MINARETI D’EUROPA: LA “DOLCE” CONQUISTA

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Dopo aver già affrontato lo spinoso argomento dell’espansione islamica in Occidente con “Il suicidio della cultura occidentale. Così l’islam radicale sta vincendo”, lo scrittore e giornalista Giulio Meotti va ancora più a fondo e per le Edizioni Cantagalli di Siena pubblica “La dolce conquista. L’Europa si arrende all’Islam” (febbraio 2023, pagg. 446).

Dunque, se ancora non siamo a livelli di “sostituzione etnica” (ma spediti viaggiamo verso quella meta) assistiamo alla resa dell’Europa dinanzi all’islam, come bene illustra il sottotitolo del libro.

Il volume, anche attraverso varie interviste a personaggi della cultura e del giornalismo (compresi quelli di fede islamica), offre una miniera di informazioni, statistiche, numeri, di fronte ai quali c’è poco da lasciare all’interpretazione: la presenza musulmana in Europa non solo è in costante e vertiginosa crescita, ma diventa giorno dopo giorno più invasiva. Poi il conflitto fra Russia e Ucraina, una sorta di disgraziato prolungamento della guerra fredda che in definitiva spacca l’Occidente, rafforza quella prospettiva egemonica.

A proposito di interviste riportate nel libro di Giulio Meotti, Jean Louis Harouel, insigne storico del diritto, professore emerito all’Università di Parigi II, mette drammaticamente in guardia dal pericolo islamico e ricorda che: “Le persone di altre religioni, così come gli atei, dovrebbero parlare rispettosamente dell’Islam. Se trasgrediscono questa regola, è a rischio della loro vita, perché il diritto penale musulmano prevede pene fino alla morte per questi crimini.”. Dunque chi non parla rispettosamente dell’islam lo fa a proprio rischio e pericolo…

Lo sanno bene soprattutto in Francia, dove, anche dopo gli attentati degli anni passati, un numero sempre crescente di giornalisti, scrittori, professori ma anche semplici studenti vive grazie alla scorta della gendarmeria, perché finiti sulle liste della morte, pubblicate su internet da pericolosi jihadisti. In alcuni distretti a prevalenza musulmana, di fronte a minacce quotidiane anche di decapitazione, giornalisti e soprattutto insegnanti scelgono prudenti la strada del trasferimento e/o dell’autocensura: “Per evitare possibili incidenti, un docente su due ammette di autocensurarsi in classe.” (pag. 215).

Sempre secondo il prof. Harouel, il numero dei musulmani, in continua crescita, è stimato fra 7 e 10 milioni, pari al 10% circa della popolazione totale. Ma non è ancora questo il dato più significativo, quanto il fatto che la gran parte degli immigrati di origine musulmana è costituita da giovanissimi (non il 10% ma quasi il 30% della popolazione se consideriamo i giovani di pari età). In sostanza il tasso di fertilità è nettamente a sfavore degli autoctoni. Lo stesso naturalmente vale per il resto d’Europa.

Così in molti paesi europei – non solo in Francia – le amministrazioni pubbliche e/o le chiese (che invece chiudono!) cedono locali e terreni per far nascere nuove moschee, che una volta inaugurate diventano terra santa dell’Islam.

I musulmani che vivono in Francia non solo hanno le loro moschee, ma le donne velate circolano per la strada, i burkini si moltiplicano, ci sono sale di preghiera nelle aziende a disposizione dei lavoratori musulmani, si sono moltiplicati i negozi halal così come le sezioni halal nei supermercati, la poligamia viene sempre più tollerata dalle autorità, in omaggio al multiculturalismo…

Già, il multiculturalismo: la religione laica dei diritti umani – che imperversa in Francia e in Europa – s’identifica con l’ossessione dell’apertura all’altro, fino a rinnegare e a detestare le proprie radici (che piaccia o no sono giudaico cristiane). Dunque la propria identità europea viene messa alla berlina se non denunciata pubblicamente, anche quando ciò significa aprire a nuove pratiche spesso totalitarie e radicali: “… questa religione di Stato laica priva i francesi  e più in generale gli europei delle loro libertà e proibisce loro di proteggersi dalla presenza invasiva di altri popoli, di altre civiltà.”. (pag. 160).  Se almeno tutta questa “apertura” potesse davvero favorire l’integrazione, così come sbandierato dai maitres a perser della cultura progressista, sarebbe già qualcosa… E invece, come spiega Giulio Meotti nel suo libro, le concessioni servono solo a rafforzare pezzi di società ormai conquistati dalla legge coranica: la società multiculturale, dogma indiscutibile delle sinistre, si svela sempre più nel suo fallimento, perché i quartieri islamici sono spesso delle realtà chiuse in se stesse e talora pericolose anche per le forze di polizia.

Quando nel 1997 a Roma fu inaugurata la grande moschea, Giovanni Paolo II – voce isolata nel panorama culturale – affermò: “Mentre sono lieto che i musulmani possano riunirsi in preghiera nella nuova moschea a Roma, spero vivamente che sia riconosciuto in ogni angolo del mondo il diritto dei cristiani e di tutti i credenti di esprimere liberamente la propria fede”. Tale speranza negli anni seguenti è stata sempre più mortificata, come per esempio in Pakistan e in Nigeria, dove i cristiani presi di mira ogni giorno rischiano la vita e subiscono violenze di ogni tipo.

Se da Parigi ci spostiamo a Bruxelles, notiamo che interi quartieri sono da tempo islamici, e l’Autore – dati alla mano – dimostra come la capitale belga sia stata trasformata nella “base dei Fratelli Musulmani” in Europa. Ovviamente senza uscire direttamente allo scoperto, ma attraverso associazioni che utilizzano acronimi e sigle riconducibili a tematiche sensibili al politicamente corretto, e che per questo ricevono pure finanziamenti pubblici: femminismo, diseguaglianze sociali, razzismo… Tali associazioni islamiche si appoggiano ad un crescente consenso sociale. Non a caso, nella regione di Bruxelles la maggioranza assoluta dei bambini nelle scuole ormai frequenta i corsi di religione musulmana (fra il 50 e il 60%).

Nelle città della Germania post-cristiana è ormai abituale ascoltare i muezzin che chiamano alla preghiera. Situazioni non diverse si presentano in altri Paesi del nord Europa, compresa la Russia.

Giulio Meotti racconta dunque, alla luce di innumerevoli dati statistici, la storia di un “progetto”: il progetto di conquista lautamente finanziato dai regimi islamisti (in primis Arabia Saudita, Qatar, e Turchia) ai danni di un’Europa di cartapesta e pronta alla sottomissione, se mai in nome del contrasto all’islamofobia.

Non si tratta certo di complottismo, ma il ripetersi con modalità diverse (flussi migratori e boom demografico) del vecchio sogno ottomano di stabilire il regno di Allah in tutto il mondo. Citando ancora l’intervista al Prof. Jean Louis Harouel “…Molti musulmani presumibilmente moderati sono anche in questa logica di conquista paziente, silenziosa e non detta. Sanno che la demografia lavora a favore dell’Islam…”. Il boom demografico è poi facilitato dal boom dei migranti, problema difficile perché “Quello che è tabù e che si vuole nascondere è che la stragrande maggioranza di questi migranti proviene dalla civiltà del jihad, da una tradizione fondamentalmente ostile all’Occidente”. (pag. 293).

Gli Stati europei e la stessa U.E., però, non solo si rifiutano di riconoscere la conquista “dolce” e dissimulata, ma  anche solo di nominarla! (pag. 161).

D’altronde, non è un mistero che l’U.E. finanzi generosamente alcune O.N.G. musulmane, legate indirettamente all’Islam radicale (pag. 268). Il Consiglio d’Europa, per esempio, nel nome del “multiculturalismo” ha speso delle fortune nel sostenere la liceità del velo per le donne musulmane… E’ lo stesso Consiglio d’Europa che poi condanna l’Italia per razzismo e accusa i Paesi dell’Est di essere reazionari…

La cultura della cancellazione (cancel culture) e il multiculturalismo sono dunque le brecce dirompenti che l’Occidente mette a disposizione per consacrare l’avvento del califfato universale e la fine di quella che fu la nostra civiltà.