Nel panorama estivo è bello anche andare a cercare dei libri di nicchia, che si occupano di Politica con la “P” maiuscola, affrontando temi a volte oggetto di demagogia, come quello del Federalismo.
Stato unitario e decentramento a confronto, e due generazioni a confronto, quella di Gianfranco Miglio (1918-2001), già professore e rettore della Facoltà di Scienze Politiche alla Cattolica di Milano, e Marcello Veneziani, in ordine sparso scrittore, saggista ed editorialista del “Giornale”, già fondatore dell’Italia Settimanale negli anni ‘90, rivista di approfondimento e pensatoio culturale dell’allora nuovo centrodestra, bocciata ed osteggiata da quel “luminare” delle istituzioni chiamato Gianfranco Fini…
Ma è un‘altra storia. Due provenienze geografiche differenti, il professore di Como, il giornalista di Bisceglie nella bella Puglia.
“Padania, Italia. Lo Stato nazionale è soltanto in crisi o non è mai esistito?” (a cura di Marco Ferrazzoli, edizioni Le Lettere, 1997, pagg. 116), è un saggio a due voci –per l’appunto Miglio e Veneziani- che parte dall’analisi dell’identità nazionale in rapporto alle esigenze dello Stato centrale, con particolare attenzione al progetto federale e con una disquisizione storica sulle differenze fra Nord, Centro e Sud, in riferimento allo spartiacque risorgimentale.
Gianfranco Miglio parla di modernità, in un’ottica di raccordo con le logiche europee: le regioni del Nord pronte a dialogare con la Mittle Europa, rafforzando se stesse e poi tutto il tessuto nazionale.
Tuttavia denuncia un Risorgimento che in qualche modo ha condannato il Sud alla miseria e alla “piemontesizzazione” italiana, con l’espropriazione dei beni della Chiesa.
Su questo punto Veneziani concorda, anche se afferma quanto sia indispensabile promuovere l’unità a tutto tondo, perché l’Italia -come insegnava Volpe- è prima di tutto Nazione Culturale, quella di Dante, dell’arte e della musica, della grande letteratura e della storia.
Importanti e piacevoli le introduzioni di Marco Ferrazzoli, colui che ha fatto incontrare Miglio e Veneziani per un tè accompagnato da riflessioni profonde e garbate ironie.
Lo stesso Ferrazzoli mette in evidenza le qualità umane dei due intellettuali, divisi da quarant’anni di età ma ugualmente signori e cortesi nel mettere a disposizione un pomeriggio intero per esporre le loro idee.
Miglio sostiene che lo Stato precede la Nazione, Veneziani il contrario; entrambi però nel 1997 pensavano ad un centrodestra riformista in senso costituzionale ed economico, conservatore per quanto riguarda valori e dimensione sacra della vita.
Veneziani richiama la tradizione cattolica e greco-romana italiana, quelle caratteristiche mediterranee che rendono lo Stivale unico al mondo; Miglio si sofferma più sugli aspetti istituzionali e preme l’acceleratore sulle modifiche costituzionali. Guarda con simpatia alla Svizzera, anche per ragioni di campanile, e ai cantoni (sottolinea che la Svizzera ha una sua storia e identità, tutta da leggere).
Entrambi si domandano perché la Costituzione venga considerata un totem, immodificabile, un vangelo scritto anni orsono in un contesto del tutto diverso .
Miglio parla di regionalizzazione, Nord motore europeo che deve crescere per poi aiutare il territorio tutto. E’ il concetto di disarticolazione e riarticolazione, scippato dai vari manuali di geopolitica senza citarne il pensatore ufficiale in Italia, Miglio appunto. La Lombardia ad esempio si disarticola dall’Italia, crea collaborazioni all’estero, per poi ri-articolarsi e importare il sapere accumulato.
Veneziani frena e parla invece di Comunità Italiana, in grado di ravvisare tratti comuni dalle Alpi alla Sicilia, e dipinge la perfezione italica, dove i confini geografici stabiliscono già l’essere Nazione.
Ancora: Miglio insiste sulle macroaree, più regioni a statuto speciale; Veneziani sulla solidarietà fra regioni, vincolate però al risultato di produzione entro un certo periodo di tempo. Del tipo: ti aiuto, ma tu mi dimostri che usi bene i soldi!
Tuttavia da spirito indipendente il giornalista riconosce come insopportabile il piangersi addosso di certi meridionali, laddove per definizione il meridionale è pieno di risorse ma non le utilizza.
Nell’analisi regionalistica c’è poi l’Europa: entrarci da regioni o da Nazione? Ovvio che Miglio non ha mai pensato alla secessione, ma ad un federalismo che leghi i destini delle macroregioni pronte a fare coesione. Piano definito freddo da Veneziani, che non pone pregiudiziali al federalismo, qualora, però esso punti all’unità.
La lettura -pur presentando tecnicismi- è molto piacevole, e presenta con semplicità la lezione italica. Saggio molto attuale -seppure risalente a parecchi anni fa- per leggere gli inizi della Seconda Repubblica con gli occhi di oggi. La forma dialogo-dibattito è attraente e chi ama chiosare i libri, troverà molti spunti e tante fonti.
Oltretutto quel centrodestra che nacque nel 1994 dalla mente di Silvio Berlusconi (amato o odiato che sia, Berlusconi bloccò la macchina da guerra della sinistra…) vide il confronto e l’apporto di molti pensatori: Urbani, Martino, Mathieu, Baget Bozzo, Ferrara, Sgarbi, etc. Sul piano politico istituzionale l’incontro fra Lega ed An si ufficializzò grazie agli stessi Veneziani e Miglio. Questo saggio fa stato delle discussioni e delle speranze di quegli anni.
Insomma per rileggere la storia politica della seconda Repubblica con gli occhi delle idee sarebbe una bella idea comprare questo libro…