significa, per un Paese a stragrande maggioranza cattolico come il Brasile, togliere i crocifissi da aule scolastiche e giudiziarie, dagli ospedali e dagli angoli delle strade…

Inoltre il Piano prevede nuovi istituti giuridici familiari a favore e a tutela delle unioni omosessuali, lesbiche e trans; la completa liberalizzazione dell’aborto volontario, a carico dello Stato; l’apertura all’eutanasia legale.

Tale programma non passa inosservato al mondo cattolico. All’inizio di gennaio del 2010 i vertici della Conferenza Episcopale brasiliana hanno pubblicato un primo documento critico, sia pure abbastanza prudente, nei confronti del PNDH-3 di Lula. Ma già a fine gennaio una novantina di Vescovi sottoscrivevano un manifesto dai toni ben più accesi a difesa dell’identità cattolica della Nazione.

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