IL LIBRO NERO DELL’ISLAM ITALIANO (recensione a cura di David Taglieri)

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Alberto Giannoni si è formato all’Istituto di giornalismo di Milano; collabora con il Giornale dal 2008 ed ha scritto per la collana Fuori dal coro il saggio-quaderno “il libro nero dell’Islam italiano”, un’analisi accurata del rapporto fra il Belpaese e il fenomeno politico, religioso e storico dell’islamismo.

Dall’11 settembre 2001 il mondo occidentale ha dovuto riconsiderare la sua complessità valutando nuove ipotesi di sicurezza e riorganizzandosi a livello geopolitico. L’autore sostiene l’eccellenza italiana nel settore dell’antiterrorismo, composto dalle forze dell’ordine e dalla magistratura.

L’islamismo rappresenta, secondo Giannoni, la versione politicizzata e militante della religione dell’islam. Il gruppo madre, i Fratelli Musulmani, è nato in Egitto un secolo fa ed è oramai presente con svariate emanazioni all’interno di tutti i paesi a maggioranza musulmana ma anche in Occidente. La loro strategia non è animata dalla violenza immediata ma dal proselitismo, dalla propaganda, dall’introiettare nella mentalità musulmana un odio, un livore e un rigetto per tutto quel che profuma d’Occidente.

Una strategia sottile e capziosa, al termine della quale si passa dall’idea all’atto; anche se apparentemente il clima sembra ispirarsi alla non violenza, esiste una minaccia alla sicurezza che alla lunga sfocia inevitabilmente nella radicalizzazione jihadista. L’islamismo, anche non violento, propaga e diffonde idee inconciliabili con la coesione sociale, l’integrazione e i diritti fondamentali dell’uomo.

Giannoni afferma con forza e nettezza che si tratta di un esercito dell’odio con soldati senza divisa e stellette che pianifica la guerra anche senza fucili: la guerra, come tutte le cose, va pensata e poi messa in atto. Secondo una relazione della Commissione speciale istituita dal Parlamento europeo, sarebbero fra i 50.000 ed i 70.000 in Europa gli adepti a questa religione politica e a questa politica religiosa.

Giannoni ricorda altresì come l’Agenzia Europol da anni prefiguri la possibilità e la probabilità che i combattenti di ritorno possano individuare i punti deboli dell’Europa, facendo tesoro dell’addestramento, dell’esperienza, delle conoscenze geografiche e generali acquisite sui fronti mediorientali.

L’autore non trascura, come già detto, l’importanza dell’intelligence italiana, che in questi anni ha dimostrato un ottimo grado di concentrazione, attenzione e monitoraggio; aggiunge però quanto sia essenziale e decisivo lavorare sul terreno delle idee per fronteggiare e per far retrocedere il proselitismo e per contrastare culturalmente tutto quanto sia animato dall’odio.

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