PASSEGGIATA A VITERBO (di David Taglieri)

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viterbo_023Viterbo è un fazzoletto di Toscana nel Lazio. Sarà la vicinanza, saranno i colori, sarà il cibo caratteristico e saporito, ma tutto, oltre alle origini storiche, richiama quella narrazione ambientata ai confini fra due regioni, centrali non solo geograficamente.

La sensazione all’arrivo è per l’appunto ottica e “geografica”: tanti vicoletti che si incrociano riecheggiando le stradine senesi e in genere i posti di derivazione etrusca. Viterbo ha un’importanza relativa durante gli Etruschi ed i Romani; dalla Tuscia longobarda passa poi ai Franchi che con Carlo Magno ne fanno donazione al patrimonio di San Pietro.

Abbiamo di fronte un vasto centro storico medievale con i quartieri antichi protetti dalle mura che conducono alla Viterbo moderna; Viterbo è città dei Papi, sede dei Papi: il loro palazzo è stato sede dei pontefici per più di venti anni.

È  bello fermarsi in un borgo, annusare l’odore del pane, ed immaginare quanta storia è stata vissuta e condivisa in quei territori.

Dante Alighieri, il Maestro della Letteratura, restò fortemente colpito da Viterbo e dintorni, e ne parla già nel dodicesimo canto (Inferno). La bomboniera del Lazio torna poi ancor meglio sotto i riflettori nel quattordicesimo Canto dell’Inferno, a proposito del Bulicame, una sorgente sulfurea le cui acque curavano e curano differenti malattie.

È legato a Viterbo anche il nome di Guido di Montfort, il quale si rese reo di omicidio perpetrato nella Chiesa di San Silvestro nei confronti del cugino, a sua volta colpevole di avergli ucciso il padre ed il fratello. Per questo motivo Dante lo pone nel settimo cerchio  dell’Inferno, immerso nel  sangue bollente del Flegetonte, isolato rispetto agli altri dannati per la ripugnanza della sua crudeltà.

Nel tempo delle lotte fra Papato ed Impero Viterbo ottenne un prestigio che tocchiamo con mano ancora adesso ed autonomia; si dichiarò libero comune alla fine del secolo undicesimo, per poi essere eretta a sede vescovile.

Giovanni Fonghini, nel suo sito “Una voce fuori dal coro”, da viterbese spiega la differenza fra la grande Viterbo di un tempo e l’attuale, e sottolinea come lo stesso Stato Unitario non ebbe nessuna considerazione per Viterbo e provincia: una storia che somiglia a molte realtà geografiche presenti nello stivale ma poco valorizzate. Così Viterbo fino al 1927 fu sottoprefettura di  Roma.

Tante chiese che allo stile semplice abbinano belle pitture e simbologie interessanti, con l’impostazione romanica pronta a soddisfare le esigenze dello sguardo e dello spirito. La Chiesa di Santa Maria Nuova rappresenta uno dei luoghi di culto più antichi per il culto cristiano di Viterbo (1080). All’interno, l’affascinante soffitto  decorato a capriate  del XV secolo e cinque cappelle  affrescate, mentre all’esterno il biglietto da visita lo fa il chiostro di stile longobardo. Sullo spigolo sinistro l’elegante pulpito in pietra da cui predicò San Tommaso d’Aquino (da lì partì la pace con Orvieto). Merita di essere ammirata la Chiesa di Santa Rosa, la Santa protettrice, con il museo: lì dentro c’è buona parte della storia cittadina.

Finestra del Lazio settentrionale e capoluogo di provincia, Viterbo è ai piedi dei Monti Cimini, un ‘salotto’ protetto dal verde e dalle alture che guardano da lassù la vita della cittadina laziale. Le fontane accompagnano la vista e la visita dei turisti, tanti inglesi, molti tedeschi, attratti da quella via di mezzo fra i paesaggi toscani e le colline laziali. Pittoresco il quartiere di San Pellegrino, e caratteristiche le cinte murarie che dividono la Viterbo antica da quella moderna, pur tuttavia in una modalità armonica ed equilibrata.

Andiamo a passeggio, la città è tranquilla a misura d’uomo, imprime serenità (per alcuni viterbesi è fin troppo calma) con ristorantini tipici che garantiscono il giusto equilibrio fra classe e cucina casareccia, e quell’atmosfera che ti fa sentire a casa. Il centro reale dal quale si irradiano i raggi della vita viterbese è Piazza del Plebiscito: lì si concentra tutta la vita pubblica della realtà urbana; ci inoltriamo nel Medioevo viterbese percorrendo quella via San Lorenzo che connette la ‘Politica’ alla Religione, rappresentata da piazza San Lorenzo, vero polo religioso, con Cattedrale e Palazzo dei Papi.

Qui abitò Clemente IV, alla cui morte si dette il via al più lungo conclave della storia (1268-1271). Da una parte i cardinali che non riuscivano a trovare un accordo e dall’altra i viterbesi che, stanchi della lunghezza e dell’indecisione, chiusero a chiave la porta (cum clave) e scoperchiarono il tetto della sala. Avvenne poi nel 1271 la nomina di Papa Gregorio X, che stabilì le norme che tuttora regolano i conclavi.

Piccole piazzette, vicoletti e casine con tutta l’antichità che danno un sapore particolare a questo territorio, con la colonna sonora delle fontanelle e il venticello che accarezza costantemente gli sguardi e la vista dei cittadini, dei passanti e dei turisti. Anche con la pioggerella si può godere il tempo che si ferma e viaggia nella storia.

Viterbo si gira tutta a piedi con facilità ed è una buona idea per una gita da Roma dalla mattina alla sera.

1 commento

  1. Non c’ è che dire, l’ acume delle tue osservazioni e l’ attenzione, tutta particolare, che riservi a ciò che ti circonda testimoniano una sensibilità rara, da condividere e rispettare.

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