LA BASILICA DELLA NATIVITA’ A BETLEMME NELLA DESCRIZIONE DI UN SALENTINO DEL XVI SECOLO (di Antonio Eduardo Foscarini)

2110

foto5

     Vissuto tra i secoli XVI e XVII, Bernardino Amico nacque a Gallipoli (Lecce). Entrò nell’Ordine francescano dei Frati Minori; fu esperto nel disegno ed ottimo architetto e cartografo. Si recò in Palestina per prestare l’opera sua in favore della Terra Santa. In quei tempi l’attività dei francescani in quelle terre consisteva solamente nella celebrazione liturgica notturna e diurna nei Santuari in loro possesso; Bernardino Amico, però, ottimo conoscitore dell’Architettura, concepì l’ardito progetto di riprodurre su carta, con misure precise, tutti i Santuari cristiani; in seguito estese il suo programma a tutti gli edifici sacri dei luoghi dove era nato e vissuto Gesù.

     L’impresa fu ardua in quanto oltre ai Santuari tenuti dai francescani, ve ne erano altri tenuti da Cristiani di altro rito o da Musulmani, nei quali o gli fu permesso di prendere solo  le misure oppure gli fu vietata l’entrata.

     Nell’anno 1596 lo vediamo a Gerusalemme come Guardiano del Santo Sepolcro* e in questa città diede inizio all’impresa che portò a termine nello spazio di cinque anni.

    Da Gerusalemme si trasferì a Betlemme dove abitò nella cella che era stata di San Girolamo e nel 1597 fu eletto Presidente al Cairo e confessore della cristianità. In Egitto vi era un Santuario commemorativo della Sacra Famiglia, vecchio ed in rovina; Bernardino ebbe l’incarico di restaurarlo, cosa che fece con l’aiuto finanziario del mercante fiorentino Marsilio Acquisti.

     Come egli stesso racconta nella dedica al Serenissimo Granduca di Toscana Cosimo II, fu ispirato a disegnare le piante dei luoghi di Terra Santa dove nacque e visse Gesù dalla lettura dell’opera di Guglielmo di Tiro ( Siria latina, sec. XII), Arcivescovo Metropolita e Cancelliere del Regno di Gerusalemme, scritta tra il 1169 ed il 1173 su richiesta del Re Almarico: “Historia rerum in partibus transmarinis gestarum” in XXIII libri, che, col titolo italiano “Istoria della guerra sacra di Gerusalemme raccolta in 23 libri per Guglielmo Arcivescovo di Tiro”, fu pubblicata una prima volta in Venezia presso Vincenzo Valgrisio nel 1562, e, successivamente, per Antonio Pinelli nel 1610 nella traduzione di Giuseppe Orologgi.

     Le piante da lui disegnate, arricchite da una minuziosa descrizione, videro la luce, in folio, a Roma nel 1609 e quindi, in ottavo grande, a Firenze nel 1619 per i Tipi del Cecconcelli, all’insegna delle Stelle Medicee con il titolo “Trattato delle Piante et Immaginj de Sacri Edifizi in Terra Santa……”. In questa seconda edizione vi sono 47 tavole incise dal famoso Callot, alcune delle quali su doppia pagina; nella prima edizione ne erano state pubblicate solo 38 con i rami del fiorentino Antonio Tempesti.

     Nella seconda edizione, le prime nove tavole sono dedicate alla Basilica “della Santissima Natività e Presepio di nostro Signore Giesù Christo in Bettelemme”.

     A corredo della settima tavola vi è la descrizione del luogo dove nacque Gesù che qui si trascrive per far conoscere come si conservavano quei luoghi nel lontano 1596 quando il nostro Bernardino li visitò:

 

“ Segue la pianta del Santo Presepio con tutti i suoi membri sotterranei, la littera A, denota il luogo, dove nacque Nostro Signore Giesù Christo: la littera con li due quadretti fa da sgabello, et è di marmo ianco, alto cinque oncie**, et è lungo palmi otto, e mezo, e due palmi, e otto oncie largo. La seconda linea verso il nicchio cala quanto è alto lo sgabello, et il luogo è tutto piano, et adorno di finissimi marmi sopra i quali è intagliata una Stella, i cui raggi sono sopra il piano; ma il circolo cala tre oncie, et vi sta dentro per ornamento, e segno una pietra di serpentino, e qui partorì la Beatissima Vergine; e la parete del nicchio è tutta ornata di tavole di marmo bellissimo, et è di grossezza tre oncie, et al paro dell’Altare, qual è alto di terra sei palmi, lungo palmi sette, e largo palmi tre, e tre oncie, e posa due oncie per banda dentro la muraglia, sopra la quale sta un quadro molto antico, dove si vede la Gloriosa Vergine con S. Giuseffo in ginocchioni in atto di vedere, et adorare il nato Bambino, riposto nel Presepio su’l fieno.

Si vedono anche espressi gli animali, l’efigie di una notte, che riceve il suo splendore dal Bambino, con mirabilissimo artificio del pittore, il quale anco ha espresso in una parte più lontana un vago paese, dove si vede l’Angelo ch’apparve alli Pastori, che custodivano il gregge, et una parte di esso gregge tanto naturale, che più non si può desiderare: è in altra parte un choro d’Angioli, che cantano Gloria in excelsis: così ben rappresentata et adorna, che somiglia a chi vi guarda il Cielo aperto, et il Paradiso. La superficie di questo quadro è otto palmi…..

Il B, è il Santissimo Presepio, il quale viene nominata Cappella Santa….. Il Santo Presepio per quadro è lungo palmi cinque, e largo tre, e tre oncie, le due linee parallele dinotano il trave della mangiatoia il quale è d’un pezzo di marmo, e stà in luogo di quello di legno, che fù portato in Roma, conservato nella Chiesa di Santa Maria Maggiore, insieme di quel che vi manca; et il vano che v’è rimasto resta ornato di finissimo marmo…..

La Littera C è l’Altare de Magi, così detto, perché in quel luogo vennero per adorarlo, et offerirgli in dono, oro, incenso, e mirra, le quali cose riposano sotto il pozzetto segnato co’l num. 5. Il sudetto Altare è alto palmi cinque, e sei oncie, sopra del quale posa un bel quadro di mano dell’Eccellente Pittore Giacomo Palma, che rappresenta la sudetta historia”.***

 

 

 

 

 

 

 

 

*Tutte le notizie autobiografiche sono inserite dallo stesso Bernardino Amico nella edizione del 1519, sia nella prefazione sia nel testo.

 

**Lo stesso Bernardino Amico nella seconda splendida edizione del 1519 da noi utilizzata, nel  colofon della quale è riportata la data di pubblicazione, custodita nella Biblioteca Provinciale “N. Bernardini” di Lecce, specifica che tutte le sue misure sono state fatte con “la canna ordinaria che si usa nel Regno di Napoli, la quale è spartita in dieci palmi e ogni palmo in dodici oncie, e ogni oncia in cinque minuti, come si vede nell’istessa pianta”.

Trasformando le antiche misure si ha: la canna, o più propriamente la pertica per la misura delle fabbriche, = a m. 2,636700; il palmo  = a m. 0,263670; l’oncia =  m. 0,021973; il minuto = m. 0,004394.

 

*** Il quadro di Giacomo Palma ora è custodito nel Museo della Flagellazione

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui