QUALI PROSPETTIVE PER ISRAELE (L’Ora del Salento, 17 maggio 2008, pag.11)

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jerusal-kotel.jpg LE INTERVISTE DELL’OSSERVATORIO

Sessanta anni fa nasceva lo Stato di Israele, dando compimento ad un sogno millenario del popolo ebraico: quello di ritornare a vivere sulla propria terra, la Terra Promessa. Sessanta anni contrassegnati però da conflitti con i Palestinesi e con i vicini Paesi Arabi, ad intervalli quasi regolari (1948, 1956, 1967, 1973, 1982, 1987, 2006).

Come noto le celebrazioni sono state accompagnate, anche in Italia, da vivaci polemiche.

Parliamo di Israele e delle sue prospettive con il Prof. Antonio Donno, ordinario di Storia delle relazioni internazionali alla Facoltà di Scienze Politiche e delle Relazioni Internazionali dell’Università del Salento e docente della medesima materia per i corsi specialistici della LUISS di Roma.

D. Professore, quali furono le condizioni di legittimità internazionale che consentirono nel 1948 la nascita dello Stato di Israele ? E come reagì fin da subito il mondo musulmano ?

La legittimità dello Stato di Israele deriva dalla Risoluzione n. 181 del 29 novembre 1947 dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite che decise a maggioranza la partizione della Palestina in due Stati (uno ebraico, l’altro arabo palestinese). Il movimento sionista accettò, mentre il mondo arabo rifiutò, affermando, già durante il dibattito, che in caso di partizione avrebbe mosso guerra allo Stato ebraico al fine di cancellarlo dalla carta geografica.

D. Il Presidente iraniano Amhadinejad provocatoriamente chiede un contro-esodo: uno spostamento di Israele in Canada o in Alaska. Qual è secondo Lei il livello della minaccia nucleare iraniana?

La minaccia del Presidente iraniano di utilizzare l’arma atomica per cancellare Israele è reale. Mentre durante la Guerra Fredda la minaccia dell’arma nucleare aveva uno scopo deterrente, essendo consapevoli i due blocchi dell’esito catastrofico del suo uso, il regime teocratico iraniano vede nella distruzione del mondo un evento catartico, purificatore, il trionfo della vera fede sul mondo degli infedeli.

D. Le ritorsioni militari di Israele sul Libano meridionale (prima della missione Unifil 2) e sulla Striscia di Gaza hanno spesso colpito obiettivi civili. Ritiene che Israele abbia fatto di tutto per rispettare i principi del diritto internazionale umanitario?

L’esercito israeliano ha l’ordine di non colpire i civili. Ma tutti sanno che i terroristi si fanno scudo di donne, vecchi e bambini e utilizzano le loro case per il lancio di missili. E’ quindi impossibile, talvolta, evitare perdite civili. E’ una guerra asimmetrica, in cui i terroristi si sentono liberi di usare qualsiasi mezzo e non ne rispondono a nessuno, tantomeno all’opinione pubblica e alle organizzazioni internazionali che tutelano i civili.

D. In cosa si distinguono le posizioni di Hamas da quelle di Al Fatah rispetto al riconoscimento dello Stato di Israele?

Nel suo statuto Hamas ha come obiettivo primario la distruzione di Israele. Al Fatah, durante la leadership di Arafat, sembrò maturare progressivamente la decisione di accettare la costruzione di uno Stato palestinese accanto a quello israeliano. Tuttavia Arafat, nelle famose trattative di Camp David del luglio 2000, rifiutò la proposta di dare vita ad uno Stato palestinese in Cisgiordania e Gaza, confermando le sue note ambiguità sulla questione.

D. La possibile vittoria dei democratici e di Barak Obama alle presidenziali U.S.A. cambierebbe qualcosa nei rapporti con Israele ?

No. La continuità delle ottime relazioni tra Washington e Gerusalemme non sono in discussione.

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